Rhys Blakely, Panorama 11/4/2013, 11 aprile 2013
A WALL STREET LO FANNO PEGGIO (I MANAGER)
Quando la dottoressa Brandy Engler intraprese la propria attività di psicoterapeuta a Manhattan, diede per scontato due cose. Prima: che la maggior parte dei suoi pazienti sarebbe stata rappresentata da donne (dopo tutto, la sua specializzazione erano le fluttuazioni del desiderio sessuale femminile). Seconda: che per crearsi una clientela ci sarebbe voluto del tempo. «Terapia sessuale?» l’aveva schernita un collega. «Tutti prendono il Viagra. Nessuno ha più pazienti in terapia sessuale». Le sue convinzioni si rivelarono entrambe errate. «Le richieste iniziarono ad arrivare quasi immediatamente» racconta Engler «ed erano quasi tutte di uomini. I maschi non chiedono aiuto se sono depressi, così come non chiedono indicazioni se si sono persi. Ma se il problema riguarda il loro pene si fanno avanti».
Sei anni e circa 500 pazienti dopo, Engler, 37 anni, può ritenersi una sorta di autorità nel campo della libido dei maschi alfa: un esercito di facoltosi papaveri del settore bancario, agenti di borsa e gestori di fondi d’investimento ha fatto la fila davanti al suo studio di Times Square e le è valso il nomignolo di «sessuologa di Wall Street». Lei ha definito la sua attività «manthropology (man, uomo + anthropology, antropologia, ndt): osservare i maschi, prendere appunti, catalogare comportamenti inusuali e classificare le sottospecie». In un’epoca in cui la psicoterapia sta passando di moda, Engler rappresenta un raro esempio di strizzacervelli che si è guadagnata l’accesso «ai mondi sessuali e psicologici interiori dei ricchi e potenti». E ora vuota il sacco su cosa ha scoperto.
Più sul genere Carrie Bradshaw che Carl Jung, Engler sprigiona un fascino lievemente eccentrico. L’ incontro si svolge nel suo nuovo studio alla periferia di Hollywood (ha lasciato New York quattro anni fa). Non c’è alcun lettino, solo due poltrone bianche distanti fra loro circa 3 metri: a metà strada tra l’intimo e l’impersonale. È quella che serve a Engler per tenere il paziente completamente all’interno del proprio campo visivo, per osservare il ginocchio che inizia a ballare o la mandibola che si contrae a suggerire qualche nevrosi nascosta.
La ragione che ha condotto il cronista qui è il nuovo libro di Engler, Gli uomini sul mio lettino, un’autobiografia che sembra in gran parte un tour con fermate tra i recessi più sordidi della psiche maschile. Il quadro che ne emerge non è carino. I suoi pazienti, soprattutto gli uomini di successo dall’incedere spavaldo, a letto sono spesso dei bulli. «Rozzi, impersonali e sfruttatori»: è così che li descrive Engler. Il sesso è l’unica arena dove riescono a compensare le carenze che li perseguitano nel mondo esterno. Il libro di Engler offre una galleria di tipi poco raccomandabili artefici di disastri sessuali.
Per esempio Paul, un banchiere del tipo «maschio alfa spaccone» che non riesce a legare con una donna di successo, debolezza che esprime attraverso l’infedeltà e lo sfruttamento. «Faccio fatica a mantenere l’erezione (con la nuova moglie)» confida a Engler. «Quindi faccio sesso con delle prostitute. Le do tempo cinque sedute per rimettere le cose a posto». Poi c’è Charles, a capo di uno studio di progettazione, con il cuore spezzato dalla fidanzata che l’ha tradito alla vigilia del matrimonio. Lui ha «erotizzato questo trauma», vale a dire che ora riesce a fare l’amore con la sua ragazza solo se interpretano una fantasia in cui lei gli è infedele con il migliore amico, il capo, il fratello o il padre di Charles.
In poche parole, se i pazienti di Engler sono dei vincenti nella sala riunioni, sono però dei perdenti in camera da letto: per molti di loro il problema consiste nel fatto che prendono il loro comportamento nel primo di questi due mondi e cercano di ricrearlo nel secondo. Ci sono sessodipendenti, donnaioli, sadici nascosti, eppure si ha la sensazione che Engler nutra affetto verso molti di loro. «Ciò che dovete comprendere» spiega «è che non vi è nulla di particolarmente straordinario in queste persone. Abbiamo tutti un pizzico di sadismo dentro di noi».
