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 2013  aprile 10 Mercoledì calendario

L’ANELLO D’ORO DI AMSTERDAM

La nebbiolina sembra sospesa sull’acqua, immobile. A quest’ora del mattino il silenzio è quasi irreale. Tra meno di un’ora le strade che costeggiano gli stretti canali saranno affollate di automobili, motorini e biciclette, ma al momento Amsterdam sembra un set cinematografico deserto. Dalle finestre di una casa si vedono le luci accese. Per strada passa un ciclista solitario.
Dalla barca, gli alberi lungo il canale sembrano più alti, le case più imponenti e i ponti più grandi. Il silenzio è assoluto, interrotto solo dallo sciabordio di piccole onde sulla banchina di mattoni.
Poi, con un tonfo, il braccio mobile di una gru emerge dall’acqua. Sull’imbarcazione che raccoglie i rifiuti ci sono una bici arrugginita, un carrello per la spesa incrostato e uno spesso strato di fango da cui spuntano altri rottami. I rifiuti spariscono nella stiva aperta con uno schianto; il puzzo dell’acqua stagnante si mescola alle esalazioni del motore diesel della barca.
Sono cinque le imbarcazioni che navigano continuamente nei canali per raccogliere i rifiuti, spiega Maarten Ouboter di Waternet, l’ente pubblico che sovrintende alla qualità dell’acqua dei canali di Amsterdam. Ogni giorno queste barche raccolgono oltre tre tonnellate di rifiuti, comprese 30 o 40 biciclette. «Ma troviamo anche frigoriferi, mobili e persino qualche carcassa di animale», dice Ouboter.
La città di Amsterdam è stata costruita letteralmente sull’acqua. Intorno al 1300 Amestelledamme (diga sull’Amstel) era un piccolo insediamento vicino a una diga che contava un migliaio di abitanti. Era circondato da fossati, paludi e piccoli laghi. Ma i suoi abitanti avevano un senso innato per gli affari e, complico la posizione favorevole tra un fiume e il Mare del Nord, il borgo prosperò rapidamente, tanto che già nel tardo Medioevo intratteneva proficui rapporti commerciali con i paesi del Mar Baltico. In seguito Amsterdam divenne porto franco europeo per il grano e il legname, e nel Seicento sviluppò un fiorente commercio di spezie con l’Oriente.
«Attorno al 1600 Amsterdam contava 60 mila abitanti, scoppiava di gente», spiega lo storico dell’architettura Gabri van Tussenbroek. All’inizio del Seicento era la città con la crescita più rapida al mondo. Nel 1613 fu avviata la costruzione di una rete di canali attorno al Singel, il canale che all’epoca segnava il confine occidentale della città. L’approccio sistematico e la scala del progetto erano unici per quei tempi, e infatti l’opera fu completata solo mezzo secolo dopo.
In seguito all’ampliamento, Amsterdam si ritrovò cinque volte più grande; era stata costruita una cintura composta da tre canali concentrici semicircolari Herengracht, Keizersgracht e Prinsengracht collegati tra loro da un ingegnoso sistema di strade e canali minori, perpendicolari e perfettamente rettilinei. Sui corsi d’acqua, lunghi in totale circa 14 chilometri, si ergevano almeno 80 ponti. La terra rimossa per scavare i canali fu utilizzata per costruire argini su cui costruire edifici. «L’espansione della città si tradusse in una distribuzione senza eguali, per l’epoca, delle zone residenziali, dei luoghi di lavoro, del traffico e degli spazi pubblici quali i mercati e le chiese», continua Van Tussenbroek. La costruzione della rete di canalini finanziata vendendo lotti ai ricchi mercanti.
I più ampi e costosi erano quelli sull’Herengracht. Le botteghe e le case più piccole trovarono posto sul Prinsengracht, l’unico canale direttamente collegato con la baia IJ.
Attorno al 1680, completata la mezzaluna di canali, Amsterdam assunse finalmente l’aspetto che si confaceva alla città ricca e potente che era diventata. Solo Londra e Parigi erano più grandi. Ma secondo Van Tussenbroek «Amsterdam non doveva la sua bellezza ai palazzi reali, ma alle imponenti residenze affacciate sui canali fatte costruire dai cittadini più benestanti».
QUATTROCENTO ANNI DOPO, i canali del centro restano il fiore all’occhiello di Amsterdam, nonché una zona ambitissima per gli immobili. Già dichiarata Patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO, ora la zona dei canali celebrerà il 400° anniversario dell’inizio della sua costruzione.
