Fabio Martini, La Stampa 12/4/2013, 12 aprile 2013
CANCELLIERI, LA "RAGAZZA DI UNA VOLTA" UN NOME BIPARTISAN PER LA PRESIDENZA
Ogni volta che è lì lì per concludere l’incarico al quale è stata chiamata d’urgenza, lei scandisce la fatidica frase: «Bene, ora posso tornare a fare la nonna...». L’ultima volta che Anna Maria Cancellieri aveva ripetuto il concetto - diciassette mesi fa - l’hanno poi chiamata a fare il ministro dell’Interno. Anche in questi giorni si sentirebbe pronta a rientrare nei ranghi e lei lo dice con la proverbiale autoironia: «Io so come si lavora a maglia, le mamme d’una volta lo insegnavano alle ragazze: ho riempito di golf mio marito, ma lui non li porta e ho capito che mi riesce meglio fare il prefetto». È presto per capire dove porterà l’inattesa «chiamata» di un opinion leader come Roberto Saviano che ieri a «Repubblica tv», a chi gli chiedeva «un nome per il Quirinale», ha risposto: «Non mi dispiacerebbe una donna e non mi dispiacerebbe il ministro dell’Interno Cancellieri; conosco la sua sensibilità sul tema delle mafie». Di Anna Maria Cancellieri come possibile, futuro Capo dello Stato si parla anche nei contatti informalissimi tra sherpa del Pd e del Pdl. E due giorni fa la Cancellieri ha avuto un incontro importante: assieme ai suoi famigliari, è stata ammessa alla messa che ogni mattina papa Francesco tiene nella cappellina di Santa Marta e dopo la funzione, come ha informato Radio Vaticana, il pontefice e il ministro hanno parlato tra loro.
Una candidatura, quella di Anna Maria Cancellieri, che ha preso forma per effetto di un profilo originalissimo, costruito su virtù di solito poco apprezzate dalla politica domestica: sessantanove anni, romana ma milanese d’adozione, la Cancellieri è sempre stata una civil servant e proprio lei ha voluto che nel cartellone che compare al Viminale con i nomi di tutti i ministri, sotto il suo si aggiungesse la scritta «prefetto di prima classe»; ed è un prefetto che ci mette sempre la faccia, verificare sul campo, di persona, tutte le situazioni di frontiera, dal cantiere Tav a Scampia; ha sempre portato a termine con successo tutte le missioni alle quali è stata chiamata, da prefetto in città come Genova e Catania, al commissariamento di Bologna. Tutti incarichi - ecco il segreto - che la Cancellieri ha svolto da grand commis, senza mai lasciarsi attribuire una etichetta politica. Pur contribuendo a provvedimenti non indolori per i partiti. A cominciare dal ddl anti-corruzione, del quale ha curato la parte politicamente più «sensibile», quella sulla ineleggibilità.
Certo, anche a lei è capitato qualche momento di buio mediatico. Quando le venne di dire che i giovani stanno «fermi al posto fisso nella stessa città di mamma e papà», dovette subire le battute sui suoi figli «garantiti» e a poco servì spiegare che lei in vita sua aveva traslocato diciannove volte, da una città all’altra. Ma proprio per salvaguardare il suo profilo istituzionale, cifra decisiva per futuri eventuali incarichi, da ministro dell’Interno la Cancellieri ha rinunciato a quel tratto cordiale, alla mano ed autoironico che aveva lasciato «correre» in particolare nella stagione nella quale è stata commissaria del governo a Bologna. In diciassette mesi alla guida di uno dei ministeri più delicati, la Cancellieri ha rinunciato a curare la sua immagine (si contano col contagocce le partecipazioni a talk show) e invece ha spesso chiesto incursioni non preannunciate sui luoghi caldi. Come accadde il 6 dicembre: «Domani andiamo a Scampia, ma non avvisate i giornalisti, il prefetto lo chiamate domani mattina».
Certo, ogni tanto la Cancellieri ha sapientemente alimentato qualche illusione politica: a Bologna il centrodestra le aveva chiesto di candidarsi sindaco, lei non ha risposto subito, gli altri ci hanno sperato, ma alla fine ha preferito lasciar cadere. Provocando, tra l’altro, una reazione dei partiti bolognesi che la dice lunga sulla sua sostanziale equidistanza. Il sindaco Pd Valerio Merola propose al Consiglio di insignire la Cancellieri della cittadinanza onoraria. La sinistra resiste, il centrodestra le rimprovera il gran rifiuto e il sindaco Merola sbotta in aula: «Questo Consiglio è indecente!». Anche se poi il primo a candidare la Cancellieri al Quirinale tempo fa è stato proprio un bolognese, Giuliano Cazzola.