Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 11 Giovedì calendario

IN PARLAMENTO IL NODO INCANDIDABILITA’

Possono dei parlamentari incompatibili eleggere il Capo dello Stato? E chi decide quali sono? Il count-down per il nuovo presidente della Repubblica deve fare i conti anche con questi problemi. Tra i 945 deputati e senatori che compongono i 1007 “grandi elettori” ve ne sono diversi (ben 186) che hanno – denunciano i grillini – doppi incarichi. Si tratta di parlamentari eletti che ricoprono, contemporaneamente, incarichi presso altri enti. Di solito sono due, ma alcuni parlamentari ne hanno anche tre e altri arrivano a quattro. Il primato spetta al Pd con 95 incarichi multipli, segue il Pdl con 34, la Lega con 27, poi Scelta civica e Sel con 10i ciascuno. Alcuni di loro stanno via via rinunciando ai doppi e tripli incarichi. Per chi somma l’incarico da parlamentare e da consigliere regionale (37, in questa legislatura: 9 del Pd, 13 del Pdl, cinque di Sel, due di Sc e due dell’Svp) la via obbligata sarebbe una sola: dimettersi. La Costituzione, all’articolo 122, vieta rigidamente la possibilità di sommare le due cariche elettive.

IL GOVERNATORE
Ieri, il governatore della Puglia, Nichi Vendola (come, prima di lui, quello del Piemonte Roberto Cota) si è dimesso: «Contro di me - denuncia - una campagna infondata». Per tutti gli altri che, invece, nicchiano dovrebbe provvedere il Parlamento a dirimere la questione. Alla Camera se ne occupa, di solito, la Giunta per il regolamento, al Senato idem, ma qui la Giunta per il Regolamento coincide con la Giunta per le immunità, che giudica sulle autorizzazioni a procedere. In tempi normali funziona così: la Giunta individua il caso e dopo un’istruttoria di trenta giorni, ne concede altrettanti all’interessato per decidere su quale incarico optare, altrimenti ne dichiara la decadenza. Solo che, stavolta, le commissioni non si possono formare perché, come si sa, manca un governo e la contestuale definizione di una maggioranza e di una minoranza, dentro il Parlamento.

SOLUZIONE PROVVISORIA
Al Senato, è una vecchia volpe come il leghista Roberto Calderoli a individuare una (provvisoria) via d’uscita. La Giunta per il Regolamento del Senato, incaricata dal presidente Grasso di dirimere proprio questo nodo, l’altra sera ha deciso di incaricare la provvisoria Giunta per le elezioni (provvisoria di suo in quanto di solito si limita solo a proclamare validi i nomi degli eletti) ad accogliere le richieste di dimissioni volontarie che verranno via via presentate da parte dei senatori, sostituendoli con i primi dei non eletti nelle liste corrispondenti. Nessun potere, però, avrà la Giunta (sei i membri) sulle le autorizzazioni a procedere, come chiedeva l’M5S, i soli a votare contro. Alla Camera si va verso una soluzione simile, su proposta del capogruppo di Sel, Gennaro Migliore: costituire (ex novo) una Giunta per le elezioni provvisoria e far ratificare ad essa le dimissioni. La Giunta per il Regolamento, richiesta di parere dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, si riunirà oggi per decidere. Naturalmente, anche in questo caso, la Giunta per le elezioni potrà solo prendere atto di dimissioni spontaneamente presentate, come nel caso di Cota e Vendola. Perché le dimissioni ci siano non resta, cioè, che affidarsi al buon cuore del parlamentare incompatibile.