Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 11/4/2013, 11 aprile 2013
L’IMPERATIVO SUI MERCATI È: MAI CONTRASTARE LE BANCHE CENTRALI
Sfidare le banche centrali, contrastarle, combatterle, è sconsigliato. Se non altro perchè i banchieri centrali hanno munizioni potenzialmente infinite. Di questi tempi, al noto «don’t fight the Fed» si sono aggiunte la Bank of England, la Bce e la Banca del Giappone. Il messaggio delle banche centrali al mercato è stato chiaro: sono tutte disposte a fare di tutto, «whatever it takes», per risolvere i problemi sul tavolo, ora la crescita, ora l’occupazione, ora la sopravvivenza dell’euro, ora la stabilità dei mercati, ora la lotta all’inflazione e alla deflazione.
Tale e tanta è la potenza degli interventi congiunti delle principali banche centrali al mondo, con versioni anche personalizzate di acquisto di titoli di Stato con QE (quantitative easing, l’allentamento monetario delle condizioni del credito con iniezione di liquidità), che nulla accade più sui mercati senza che vi sia una componente riconducibile all’azione dei banchieri centrali. Così è andata ieri anche per l’asta dei BoT, con il titolo annuale calato sotto l’1% e il trimestrale (titolo raro) sceso sotto lo 0,25%, a uno 0,24% che al netto delle commissioni massime e ritenuta fiscale per il risparmiatore ha raggiunto, stando ai calcoli dell’Assiom-Forex, un tasso negativo dello 0,198%: il privato nettista che acquista questo BoT riavrà alla scadenza meno capitale di quanto investito.
Su un’asta di BoT, di titoli a brevissima scadenza, l’instabilità politica e il rischio di default hanno un impatto trascurabile, per non dire nullo. Il BoT non si scuote con la trattativa sul governissmo e sull’elezione del presidente della Repubblica. Il calo dei rendimenti ieri è dipeso semmai dalle ultime dichiarazioni del presidente della Bce Mario Draghi, che ha aperto a un taglio dei tassi - per molti trader entro uno o due mesi al massimo - e all’adozione di ulteriori misure convenzionali e non convenzionali per la crescita, per favorire l’accesso al credito delle imprese, soprattutto medio-piccole, nell’Eurozona periferica. L’asta dei BoT ha anche tratto beneficio, indirettamente, dal potenziamento del QE della Banca del Giappone. I rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi "core" e "semi core" sono bassissimi e a confronto i BoT sono una ghiotta opportunità anche per chi, uscendo dal Giappone senza correre il rischio di cambio del passato, va a caccia di rendimenti: le ultime aste dei Bubill tedeschi e francesi a 12 mesi hanno pagato rispettivamente lo 0,0168% e lo 0,067% e ieri lo Schatz tedesco a due anni è stato collocato allo 0,02 per cento.
Non da ultimo persino Cipro, ovvero il salvataggio delle banche cipriote accolto dalla Bce, ha trascinato al ribasso i rendimenti dei BoT. Il salvataggio di Cipro non è un modello ma resta un precedente: gli Stati non falliscono per salvare banche che hanno asset per svariate volte il Pil nazionale. Dal caso cipriota, i titoli di Stato ne sono usciti per una volta rafforzati e non indeboliti come nel bail-out greco. Il salvataggio o lo smantellamento di una banca - questa l’impostazione che sembra emergere in vista del Resolution fund per gli istituti di credito europei - comportano costi che possono essere distribuiti tra gli azionisti, i sottoscrittori di obbligazioni subordinate, senior bond e infine tra i detentori di depositi non garantiti sopra i 100.000 euro. Non vi sono certezze. Ma se questo dovesse essere il cambiamento epocale in arrivo, dove l’haircut sulle obbligazioni bancarie senior o sui depositi non garantiti non è più un tabù, qualche maxi-deposito ieri è stato alleggerito a favore dei titoli di Stato, in primis proprio i BoT, parcheggi "doc" per la liquidità.