Engler ammette che la sua professione può mettere paura: stare a guardare mentre un paziente disturbato dà libero sfogo alla propria «rabbia allo stato puro e senza freni è una cosa che sinceramente mi spaventa». Descrive anche il «balletto» con cui si è aperta la prima seduta con un giovane e attraente gestore di fondi d’investimento: «Bacino spinto in avanti, gambe larghe, braccia aperte, ha fatto scorrere lo sguardo lungo le mie gambe e il mio corpo» scrive nel suo libro. «Ho incontrato i suoi occhi quando si sono incollati ai miei. Era chiaro che sarebbe stata una partita a scacchi». Parla liberamente di come aveva una forte infatuazione per Mark, giornalista di una rivista newyorkese. Era un ragazzo a posto, ma la rottura del rapporto con la madre lo aveva spinto a frequentare un club sadomaso, dove pagava per fare del male a donne legate ai polsi e alle caviglie. Questi coinvolgimenti emotivi tra terapeuta e paziente non sono inusuali, afferma Engler. «Ciò che mi rende atipica è che io li ammetto».
Tuttavia, quando si arriva alla sua vita sessuale, diventa riservata. Nel suo libro parla della relazione con un ex fidanzato, un enigmatico uomo d’affari mediorientale più anziano di lei. Ammette di essersi ritrovata a misurare la relazione con quest’uomo in base ai quattro fattori che si ritiene stimolino la libido femminile: pericolo, novità, distanza e mistero. Ma non rivela i particolari, afferma soltanto che il sesso era iperappassionato. Non va oltre per non turbare i suoi genitori «ultraconservatori» e «perché non sono un’esibizionista ». È cresciuta in Florida, figlia di un dirigente di una compagnia assicurativa e di una casalinga, in una famiglia pentecostale molto osservante. «Inoltre mio marito (con cui si è sposata lo scorso anno, ndr) è in politica e non vuole che io scriva nulla riguardo a noi».
Vari fattori possono spiegare l’impennata nel numero di uomini (e donne) incapaci di controllare la propria libido. Uno dei più citati ha a che fare con internet e con il modo in cui il web ci ha affrancati dalla vergogna e dalla paura. Online la pornografia è gratuita e a portata di clic per ogni utente. «È come se avessimo messo la cocaina nell’armadietto dei medicinali». Engler osserva frequentemente gli effetti della pornografia online tra i suoi pazienti. «Ci sono tipi che vanno in ansia se devono invitare una donna a uscire. Ne vedo a centinaia» riferisce. «Ora possono andare a casa, guardare un video porno ed essere gratificati. Non devono imparare a superare l’ansia e capire come parlare a una donna. Non si evolvono, non crescono... Uno dei miei pazienti passava tutti i weekend guardando dei porno. Non interagiva mai con una donna reale».
I «padroni dell’universo» che lavorano a Wall Street, aggiunge, non escono molto. Per loro il sesso diventa un modo per esercitare la stessa arte di sopraffare i concorrenti che caratterizza le loro carriere. «Alla base ci sono orari di lavoro pazzeschi, anche 80 ore la settimana, quindi non hanno materialmente molte occasioni di entrare in contatto con le donne» spiega. «È un ambiente maschile estremamente competitivo... Le loro interazioni con le donne hanno come unico scopo quello d’ingigantire il loro ego».
Engler torna a Sigmund Freud, quando sostiene che il sesso è un «contenitore di desideri, paure, vecchie ferite e parti di sé che anelano a esprimersi». Freud riteneva che la sessualità iniziasse nell’infanzia e che sesso e personalità fossero intrinsecamente collegate. E considerava i sintomi sessuali manifestazioni di conflitti più profondi. Poi Alfred Kinsey condusse la prima indagine su larga scala sul comportamento sessuale negli Stati Uniti che svelò l’abisso tra ciò che la società considerava normale e ciò che in realtà accade. La sua conclusione? Che non esiste una cosa chiamata vita sessuale «normale».
Il problema oggi, secondo Engler, è che ci comportiamo tutti come se nulla di tutto ciò fosse accaduto: «Freud non è più di moda» si rammarica. Mentre studiava per il dottorato, dice di avere dovuto «insistere perché il sesso rientrasse negli argomenti di insegnamento». Nel frattempo la psicoterapia, dopo oltre un secolo, sta rapidamente perdendo clienti.
