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 2013  aprile 11 Giovedì calendario

SUPER, IPER E ALTRI SCAFFALI DEL DESIDERIO

Perché, usciti dal supermer­cato, ci ritroviamo spesso il carrello pieno di cose che non ci servono? Che cosa condi­ziona le nostre scelte? Molto di­pende dalla struttura che ospita le merci, spiega il Manuale di progettazione per la grande distri­buzione (Franco Angeli editore), scritto dall’architetto milanese Roberta Panza, un pamphlet per fare shopping più consapevole.

Architetto, con quali criteri sono organizzati gli spazi di un super­mercato? Perché siamo indotti a seguire un certo percorso che, di solito, comincia con la frutta e fi­nisce con l’acqua?
«Il criterio di base è sfruttare al massimo lo spazio favorendo l’assortimento. In sostanza, i per­corsi devono guidare il cliente se­condo una sequenza precisa. Al­l’inizio vengono posizionate frut­ta e verdura, che danno colore e allegria realizzando un “effetto mercato” con bancarelle, tendoni e pavimenti in porfido. Poi, pro­cedendo nelle corsie, si trovano i prodotti legati ai vari momenti della giornata a cominciare dalla prima colazione, con tè, marmel­­late, merendine. Così il cliente potrà creare continue associazio­ni: si vuole comprare il caffè ma si mettono nel carrello anche i bi­scotti. Subito dopo c’è lo spazio legato al pranzo e alla cena, con la pasta e i condimenti ecc. Ma in questo settore ci sono pure lo scolapasta e la pinza per gli spa­ghetti... ».

E l’acqua?
«Esistono due scuole di pensiero: chi posiziona le confezioni all’i­nizio perché il carrello è vuoto e il cliente ha più facilità a metterci le bottiglie, e chi invece dispone le confezioni alla fine perché così il carrello resta più libero per gran parte del percorso e il clien­te può comprare di più.

Il vino in genere è vicino al re­parto gastronomia...
«Sì, perché lì, mentre aspetta il proprio turno, ci si guarda attor­no. A volte però il vino è in un re­parto a sé, per favorire una scelta senza essere disturbati dal pas­saggio ».

Come vengono pre­sentate offerte e pro­mozioni?
«Ci sono le “testate”, la parte finale degli e­spositori, affacciate sulla corsia principale: sono spazi usati per enfatizzare i prodotti. I posti meno in vista so­no riservati ai beni più utili, come sale e zuc­chero ».

Come è concepito un supermer­cato tipo?
«Nella prima corsia si propongo­no frutta e verdura, gastronomia, pescheria e macelleria, raggrup­pati in un’unica area. Nelle zone meno frequentate si collocano i prodotti che il cliente andrà co­munque a cercare: acqua, latte e uova. Invece, in quelle più fre­quentate si mettono anche le merci più care».

Quanto contano l’insegna e le vetrine?
«L’immagine esterna aiuta a i­dentificare subito la catena.
Quando viene realizzato un su­permercato ex novo, valori e per­sonalità di una certo marchio prendono forma anche nell’ar­chitettura. Le vetrine possono trasmettere vari messaggi al con­sumatore. Alcune sono arricchite con vetrofanie raffiguranti frutta, verdura e carni. Ma possono an­che essere trasparenti per attrarre il cliente e suggerire un’impres­sione di efficienza».

Oggi si affermano nuove tenden­ze: supermercati per ipovedenti, per la terza età, ecosostenibili e persino virtuali...
«Non è più come negli anni ’70 quando si parlava genericamente di supermercato. Paradossalmen­te, in una famiglia, ogni compo­nente vorrebbe frequentare un suo supermercato ideale: il ra­gazzino che utilizza smartphone e tablet vorrebbe fare la spesa in un supermercato virtuale, dove si ordinano i prodotti inquadrando il codice QR (presto arriveranno anche in Italia, dopo essere stati lanciati in Corea, Gran Bretagna e Belgio). La mamma resterà fedele alla catena in cui andava fin da piccola. Il nonno invece ne vor­rebbe uno su misura per lui, co­me quelli del Nord Europa, con grandi carrelli, prezzi ben leggibi­li e lenti d’ingrandimento per de­cifrare le etichette. Chi segue uno stile di vita “ecosostenibile” può scegliere supermercati ad hoc, con prodotti bio».

Sempre più catene commerciali dedicano scaffali o interi reparti ai single, con porzioni monouso di cibi e merci di qualsiasi tipo. Chi vive solo si può incontrare.
«Sì, il supermercato è la rivisita­zione contemporanea del merca­to. Non è più un luogo da vivere da soli, ottimizzando il proprio tempo. Cominciano a sorgere a­ree per l’intrattenimento e la ri­storazione e si tende a spezzare il percorso concedendo al cliente qualche pausa in più, rendendo l’acquisto sempre più simile a u­no svago. Si riscopre il lato ludi­co, che era rimasto sopito. E in questa nuova stagione c’è spazio anche per gli incontri e l’amici­zia ».

Architetto Panza, sapere come è organizzato un Supermarket, può aiutare a risparmiare?
«Sì. Non tutti i supermercati però sono uguali e risparmiare non è solo una questione di soldi. Se parliamo di prezzi, meglio gli i­permercati dell’hinterland, con un alto volume di acquisto e quindi più concorrenziali. Se par­liamo di tempo, invece, l’iper­mercato richiede un “investi­mento” di almeno due ore. Con­viene allora il piccolo market sot­to casa o la vendita online propo­sta da varie catene».

Quando e dove è nato il super­mercato e chi lo ha inventato?
«Il concetto di self service ali­mentare risale al 1916, quando negli Usa Clarence Saunders la­sciò ai suoi clienti la possibilità di acquistare i prodotti servendosi da soli. E nel 1930 nasce, in em­brione, il supermercato moder­no, col primo negozio americano della King Cullen. In Italia solo nel 1956, al Palazzo dei Congressi di Roma, venne realizzato un prototipo di “supermercato all’a­mericana”. L’anno dopo nasce il primo punto di vendita dei Su­permarkets italiani, divenuti poi Esselunga, in viale Regina Gio­vanna a Milano».