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 2013  aprile 10 Mercoledì calendario

IO TI ODIO MARGARET THATCHER

L’importante è la popolarità. E un minimo di spessore artistico. Per il resto, può andare a gusti. Immaginatevi un Franco Battiato, un Ivano Fossati (De André purtroppo non avrebbe fatto in tempo) o anche un Vasco Rossi o un Ligabue nell’anno nono dell’era berlusconiana, il 2003. Immaginate una ballata dolce e melodica, una canzone dedicata al presidente in cui l’artista a scelta così cantasse: “La gente come te mi rende così stanco / La gente gentile ha un sogno stupendo / Perché non lo realizzi? / Per favore, muori”. Cosa sarebbe accaduto in un Paese che cataloga alla voce “odio” l’imitazione di un comico sul palco del Festival di Sanremo? Semplice, non è accaduto. Perché l’Italia non è il Regno Unito. E soprattutto Silvio Berlusconi non è mai stato Margareth Thatcher. Oltremanica l’epopea della Lady di Ferro – che forse non a caso si è sovrapposta con la fecondissima era del Punk, post Punk e New Wave – è stata anche un grande incubatore musicale, con un preciso sottogenere: canzoni che auguravano la morte alla "Thatcher" inquilina di Downing Street.
Il testo citato poco fa è tratto da Margaret On The Guillottine (“Margaret sulla ghigliottina”) ultima traccia di Viva Hate, primo e celebrato album solista di Steven Patrick Morrisey, già leader degli Smiths, probabilmente la band inglese di maggior spessore degli Anni 80. Era il 1988, anno nono dell’era Thatcher, appunto. Il “sogno della gente gentile” era esattamente quello. Margaret sulla ghigliottina.
MORRISEY non è stato il solo. A pestare duro sulla Iron Lady ci ha pensato anche un altro illustre – e se possibile ancora più raffinato – collega, Elvis Costello: la struggente Tramp The Dirt Down del 1989, recita più o meno così: “Spero di non morire troppo presto / Prego il signore di conservare la mia anima / Sarò buono, mi sto impegnando a comportarmi bene / Perché c’è una cosa che so. Vorrei vivere / Abbastanza a lungo per assaporarlo / Sarà quando alla fine ti coricheranno per terra / E io sarò sulla tua tomba e la calpesterò”. Versi con dedica, manco a dirlo, a Margharet Thatcher, perché, prosegue la canzone, “Quando l’Inghilterra era la puttana del mondo, Margaret era la sua signora”.
Se nell’augurare il trapasso alla più odiata dalla metà degli inglesi si sono cimentati artisti del calibro di Morrisey e Costello, possiamo solo immaginare di cosa sia stata capace la scena sudaticcia del punk britannico che nel 1979, anno primo dell’Era di ferro (ma la Thatcher, in quanto ex ministro dell’istruzione, era già nei cuori della gioventù di Sua Maestà), cominciava a intravedere la sua parabola discendente. Basta fare in queste ore un giro sulle bacheche facebook di chi ha almeno 40-45 anni per ricordarselo. In tanti hanno pensato di rendere omaggio a Maggie postando questo o quel pezzo parcheggiato nella memoria di quando i buoni e i cattivi avevano ancora un nome e un volto ben preciso.
L’oscar della peggiore va alla punk band The Exploited, riesumata in questi giorni con Maggie You Cunt (tralasciamo sulla traduzione, basti dire che i dizionari inglese-italiano ammoniscono che cunt è “forse la parola più volgare della lingua inglese”). Oscar del divertimento ai Not Sensibles con I’m In Love With Margaret Thatcher (“Sono innamorato di M.T”), inno al sex appeal della Lady di Ferro.
QUELLO della rabbia, invece, ai Crass di How Does It Feel To Be The Mother Of A Thousand Dead? (“Cosa si prova ad essere la madre di un migliao di morti”, riferimento alle Falkland). The day that Margaret Thatcher dies (il giorno della morte di M.T.) è il titolo di ben due canzoni: degli Hefner (“Rideremo tutto il giorno quando morirà / Balleremo e canteremo tutta la notte” prima che un coro di bambini intoni: “Din don, la strega è morta”) e di Pete Wilye (“É andata / Nessuno piange!”). L’odio per la Thatcher era così radicato da sconfinare nel non certo progressista mondo metal. Celebre, in quegli anni, la copertina di Sanctuary degli Iron Maiden, dove lo zombie Eddie, eterna mascotte della band, accoltella il primo ministro.
Al di là dei riferimenti più o meno truculenti, echi delle vette del tatcherismo (la lotta ai sindacati, lo sciopero dei minatori e la guerra delle Falkland del 1984) si ritrovano un po’ ovunque nel rock britannico. Da Red Hill Mining Town degli U2 (The Joshua Tree, 1987, dedicata ai minatori) a The Fletcher Memorial Home dei Pink Floyd, 1984 in piena guerra dell’arcipelago argentino (Maggie what have we done? (“Maggie, cosa abbiamo fatto?”, urla Roger Waters), fino all’immancabile Billy Bragg (quello che in tv ha pochi giorni fa salutato a modo suo il fascista Di Canio). Maggie – nel bene o nel male – ha fatto la storia. A modo suo anche quella del rock.