«Questa casa è un’opera d’arte», dice Charlie Hilm, 70 anni, della sua monumentale abitazione sull’Herengracht. Costruita nel 1615, è una delle più antiche della zona. «Non mi considero il proprietario, ma soltanto il custode», continua. «Sono convinto che abbia un’anima. Sapete, una casa può ridere o piangere e questa piangeva quando l’ho comprata. Era quasi in rovina». Grazie a un completo restauro, adesso sorride di nuovo. «Credo sia nostro dovere morale adoperarci per consegnare questi edifici in buone condizioni alle generazioni future».
Hilm, uomo d’affari ebreo in pensione, è nato nel 1943 in una casa di Amsterdam dove i suoi genitori un compositore e un’attrice si erano rifugiati dopo essere fuggiti da Berlino. «La città li accolse e li protesse; ciò mi rende figlio di Amsterdam a tutti gli effetti», dice. «Ovviamente volevo vivere lungo uno dei canali da cui è nata l’espansione della città». E naturalmente ha scelto l’Herengacht. «È il più regale dei canali!», sottolinea.
Secondo Van Tussenbroek, i canali avevano diversi gradi di prestigio sin dal principio. Ma la nuova rete dei canali non divenne subito il centro indiscusso della città: in un primo tempo i mercanti del luogo preferirono rimanere in Warmoesstraat, la strada che oggi confina con il quartiere a luci rosse, all’epoca una delle più eleganti della città. Le case affacciate sui canali furono occupate dai nuovi ricchi, i mercanti che avevano fatto fortuna con il commercio intercontinentale. «Ma dopo poco tempo anche la vecchia borghesia cambiò sede», prosegue Van Tussenbroek. Le residenze più grandi si trovavano nella cosiddetta Gouden Bocht (l’ansa dorata) una sezione dell’Herengracht compresa tra le attuali Leidsestraat e Vijzelstraat che divenne appannaggio dei Reggenti di Amsterdam. I mercanti agiati scelsero il Keizersgracht, i cui edifici avevano anche magazzini per le merci.
Il Prinsengracht fu destinato in gran parte alle attività commerciali e alle sue spalle furono costruiti alloggi per gli immigrati che lavoravano nei cantieri navali. Il loro quartiere fu chiamato Jordaan, probabilmente una storpiatura del termine francese jardin. Qui vie e canali portano il nome di fiori e piante, come Leiiegracht (canale del giglio) o Laurierstraat (via dell’alloro). Jordaan è rimasto un quartiere povero fino a poco più di trent’anni fa, quando il fiorire di gallerie d’arte e boutiques e l’apertura di un vivace mercato di agricoltori hanno contribuito alla sua riqualificazione.
Seguendo l’esempio delle attività commerciali, in seguito anche banche e aziende aprirono sedi sui canali. Negli anni Ottanta però sono sorti nuovi complessi edilizi nelle aree vicine, e le abitazioni sui canali hanno perso il loro prestigio. Molti edifici, infatti, erano in cattive condizioni e privi di adeguati sistemi di riscaldamento. A quel punto subentrarono giornalisti, scienziati, artisti e intellettuali che preferivano una casa caratteristica sul canale a una più convenzionale in un verde sobborgo e comprarono le case a prezzi stracciati. Oggi, nonostante i prezzi esorbitanti degli immobili, la zona dei canali rimane spesso associata a quell’élite progressista che nei Paesi Bassi esercita una notevole influenza sull’opinione pubblica.
Per secoli la zona dei canali è stata il fulcro di movimenti culturali e intellettuali d’avanguardia, spiega Linda Bouws, direttrice del centro culturale Felix Meritis. Nel Secolo d’Oro ospitava influenti mercanti, mecenati di artisti come Rembrandt e Vermeer. Amsterdam offriva non solo libertà di religione ma anche libertà di stampa, cosa che attirava scienziati e liberi pensatori da tutta Europa. Secondo Bouws, solo in Olanda un filosofo come Cartesio avrebbe potuto pubblicare i suoi testi razionalisti. «Gli abitanti di Amsterdam hanno sempre avuto fama di persone dirette che sanno far valere le proprie ragioni. E non c’è da stupirsi, visto che la città era governata da ricchi mercanti e altri personaggi influenti».
