Marco Zatterin, La Stampa 11/4/2013, 11 aprile 2013
PRESIDENTI E COMMISSARI OLTRE TRENTA POLTRONE DA NOMINARE ENTRO L’ANNO
Trenta nomine per cambiare la faccia dell’Unione europea, tutte nel giro di un anno e poco più. Il 2014 porterà a scadenza il presidente del Consiglio, Herman Van Rompuy, e quello della Commissione, Josè Manuel Barroso, mentre calerà il sipario sul controverso mandato dell’alto rappresentante per la Politica estera, Catherine Ashton. In maggio voteremo il nuovo Europarlamento, dunque uscirà di scena Martin Schulz e si dovranno designare i due deputati destinati a spartirsi lo scranno di leader dell’ottava legislatura a suffragio universale. Entro l’autunno andrà rinnovata l’intera Commissione, organo esecutivo del patto a Ventisette. Le capitali hanno già cominciato a tessere la loro tela e messo i bollini sulle poltrone ambite. L’Italia non è ancora in gioco, distratta più del solito dalla sua crisi. E, se continua così, rischia di rimanere tristemente in panchina.
La diplomazia delle nomine richiede polso, lungimiranza e tempismo. Nel maggio 2009 il governo Berlusconi ha cercato di portare Mario Mauro alla guida dell’Europarlamento con una strategia goffa e perdente per il semplice fatto che tedeschi, francesi e polacchi avevano chiuso l’accordo in febbraio. Ci fossimo mossi al momento giusto, e meglio, magari sarebbe andata diversamente. Come potrebbe succedere adesso, a Strasburgo.
Per capire in che modo, serve un passo indietro. Van Rompuy (belga e popolare) ha già detto che non si ricandida, cosa che ha fatto anche la Ashton (britannica e laburista). Barroso (portoghese e pure popolare) non ha escluso un terzo mandato, sebbene nessuno sembri pensare di lasciarlo dov’è da nove anni. Molto dipenderà dall’esito delle elezioni europee, soprattutto se - come pare - le famiglie politiche continentali metteranno sulla scheda il nome del timoniere privilegiato per la Commissione.
Al punto in cui siamo i socialisti sono intenzionati a presentare Schulz. I popolari devono scegliere. Si dice pensino al francese Michel Barnier (ora commissario Ue), mentre ha chance Viviane Reding (lussemburghese, visibilissima all’esecutivo Ue). Tra i possibili esterni, il premier polacco Donald Tusk e la francese Christiane Lagarde, popolare, oggi al Fondo monetario. Outsider ipotetico il liberale fiammingo Guy Verhofstadt. Visto che tutto si tiene e che c’è Draghi alla Bce, l’Italia non è in partita. Non c’è trippa per questa presidenza e tantomeno per il Consiglio, a cui ambisce il danese della Nato, Anders Fogh Rasmussen.
Diverso il discorso per il dopo Ashton, la baronessa che, nel 2009, ha battuto D’Alema in volata. Cruciale sarà l’appartenenza politica, che dovrà essere diversa da quello del presidente della Commissione di cui l’alto rappresentante è vice. Quindi va preso atto che si tenterà di attribuire uno dei ruoli apicali bruxellesi a una donna. Col candidato giusto, non sarebbe un miraggio battere la concorrenza britannica e polacca. In alternativa si può inseguire un portafoglio pesante in Commissione. L’Industria è il minimo. Concorrenza o Economia sarebbero un passo in avanti.
Il Parlamento si può fare. Il Ppe ha in mente (sempre «per ora») il francese Joseph Daul per uno dei due tempi e il nostro centrodestra non è abbastanza forte da fargli cambiare idea. Se i socialisti si batteranno per Schulz alla Commissione, ecco che - senza rivali transalpino e tedesco - un italiano di centrosinistra potrebbe passare, anche forte del fatto che da che si vota - e sono 35 anni - la presidenza è stata un sogno. E’ una missione possibile, a patto di pensarci subito, di costruire la candidatura e negoziarla con astuzia. Gli altri sono al lavoro da un pezzo e i prossimi mesi saranno determinanti. L’Italia deve mettersi in moto. Oppure può continuare a discutere dei costi della politica dimenticando quelli della «non politica», a partire dalla perdita di credibilità e ruolo in quell’Europa dove, da sempre, i governi scrivono insieme tre quarti delle proprie leggi nazionali, dando il meglio ai più forti e a chi le vittorie se le va a cercare.