Lorenzo Cafarchio, Libero 11/4/2013, 11 aprile 2013
DIVORZIATA MA CONVIVI? NIENTE SOLDI DALL’EX MARITO
«Conviviamo che conviene», così si sente dire spesso dagli allergici al matrimonio. Ma è un monito che perlomeno i divorziati è bene cancellino dalla loro mente. I giudici della Corte d’Appello di Bologna hanno infatti emesso una sentenza che ha del clamoroso: se dopo il divorzio hai poi cominciato una convivenza, niente più assegno di mantenimento. Pronunciamento che, sotto un certo punto di vista, può quasi rappresentare un riconoscimento giuridico delle «famiglie di fatto». Ben prima del legislatore.
Il verdetto si riferisce a una vicenda avvenuta proprio nel capoluogo emiliano. Dove una coppia, separata da una decina d’anni e senza figli, si era affidata ai tribunali perché il marito non voleva più sborsare nemmeno un euro per l’ex moglie: situazione invero tristemente diffusa. E però in questo caso la moglie in questione aveva nel frattempo intrecciato con un altro uomo una relazione stabile. Di più: vivono insieme. I giudici hanno convenuto sul fatto una prima volta, e con la sentenza di martedì (la numero 394) hanno definitivamente dato ragione all’ex marito: niente più assegni di mantenimento. Un importante precedente giuridico con cui i giudici affermano che «l’instaurazione di un rapporto stabile e duraturo di convivenza altera o rescinde la relazione caratterizzante la pregressa convivenza matrimoniale e, così, il presupposto di un assegno divorzile».
In quest’ottica abbiamo chiesto lumi all’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani. Il quale parla di «sentenza sottile, che tratta la donna coinvolta nel caso,come persona che è concorsa in nuove nozze. Ha perso il suo assegno di divorzio perché riconosciuta la sua condizione more uxorio alla stregua di quella matrimoniale». Di conseguenza, la sentenza ci fa intendere «che la convivenza non è più solamente un fatto astratto». E dunque il vero segnale, secondo l’avvocato Gassani, è verso «il legislatore. Questo è un piccolo grande gesto da parte della giurisprudenza. In alcune zone d’Italia, al nord per esempio, il numero di convivenze è pari a quelle di matrimonio». Dal punto di vista europeo «il diritto dei Paesi in orbita euro è avanti anni luce rispetto alla nostra penisola nel riconoscere, almeno, i diritti minimi alle coppie di fatto. Resta importante sottolineare che deve rimanere un sorta di solidarietà tra i due ex coniugi a meno che non si sia in presenza di fatti gravi».
D’altro canto i dati Istat parlano di circa due milioni di famiglie di fatto in Italia, che restano unite «quanto quelle nate da matrimonio». Gli italiani «stanno cambiando molto in fretta e le leggi italiane si devono adeguare» conclude Gassani «a dicembre delle scorso anno, finalmente, sono stati “parificati” i diritti dei figli facendo sparire la dicitura “figli naturali” e “figli legittimi” eliminando una categoria di genitori che erano considerati di serie B». D’altro parte, la cosa non potrà non suscitare perplessità fra chi vede soltanto nel matrimonio la via per un’unione legalmente. Al di là di qualunque assegno di mantenimento.