Nel 1788, ispirati dall’Illuminismo, 40 cittadini facoltosi fondarono la società Felix Meritis, dedicata alla promozione dell’arte, della filosofia e della scienza. Sul Keizersgracht sorse un centro culturale che vantava la prima sala concerti realizzata in Europa, dove si esibirono musicisti come Brahms. L’illuminata fondazione, tuttavia, non ebbe lunga vita, e dopo la Seconda guerra mondiale lo storico edificio ospitò per 34 anni la sede centrale del Partito comunista dei Paesi Bassi. Oggi è tornato a ospitare conferenze, spettacoli teatrali e dibattiti pubblici. «Qui tutti possono parlare ed esprimere la propria opinione, com’è abitudine ad Amsterdam da secoli», afferma Bouws.
LA TRADIZIONE DI APERTURA E TOLLERANZA che
da sempre caratterizza la zona dei canali è tuttora viva. L’americano Josh Molay, 41 anni, vive in un ex appartamento occupato sul Singel, canale scavato nel 1428 nel lato sud-occidentale del centro della città. L’intero edificio, che un tempo ospitava una fabbrica di dolciumi, è stato acquistato dal Comune che adesso sovvenziona un “vivaio di artisti” che può viverci e lavorarci. Tra gli inquilini del palazzo figurano la Foundation for the Promotion of Merriment (Fondazione per la promozione dell’allegria) e On File, una rete di giornalisti costretti a fuggire dai loro paesi d’origine.
Le numerose proposte culturali offerte dalla zona, tutte facilmente raggiungibili a piedi, compensano ampiamente l’assenza di giardini e balconi, nonché di parcheggi. «Il grande vantaggio di questa casa è l’affitto basso», afferma Molay. L’immobile è di proprietà del comune, che lo ha acquistato sul finire degli anni Ottanta e chiede ai residenti un modesto affitto annuale. In cambio, gli inquilini sono tenuti a occuparsi della manutenzione, inclusi eventuali lavori di verniciatura o di riparazione dell’impianto fognario. «Per fortuna sono un progettista d’interni!», aggiunge l’americano.
Negli ultimi 12 anni Molay e Van der Kooi hanno visto il quartiere cambiare radicalmente. «I vicoli intorno al Singel e all’Herensgracht erano pieni di “attività a luci rosse” che sono in gran parte sparite, assieme ai problemi legati alla droga», dice Molay. Ma, prosegue, molte strutture dedicate ai giovani, come i centri sociali, stanno scomparendo perché le associazioni non possono permettersi gli affitti alti. Al loro posto spuntano gli hotel, un cambiamento che, secondo Molay, indebolisce il tessuto sociale del quartiere. «I canali hanno perso in parte la loro identità e adesso sembrano essere riservati solo ai più ricchi. Nel palazzo dall’altra parte della strada, per esempio, ci sono alcuni appartamenti condivisi da stranieri e la maggior parte è occupata solo poche settimane all’anno».
La zona dei canali attira anche le aziende straniere. I magazzini che un tempo venivano usati per conservare merci provenienti da terre lontane oggi sono sede di una fiorente e creativa “industria delle idee”. L’agenzia pubblicitaria internazionale Wieden+Kennedy (W+K), a cui si devono le campagne di Heineken e Nike, occupa due grandi edifici sull’Herengracht. «La zona dei canali è al centro di Amsterdam, città nel cuore dell’Europa», spiega Pamela Warbrook di W+K. «La presenza di strutture culturali d’eccellenza conferisce all’area un’atmosfera cosmopolita. Allo stesso tempo, però, qui sopravvivono stili di vita semplici: i nostri dipendenti, per esempio, possono venire al lavoro in bicicletta. Questa combinazione di metropoli moderna e piccolo borgo si adatta perfettamente a un’azienda internazionale come la nostra».
Del resto Amsterdam ha sempre attirato i lavoratori stranieri, spiega lo storico dell’architettura Gabri van Tussenbroek. Dopo la caduta di Anversa nel 1585, un’ondata di mercanti dei Paesi Bassi meridionali in maggioranza protestanti si riversò ad Amsterdam. Il loro arrivo rappresentò quel forte stimolo all’economia all’origine del Secolo d’Oro olandese. «Senza la manodopera proveniente dalla Germania, dalla Scandinavia e dall’Europa Orientale la rete dei canali non sarebbe mai stata realizzata», aggiunge Van Tussenbroek.
