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 2013  aprile 11 Giovedì calendario

GIUNTA A PEZZI, CAOS TRASPORTI L’ANNUS HORRIBILIS DEL SINDACO

NAPOLI — Ora chiunque potrà vedere in quei due cortei, come fa il sindaco Luigi de Magistris definitivamente a tarda sera, il pericolo «che sia in corso una deriva di destabilizzazione antidemocratica». Eppure, si può posare lo sguardo, prestare orecchio. Più della violenza di qualche pattuglia di banditi infiltrati, colpisce l’astio doloroso dei tanti che a volto aperto criticano le scelte (e le dimenticanze) di quasi due anni di governo cittadino. Più delle bombe carta, è la loro rabbia ad abbattersi sul portone di Palazzo San Giacomo. Persino più
dei disordini, pesa il risentimento di chi — stavolta, in una piazza davvero eterogenea — sembra gridare contro un’idea di cambiamento tradita, la speranza accarezzata e già in affanno, quasi svuotata.
Un filo si è spezzato, tra il sindaco che voleva “scassare”, l’ex pm d’assalto de Magistris, e la città — quella popolare, soprattutto quella borghese — che pure gli aveva tributato un plebiscito a sorpresa, quasi 265mila voti, nel maggio 2011. E, incredibilmente, sono bastati venti mesi per passare dall’icona di “salvatore” con la bandana arancione esibita su un palco, a quella di artefice di un disastro complessivo. Contro il quale, in quella stessa piazza dove si ballava tutti insieme in una recente primavera, scaraventare l’odioso coro ritmato a mezzogiorno a più riprese: «Codardo!». Troppo peso su uno solo, in entrambe le scene. Soprattutto se il sindaco ha trovato le casse vuote, soprattutto se l’austerity di Stato prosciuga i Comuni e de Magistris è costretto, appena arrivato, ad aderire alla legge sul predissesto, da sei mesi aspettando che qualcuno a Roma gli dia i 320 milioni «promessi», senza i quali il Palazzo va in default.
Ma perché Napoli si ribella?, chiedono gli stranieri dal pullman turistico. Gli rispondono una titolare di boutique del centro di Chiaia, un avvocato, uno studente, la casalinga, anche il parcheggiatore abusivo. «Perché con queste Zone a traffico limitato ha dato la mazzata finale all’economia di una città già povera». «Perché si è
fissato con il lungomare liberato e non ha fatto niente di strutturale: non ha modernizzato la macchina, non ha cacciato i nullafacenti dagli uffici comunali». Perché «io non so più con quali mezzi pubblici andare all’Università, mi sveglio alle 5, lui e la Regione sono d’accordo sempre sui tagli». Perché «paghiamo la tassa sui rifiuti più alta d’Italia: e lei scusi, lei sarà inglese, l’ha vista mai una strada così sporca, le ha viste le aiuole lì in fondo?». Guai a spingerlo a chiedere scusa.
«Scusa, di cosa? — dice de Magistris — Niente dimissioni. So che un sindaco va giudicato dopo cinque anni». Sa anche che dalla crisi non sarà semplice rialzarsi con un’idea vincente, magari una via d’uscita collettiva. Ha una giunta a pezzi, su cui gravano da mesi annunci di rimpasto che non si realizzano. E intanto l’allarme buche sulle strade (che producono alle casse comunali salatissimi risarcimenti legali, ogni anno) e il caos trasporti pesano sull’ordinaria, mancata qualità di vita. Né può bastare l’ubriacatura di Coppa America, seconda edizione, le cui regate cominceranno martedì prossimo, con quelle barche “affacciate” proprio sulla piaga della Ztl contestata. Il primo cittadino sa che la strada è in salita. Che va riconquistata una
comunità sull’orlo d’una ordinaria desolazione: la stessa che gli aveva mandato tra l’altro un avviso già nelle urne, bocciando Rivoluzione Civile — firmata da Ingroia e de Magistris — alle politiche, inchiodandola al 3 per cento a Napoli.
La prima crepa arriva a gennaio 2012: la defenestrazione di Raphael Rossi, il manager sacrificato sull’altare di alcune assunzioni (poi non adottate). Ma tocca l’espulsione anche agli assessori ritenuti poco obbedienti: l’ex pm Giuseppe Narducci, l’economista Riccardo Realfonzo, persino il direttore generale del Comune, Silvana Riccio. Tutti via, uno dopo l’altro.
Incide anche questo sull’umore della piazza di oggi. Te lo dicono. «Chillo, se lo critichi, ti caccia subito. Non sa dialogare».
Peserà, agli occhi dei popolo del web, un tempo schierato senza se e senza ma con il sindaco della bandana, la rottura tra lui e lo scrittore Roberto Saviano. Che lo bacchetta per quello che a Napoli non si sta facendo, per l’abbandono in cui versano le periferie cittadine. Poi, il 29 gennaio, ecco l’altra grande crepa. Si fermano, letteralmente, tutti i bus cittadini. È uno stop senza precedenti: la municipalizzata Anm non ha più una goccia di gasolio nei serbatoi, il Comune non paga i fornitori, ma il sindaco parla di «sabotaggio ». Ma il peggio deve ancora venire. È il 4 marzo, lunedì nero: prima crolla un edificio, a sera il grande rogo criminale di Città della Scienza. E l’effetto arancione, già evaporato, deve fare i conti con le macerie di una speranza troppo giovane.