Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 11 Giovedì calendario

«STAMINALI, LA DEREGULATION GIOVA SOLO A CHI VENDE TERAPIE»

Il Parlamento sta discutendo la regolamentazione delle cosiddette «terapie avanzate» a base di cellule staminali. Se queste fossero sottratte alla vigilanza dell’Aifa in materia di preparazione e utilizzo, l’Italia si allontanerebbe dalle norme europee in questo campo, con conseguente, probabile, procedura di infrazione. Il «caso Stamina», da cui tutto ha avuto origine mette a fuoco uno scenario più grande. Di cura compassionevole scrive il Corriere, decretano i ministri, legifera d’urgenza il Parlamento. Se si debba o no praticare la cura definita trapianto di cellule staminali è divenuto materia di giurisprudenza e non di medicina; perché che davvero di cura si tratti è dato assurdamente per scontato. Così assumono i magistrati, i decreti ministeriali, e anche la stampa, a sua volta senza cercare verifiche dirette.
Gli organi tecnici preposti (Aifa) avevano interrotto una pratica non conforme alla legge. Sentenze di tribunali hanno poi disapplicato il provvedimento, basato su un decreto ministeriale (in sette anni mai trasformato in legge). Scienziati e medici hanno invitato a chiarezza e prudenza, invocato che si cercasse di evitare incidenti gravi, che si dicesse in che cosa consiste la «cura», che si specificasse chi rispondeva di che cosa. Che si verificasse se la cura era davvero tale, che la si rendesse chiara e riproducibile, e perciò utilizzabile anche a beneficio dei bambini di tutto il mondo. Apriti cielo: scienziati e medici farabutti al soldo delle multinazionali. Quel che la «cura» propone è che un’infusione di cellule ossee (staminali mesenchimali) curi tanti malanni diversi, a prescindere dalla natura del malanno, da quel che le cellule siano in grado di fare, a prescindere dal fatto che le stesse cellule, una volte infuse, rimangano lì o scompaiano. E a prescindere dalla necessità di verificare che sia così. Ma la «cura» coincide con quello che molti nuovi soggetti commerciali propongono. Alcuni di essi emergono dallo stesso mondo scientifico. Il fondatore (e detentore di royalties) della più grande company nata in Nord America per lo sfruttamento commerciale delle mesenchimali sostiene, dalle pagine di riviste scientifiche, che, infuse in vena, queste cellule curino autismo, incontinenza urinaria, paraplegia, Parkinson e altre malattie neurodegenerative, colite, infarto, ictus, artrite e altre 13 malattie. Nessuno di questi usi è riconosciuto o approvato come terapia. Quel che si sa indica piuttosto che alcune cose non sono possibili, che di altre si dovrebbe capire di più, e che ci vorrebbe cautela nello sperimentare sui malati. Lo dicono medici e scienziati che non vendono alcunché. Invece i soggetti commerciali in questione premono per indurre i governi ad allentare i meccanismi regolatori e autorizzare il commercio di terapie cellulari senza che sia prescritto di verificarne l’efficacia attraverso trial clinici. Fda ed Ema, che vigilano sulla produzione e il commercio dei farmaci in Usa e in Europa, sono talora dipinti come il principale ostacolo allo sviluppo dell’innovazione. Privati che propongono direttamene ai pazienti cure miracolose con staminali esistono in tutto l’Oriente «emergente». Casi ci sono stati anche in Germania e Usa. Ma proprio perché Fda e Ema esistono, questi casi si sono conclusi con la interruzione d’autorità delle pratiche non autorizzate, e, in un caso, con l’arresto del proponente, fuggito in Messico. Questi casi sollevano sempre polveroni mediatici, la cui funzione è attrarre l’attenzione dei governi e del pubblico, e diffondere l’idea che deregolare il mercato delle «terapie avanzate» coincida con l’interesse dei pazienti, o con la compassione. Ma deregolare il mercato è invece interesse di una costellazione di imprese di nuovo tipo, determinate a creare un mercato nuovo, centrato su malattie senza cura, per le quali sia dunque socialmente accettabile anche una cura inefficace.
Un mercato in cui si vende non un bene tangibile industrialmente prodotto come la pasticca d’antan, ma un bene immateriale commercialmente valorizzato: si vende la speranza e la parola staminali, veicolo seducente e pegno di virtù taumaturgiche. I governi di tutto il mondo ricevono dagli stessi soggetti commerciali sollecitazioni a consentire, in nome dell’innovazione, la commercializzazione dei prodotti staminali, senza necessità di trial che ne provino l’efficacia. Sono proprio casi come il caso Stamina a rappresentare l’occasione utile. La vigilanza che passa attraverso norme e organismi di controllo (Aifa) non impedisce di sperimentare terapie improbabili o usarle, se innocue, in modo compassionevole. Ma senza quella vigilanza, si potrebbero vendere cure senza obbligo di provarne l’efficacia. In Paesi come l’Italia l’onere economico derivante dall’uso in decine di migliaia di pazienti di terapie inefficaci e mai sottoposte a sperimentazione ricadrebbe sul Servizio sanitario nazionale e dunque sui cittadini. La richiesta che sale in Italia dal pubblico di liberalizzare per legge le terapie compassionevoli (cioè non sperimentate né approvate) coincide dunque con interessi commerciali, ben diversi dalle motivazioni del pubblico. Nello stesso caso italiano, d’altronde, esistono richieste di brevetto; esistono sponsorizzazioni commerciali; esistono, secondo i proponenti, know how esclusivi, non resi noti, non brevettati e tuttavia in predicato di sviluppo commerciale. Si capirà allora quanto lontani da questa realtà complessa siano in questi giorni il contenuto della comunicazione mediatica, e la consapevolezza del pubblico.
Se domani il caso Stamina scomparisse dalla scena, non scomparirebbe questa realtà globale. Anzi. In assenza di norme adeguate, assisteremmo all’ingresso sul mercato di altri prodotti commerciali forse adeguatamente fabbricati, ma inefficaci e forse pericolosi. Che il Servizio sanitario sarebbe costretto ad acquistare, a furor di popolo. L’Italia sarebbe il primo Paese del mondo occidentale a diventare meta del «turismo staminale» oggi fiorente altrove, e il Servizio sanitario in bancarotta. Si capirà anche l’inanità dei «dibattiti» sulle «staminali» con esperti e showmen. Si capirà che arginare la «deriva del Paese» implica solo tenere la barra dritta nella tempesta. Nell’informazione, nella politica, nella medicina, nella scienza, nella legge. Tenere la barra dritta, anche etimologicamente, vuol dire solo governare.
Paolo Bianco