Uno degli elementi che contribuiscono a conferire alla zona dei canali il carattere di un’area rurale è la vegetazione. Nel corso dei secoli piante insolite sono apparse sui muri e sulle facciate delle banchine. Secondo 1 architetto del paesaggio Ernst van der Hoeven, tra le pietre si trovano ancora specie protette come la colombina gialla, la parietaria judaica e una specie rara di graminacea. Fioriscono anche il ciombolino comune e la celidonia, che un tempo era usata a scopo medicinale, e numerose piante selvatiche tra cui l’origano, Campanula poscharkyana e persino il fico. I canali sono anche l’habitat naturale di molti uccelli acquatici, inclusi aironi, folaghe e cigni, mentre i giardini sono pieni di cinciallegre, fringuelli, scriccioli e pettirossi.
L’architetto Van der Hoeven vive in un palazzo signorile sul Keizersgracht che risale al 1709. È solo a un portone di distanza dalla residenza di Nicoiaes Tulp, protagonista della celebre tela di Rembrandt intitolata Lezione di anatomia del dottar Tulp. «In questa parte del Keizersgracht si trovano ancora vecchi olmi con la chioma a ventaglio. Alcuni sono così alti che d’estate le case sul lato opposto del canale sono visibili a stento. Quando sto seduto nel mio giardino a godermi il cinguettio degli uccelli quasi dimentico di essere al centro della città». Gli ombrosi giardini protetti da mura sono tra i segreti meglio custoditi del centro storico di Amsterdam. Non sono visibili dalla strada e il più delle volte non sono accessibili al pubblico. Van der Hoeven li definisce «i polmoni verdi della città». Vi crescono alberi solitari come castagni, tigli e aceri e una serie di alberi da frutto, tra cui nespoli, gelsi e cotogni.
Come spiega Van der Hoeven, quando furono progettati i giardini vigevano rigidi regolamenti, o keuren (statuti). Al pari delle case, i giardini furono progettati in stili diversi. Nel Seicento era in voga lo stile francese, caratterizzato da semplici siepi che bordeggiavano le aiuole e sentieri disposti geometricamente. Nel Settecento fu la volta dei giardini all’inglese; con romantici gazebo seminascosti e una struttura più scenografica. Contrariamente a quanto accadeva nei lussureggianti giardini che circondavano le ville di campagna sul fiume Vecht, la gente si sedeva di rado nei giardini urbani. Secondo Van der Hoeven, «furono realizzati per essere ammirati e fornire ombra e frescura».
L’architetto del paesaggio contribuisce alla conservazione di questo biotopo urbano tenendo anche un alveare in giardino. «Le api sono un anello fondamentale della catena alimentare perché impollinano le piante e gli alberi», spiega. Tutto sommato, considerato che si tratta pur sempre di un ambiente urbano, nella zona dei canali c’è un numero sorprendente di specie. «Non usiamo pesticidi; la città è un habitat ideale per le api».
Eppure la vegetazione del centro è a rischio. «L’ambiente è minacciato dalle emissioni di polveri sottili e CO2, che hanno effetti dannosi non solo per gli esseri viventi ma anche per gli edifici», afferma Wubbo Ockeis, docente di tecnologia sostenibile al Politecnico di Deift ed ex astronauta. «Se vogliamo che la gente viva sui canali per altri 400 anni, dobbiamo intervenire adesso».
È per questa ragione che nel 2005 Ockeis si è trasferito in un appartamento al pianterreno sul Keizersgracht e ha fondato un’associazione chiamata De Groene Grachten (I canali verdi) per promuovere un’idea semplice: tre grandi pale eoliche situate fuori dalla città sarebbero sufficienti a fornire energia pulita per tutta l’area. «Se tutti i residenti comprassero una quota delle turbine, potrebbero ammortizzare presto la spesa». Inoltre, si potrebbe usare l’acqua del canale per riscaldare le case in inverno e raffreddarle destate. «Chi non vorrebbe vivere in una casa costruita 400 anni fa che genera da sola la propria energia?», conclude. Nel progetto di Ockeis la zona dei canali dovrà essere accessibile solo alle auto elettriche e alle imbarcazioni. L’ambiente più pulito e tranquillo attirerebbe nuove specie di flora e fauna. Un’oasi verde? Secondo Ockeis, «i canali sono stati effettivamente progettati in armonia con la natura: il legno necessario per le case veniva tagliato nei mulini a vento e trasportato sull’acqua».