Una conseguenza del declino degli analisti sembra essere la convinzione che gli uomini siano semplicemente alla mercé dei propri meccanismi chimici, programmati per procreare senza pensare e il più diffusamente possibile. L’avvento del Viagra ha ulteriormente rinforzato questo modo di pensare. Perché andare alla ricerca di cause psicologiche profonde quando una pillola può curare i tuoi problemi sessuali?
La disfunzione erettiva era uno dei problemi principali (insieme a comportamenti sessuali e infedeltà compulsivi) per i titani di Wall Street. Ma praticamente tutti, sostiene Engler, utilizzavano il sesso come sostituto di pulsioni psicologiche nascoste. In breve, molti dei suoi pazienti sentivano che mancava loro qualcosa. Alcuni trattavano il sesso come una conquista. Altri si concentravano sul perfezionamento delle proprie tecniche sessuali o usavano le donne come trofei. E poi c’erano quelli che ricercavano il brivido del dominio. «Scelgono intenzionalmente una persona che ritengono inferiore e desiderano fare qualcosa che la umili» afferma Engler. «È un tratto un po’ sadico e siamo in molti ad averlo dentro».
Naturalmente alcuni ribatteranno che le tesi di Engler rischiano di assolvere uomini immorali e senza forza di volontà. Lei respinge quest’accusa: «Io voglio modificare i comportamenti negativi. Voglio che i miei pazienti si assumano le proprie responsabilità » sostiene. «Ma per raggiungere questo obiettivo, devono imparare a guardarsi dentro. E per sviluppare la capacità d’introspezione dobbiamo parlare dei problemi che ci sono sotto. Non voglio dire: questo è un comportamento sbagliato e il motivo è che hai sofferto quando eri bambino. Il ragionamento corretto è: ok, hai sofferto quando eri bambino. Questo che impatto avrà su di te? Tratterai le donne come oggetti? Continuerai a vagare sentendoti deprivato, come se tutti ti dovessero qualcosa?».
Engler sostiene che ogni epoca sceglie come rapportarsi al sesso. Il suo prossimo libro potrebbe trattare degli antichi minoici, «una cultura femminile ipersessualizzata... una società di donne che si aggiravano a seno nudo per l’isola di Creta». Molte antiche culture meditavano profondamente sul sesso (gli indiani anche durante l’atto stesso). E 2000 anni fa in Cina gli uomini venivano incoraggiati a subordinare la propria gratificazione a quella delle partner. Furono i greci e i romani, sostiene Engler, a rovinare tutto, facendo del sesso un gioco di conquista e negando che le donne fossero esseri sessuali. È da queste civiltà, spiega, che nacque l’idea che le femmine dovessero venire soggiogate.
Nella Gran Bretagna del XIX secolo, poi, i vittoriani bandirono completamente il piacere. Il sesso era necessario per la procreazione; gli uomini avevano appetiti sessuali, le donne li soddisfacevano per senso del dovere. Una conseguenza, sostiene, la si può osservare nei giochi di potere in camera da letto che fanno eccitare tanti suoi pazienti. Ma secondo lei non vi è nulla di innato nell’«epidemia di narcisismo che sta mandando in rovina la nostra società».
Quindi il vero interrogativo è il seguente: è possibile riportare il sesso su un piano paritario? I maschi alfa di oggi riuscirebbero mai a essere come i minoici? Tra i suoi pazienti, Engler intravede alcuni segni di speranza. Come David, un gestore di fondi d’investimento irrimediabilmente donnaiolo. Quando si presentò da lei, non sopportava di trascorrere una sola notte da solo, considerava la ragazza che aveva intenzione di sposare come un oggetto e a sua insaputa vagava alla ricerca di continue avventure di una notte. Dopo il trattamento con Engler, si rese conto di essere stato tenuto in ostaggio dal proprio narcisismo, che il suo comportamento era un modo per puntellare le proprie insicurezze. Trovò un nuovo gruppo di amici e diede un taglio al sesso casuale.
«Quando questi uomini arrivano da me per la prima volta, dichiarano che le donne sono tutte puttane, oppure mi avvertono di non cercare di vendergli il concetto di amore profondo, o dicono che andare con le prostitute li rende felici» afferma. «In realtà penso che vogliano che io combatta contro di loro, che gli dimostri che si sbagliano».