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 2013  aprile 12 Venerdì calendario

UN UOMO DI ERRANI NELLA CONGIURA

I renziani non hanno dubbi: la congiura è stata ordita nella bersaniana terra emiliana e lanciano il loro j’accuse verso l’entourage di Vasco Errani, che da presidente della Regione Emilia-Romagna tira le fila della strategia di Pier Luigi Bersani.

Sul banco degli imputati c’è l’amico dell’amico, cioè Valdimiro Fiammenghi, alter ego di Errani.

I due erano già pronti a seguire Bersani nella compagine di governo quando sembrava sicura la vittoria. Poi gli eventi non sono andati come i sondaggi e le aspettative pidiessine avevano preannunciato e Fiammenghi, insieme a Errani, sono rimasti in terrea emiliana ma sempre fedeli al leader, tanto da non nascondere il loro totale appoggio al segretario contro l’arrembaggio di Matteo Renzi. Così Fiammenghi è finito nell’occhio del ciclone, accusato dai supporter del sindaco di Firenze di avere fatto la telefonata che ha indotto i pidiessini fiorentini a impallinare Renzi, non votandolo come grande elettore per il presidente della Repubblica. Uno schiaffo duro da assorbire per il ruolo istituzionale e politico che egli impersona e perché senza dubbio si tratta di una pugnalata alle spalle, maturata e realizzata «in famiglia». Il Bruto della situazione sarebbe appunto Fiammenghi, che con la complicità di Errani si sarebbe attivato via telefono per tendere la trappola a Renzi, protagonista ritenuto scomodo dai bersaniani nella grande tenzone che incomincerà il 18 aprile. Lui smentisce, creando però un piccolo giallo. «Non ho telefonato a Renzi né l’ho visto negli ultimi giorni», dice. Ma da Firenze ribattono: «Nessuno ha sostenuto che lui abbia telefonato a Renzi bensì ai bersaniani toscani invitandoli a non votare il sindaco». In particolare a ricevere il «consiglio» sarebbe stato il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, un batti-e-ribatti che la dice lunga sul clima che si respira all’interno del Pd.

Suona involontariamente singolare pure la dichiarazione di Enrico Rossi:: «Chiarisco che anche il presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, con cui ho parlato, è stato fin dall’inizio pienamente convinto che la questione Renzi grande-elettore fosse di pertinenza esclusiva della nostra Regione». Appare lecito chiedersi come mai il presidente emiliano senta il presidente toscano sulle nomine dei grandi elettori: allora è vero che vi era comunque una strategia elettorale da parte dei bersaniani.

Ma chi è Valdimiro Fiammenghi, figura finora nell’ombra della nomenclatura pidiessina, entrato da protagonista nelle infuocate vicende che sta vivendo il suo partito, uomo forte del drappello predisposto da Vasco Errani a difesa del segretario, tra i ranger delle truppe scelte a difesa del fortino in cui si è trincerato Bersani. Ha 55 anni, è nato a Cervia, è stato segretario della locale federazione giovanile comunista, poi del Pci e del Pds, ora è consigliere regionale (seconda legislatura, primo eletto con quasi 9 mila preferenze). Gli amici lo chiamano Miro e lui ha intitolato la sua newsletter «la biro di Miro». Nel partito è il canale di collegamento tra i bersaniani e i dalemiani (nel 2008 fu uno degli animatori di «Red») e l’uomo che gestisce i rapporti sul territorio con il mondo dei piccoli e medi poteri locali (da Hera fino alle coop passando per Unipol).

Ovviamente ha votato Vasco Errani come grande elettore per il capo dello Stato. Insieme a Errani fa parte del «tortello magico» (ricordate il «cerchio magico» di Umberto Bossi?) che attornia Bersani, lui tiene per conto del segretario anche i rapporti col territorio (di qui la presunta telefonata), poi c’è Maurizio Migliavacca, piacentino, che coordina la segreteria, e soprattutto Errani che è una sorta di Gianni Letta del Pd targato Bersani. Completano il «tortello», Stefano Di Traglia (storico portavoce e braccio operativo del segretario sul web), Roberto Seghetti (addetto stampa di Bersani fin dai tempi del ministero dello Sviluppo), Chiara Geloni, che dirige la web-tv del Pd, Youdem (e scrive sul suo blog: «Emozioni, ricordi, coincidenze. Quando noi eravamo «quelli di San Francesco». Quando ci dicevamo: «Pensa se un giorno ci fosse un papa Francesco», pensa che roba sarebbe») e Miguel Gotor (neosenatore eletto in Umbria, studioso di Berlinguer e di Moro). Un «tortello» ben assortito, compatto nel bloccare la strada a Renzi. Un intimo del sindaco di Firenze, Roberto Reggi, dice: «Il «tortello magico» di Bersani esiste, ma alcuni di quelli manco a Cuba li vorrebbero». Fiammenghi preferisce il profilo basso. Poche le sue dichiarazioni sulla situazione politica: «Occorre continuare il risanamento finanziario ispirato all’equità più di quanto non sia stato fatto finora, a cominciare dalle proposte che il Pd ha sostenuto maggiormente: patrimoniale, lotta all’evasione fiscale, maggiore gradualità nella riforma delle pensioni ed elevarne l’indicizzazione, ampliare la fascia di esenzione dell’Ici, asta per le frequenze televisive. Bisogna fare riforme strutturali a partire dal dimensionamento del numero dei parlamentari, è necessario incentivare lo sviluppo e l’occupazione, prima di tutto per giovani e donne».

Adesso Fiammenghi è finito nella tempesta e con lui Errani e il Pd emiliano. Con Renzi è muro-contro-muro. C’è perfino la richiesta da parte di Matteo Richetti, tra i più ascoltati consiglieri di Renzi, delle dimissioni del direttore dell’Unità, Claudio Sardo, accusato di essere troppo filo-Bersani: «Voler dare di Renzi l’idea della persona inaffidabile e che sotto sotto non pensa quel che dice, ci rigetta nella propaganda. Di parte, nemmeno di partito. Sardo farebbe bene a lasciare, all’Unità serve un direttore.».