Stando a Maarten Ouboter della Waternet, però, il legame tra uomo e natura non deve essere visto in termini troppo romantici. «L’acqua è stata un alleato naturale dell’uomo, ma anche un pericoloso nemico. Per secoli i canali sono stati fonte d’infezioni; da qui si diffusero la peste e altre epidemie. E il puzzo deve essere stato insopportabile», precisa Outboter. «Nel tentativo di migliorare la qualità dell’aria alcuni canali, come il Rozengracht e il Lindengracht, furono addirittura interrati».
Adesso le cose sono finalmente cambiate. Se fino al 1987 le acque reflue domestiche finivano semplicemente dentro i canali, oggi tutte le case sui canali sono collegate a un collettore principale. E grazie a un ingegnoso sistema di chiuse e a due grandi stazioni di pompaggio è possibile determinare con precisione dove, quanto a lungo e in che quantità far defluire 1 acqua. «In alcuni punti adesso è così pulita che ci si potrebbe nuotare», conclude Ouboter.
ABITARE SULL’ACQUA nella zona dei canali può essere una scelta di vita. Oggi ad Amsterdam ci sono circa 2.500 case galleggianti, 600 delle quali nella zona dei canali. La cinquantacinquenne Nora Wijbrands vive sulla Walewein, una nave da carico convertita ormeggiata nel Prinsengracht. La donna ricorda che in passato la maggior parte delle persone che vivevano sulle barche erano «amanti dell’avventura» che non riuscivano ad abituarsi all’idea di vivere impilati gli uni sugli altri in un edificio di appartamenti. Oggi si tratta per lo più di stranieri e giovani professionisti rampanti che vivono in imbarcazioni di lusso complete di vasca da bagno, cucina e connessione wi-fi.
La situazione era diversa 39 anni fa quando Wijbrands comprò la Walewein per l’equivalente di 8.000 euro. A bordo della centenaria imbarcazione rivestita d’acciaio non e erano gas, elettricità ne acqua corrente. Nora cucinava su una stufa a legno alla luce delle lampade a petrolio, acquistando il carbone e la legna da ardere nei vicoli del Prinsengracht. «Una volta la settimana prendevamo in prestito un tubo da un vicino a riva e riempivamo il serbatoio d’acqua». Oggi la mancanza di comodità è compensata dalla calma quasi rurale che la circonda. «Sento le stagioni. Se c’è vento la barca beccheggia. Quando piove sento il rumore delle gocce sul tetto».
In questi anni Wijbrands ha assistito a tutti i cambiamenti che sono avvenuti nella zona dei canali. Oggi’tutto è centrato sul lusso, afferma.
Prendiamo ad esempio le 9 Straatjes (nove strade) che collegavano il Jordaan con il centro della città. «Secoli fa il quartiere era abitato in prevalenza da conciatori, come si deduce dal nome di strade quali Huidenstraat [Via delle pelli] e Reestraat [Via dei caprioli]. Oggi ci sono soltanto negozi di moda». Anche la vita a bordo di un’imbarcazione risente della crescente popolarità della zona, ormai ricca di negozi, boutiques e ristoranti. Per non parlare delle decine di barconi turistici adibiti a locali che disturbano la privacy di Wijbrand: «Musica ad alto volume e un tanfo orrendo. Terribile».
Il turismo e l’inquinamento hanno sicuramente avuto un effetto negativo sulla vita quotidiana nella zona dei canali. Se prima qui vivevano persone di ogni genere, adesso sembrano esserci soltanto ricchi, e tutti i negozi sembrano offrire le stesse merci di lusso. Ma l’ammirazione per la bellezza di quest’area residenziale storica non è mai stata più grande. La maggior parte delle case affacciate sui canali è in buone condizioni e la vita culturale della zona è molto vivace, proprio come nel Seicento. E quando, alla fine di una giornata estiva, torna a regnare la pace, è come se niente fosse cambiato in tutti questi secoli. La luce calda del sole al tramonto illumina i tetti di mattoni rossi. In lontananza si sentono suonare le campane della Westertoren e l’acqua accarezza delicatamente le barche ormeggiate.
«Sono qui, nel pieno centro di Amsterdam, eppure nessuno fa minimamente caso a me», afferma Nora Wijbrands mentre una coppia di cigni scivola accanto alla sua Walewein. «In quale altro posto del mondo potrei godere di tanta libertà?».