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 2013  aprile 10 Mercoledì calendario

«SONO SOLTANTO UN ARTIGIANO» IL VOLTO SEGRETO DI SIMENON

«La libertà, sfortunatamente, non esiste più. O quasi. La libertà nel mondo d’oggi… noi siamo timbrati dalla nascita fino alla morte. Tutto è organizzato e noi non facciamo più ciò che vogliamo ma ciò che si vuole che facciamo». Non solo Maigret e svago dalle parti di Georges Simenon come testimoniano queste sue parole, anche se associare al suo il nome del commissario è un riflesso condizionato. Esce ora nelle librerie francesi il Cahier de l’Herne dedicato proprio allo scrittore belga (l’Herne, pp. 290, euro 39) curato magistralmente da Laurent Demoulin, responsabile del fondo Simenon. Ne emerge uno scrittore poliedrico e con diverse sfaccettature, che non coincide con quello inamidato proposto dalla Pléiade, la più prestigiosa collana francese, che nel 2003 ha deciso di innalzarlo finalmente nell’empireo delle lettere d’Oltralpe.
Un uomo poliedrico
«Non mi verrebbe mai l’idea di leggerlo in questa collana» assicura Emmanuel Carrère nell’intervista raccolta nel volume «per me, un Simenon è un libro già letto da altri, un libro in cui mi imbatto. L’apparato critico della Pléiade è certamente molto importante, ma non mi interessa gustarlo così». L’edizione prestigiosa lo trasforma in uno scrittore monolitico mutilandone i diversi stili, i diversi registri e le diverse atmosfere “che è quanto a lui interessa”, ribadisce Robert Brasillach in una recensione del 1932. Ora questa poliedricità è restituita grazie alla fatica di Demoulin.
Il Simenon romanziere «duro» vive a fianco del Simenon autore di romanzi popolari; il tessitore di polizieschi viaggia a braccetto con l’estensore di commedie; il facitore di racconti sfila con il responsabile di pièce teatrali; così come il giornalista e il viaggiatore non evita di rispondere a questionari richiesti da sconosciuti. Qualcosa di eccezionale certo ma non di fenomenale era Simenon. «Non sono un fenomeno» raccontava lui stesso nell’intervista rilasciata a Bernard Pivot grande intellettuale transalpino nonchè conduttore televisivo e autore del celeberrimo Apostrophe, e trascritta qui per la prima volta «provo orrore quando mi si apostrofa come il fenomeno Simenon o l’enigma… non sono né un fenomeno né un enigma: sono semplicemente un artigiano che ha fatto il suo mestiere per più di sessantacinque anni».
Un artigiano che però non ha condotto la vita dietro la macchina da scrivere a redigere fino a «ottanta pagine al giorno » come ricorda lui stesso. Nella sua esistenza c’è di tutto. Gli inizi come giornalista non per passione ma per ragioni alimentari, il globetrotter indefesso, lo scrittore instancabile e l’amante senza fine. Evocando il suo grande amico Federico Fellini, ricorda come un giorno si misero a contare le donne possedute da Casanova. «Ne ha avute 4000, mi dice Fellini. Vediamo, gli ho risposto. Quanti anni ha vissuto? … Quindi nemmeno una al giorno. Io ne ho avute in genere tre al giorno fin dall’epoca dei miei tredici anni e mezzo ... quindi ... E non so se lui o io abbiamo sbottato a un tratto: diecimila, almeno ... forse, non lo so, non le ho contate e da qui la leggenda diffusa in tutti i paesi del mondo: Simenon, l’uomo dalle 10.000 donne».
Tutti gli sport
Ma per lui, come confessa, la ricerca della sessualità era una necessità, fisica ma non solo. «La sola unione possibile che possiamo avere tra due persone, è ancora questa, fare l’amore. Io non credo che esista la comunicazione ... Si parla molto di comunicazione oggi. Ma non è con le parole che comunichiamo, comunichiamo molto male con le parole, le parole possono essere utilizzate per qualsiasi cosa. Mentre lì, c’è davvero una comunicazione diretta». A Simenon interessava l’esperienza, il conoscere. «Ho fatto tutti gli sport, equitazione, ciclismo, pugilato. Ho davvero praticato tutto il possibile perché voglio conoscere il mondo. Mi sono avventurato in giro per il pianeta tutto il tempo che ho potuto. Non è per niente che ho avuto trentatré domicili... Ho sempre voluto sapere qualcosa di diverso. Ho cercato l’uomo, beh, l’uomo posso trovarlo tra le donne, ho pensato. Forse perché con la donna posso stabilire un contatto che non ho con un altro uomo». Ad animare la sua inquietudine era la curiosità. «Ho dato la caccia all’uomo per tutta la vita, per sapere chi fosse, e per conoscerlo non bastano i giornali né vederlo da lontano».
E così decise di viaggiare il più possibile, tra l’africa e le Americhe, anche se sul finire dei suoi anni rinuncia a farlo. «Non voglio più andare a vedere la foresta vergine equatoriale che ho ben conosciuto » ammonisce in un’intervista del 1981 «dove i Negri erano completamente nudi, semplici e contenti… direi felici, non avevano fame perché bastava grattare un po’di terra e gettarci qualche grano di mais per nutrirsi. Noi ora siamo uno società consumista…che odio. Siamo delle marionette i cui fili sono mossi da qualche individuo o addirittura da un’associazione di individui».
Preferisco vivere
Forse la critica al consumismo stona un po’ sulle labbra di chi possedeva innumerevoli ville, girava in Rolls Royce e assumeva camerieri e cuochi a spron battuto. Ma Simenon il moralismo preferiva lasciarlo ad altri. Le sue ultime e folgoranti battute dell’inedito Questionario di Proust che chiude il Cahiernon lasciano ombra a dubbi: «La sua virtù preferita? Non credo alla parola virtù. La sua occupazione preferita? Vivere».