Claudia Cucchiarato, il Venerdì 5/4/2013, 5 aprile 2013
BARCELLONA 1938: LA «GUERNICA» MADE IN ITALY
BARCELLONA. Sono passati esattamente 75 anni. E quest’anno, per la prima volta, la commemorazione dei più feroci bombardamenti vissuti da Barcellona durante la guerra civile si è svolta in un clima di sommessa soddisfazione. Per la prima volta, i superstiti hanno avuto qualcosa da festeggiare davanti al cinema Coliseum. Non c’è nessun monumento in quest’angolo di Passeig de Gracia, solo il ricordo dell’esplosione più rappresentativa di quelle giornate: una colonna di fumo imponente, fotografata dall’alto, che ha fatto il giro del mondo.
Il 13 febbraio del 1937 le navi e gli aerei dell’Aviazione Legionaria di Mussolini di base a Palma di Maiorca iniziarono a sganciare grappoli di bombe sulla capitale catalana. Continuarono fino al 15 gennaio del 1939. Ma furono i bombardamenti che si concentrarono nelle giornate del 16, 17 e 18 marzo del 1938 i più violenti, con almeno mille morti, migliaia di feriti e il centro storico ridotto in rovine. Il 17 marzo 150 persone morirono vicino al Coliseum, per una bomba caduta su un camion carico di esplosivo.
Erano le prove generali della Seconda Guerra Mondiale. Per l’esercito italiano fu un successo, come testimoniano i diari di Galeazze Ciano, cognato del Duce: «Queste operazioni sono per Mussolini un modo per farsi notare dai nazisti», scriveva nel 1938. In totale i caccia-bombardieri Savoia-Marchetti 79 hanno distrutto circa 1.800 edifici civili. Moltissimi nel quartiere marinaio della Barceloneta. Qui viveva Anna Raya. Oggi ha 84 anni, ne aveva 8 quando è stata fatta esplodere la sua scuola. «Avevamo tanta paura, all’improvviso tutto era fumo e calcinacci». Anna è uno dei pochi bambini sopravvissuti quel primo di ottobre del 1937. Sulla sua testa sono ancora visibili le cicatrici. E un sorriso si apre sul suo volto di anziana arzilla, oggi che su quella storia si sta finalmente indagando.
Decine di superstiti ricordano con orrore le sirene e gli scoppi. Tra questi c’è anche il famoso scrittore Juan Goytisolo, che perse la madre in uno dei 1.908 attacchi aerei realizzati dai fascisti sulla sua città. È lui il più illustre sostenitore di un’iniziativa legale che portano avanti alcuni italiani residenti a Barcellona e che ha aperto una breccia nel silenzio della giustizia spagnola sui fatti di quel periodo. Infatti, mentre la Germania negli anni 90 ha risarcito e chiesto scusa alla popolazione basca di Guernica per i brutali e noti (grazie al famoso quadro di Picasso) bombardamenti della primavera del 1937, lo Stato italiano non ha mai riconosciuto le responsabilità nelle vicende catalane.
«È stata una mostra dal titolo Quando piovevano bombe allestita nel 2007 a farci aprire gli occhi», racconta Marcello Belotti, dell’associazione AltraItalia. «Io sono laureata in Storia e non ne sapevo nulla», dice Ida Mauro, che con le lacrime agli occhi riporta la testimonianza della vicina di sua suocera, una signora di 85 anni del quartiere Poble Sec, tra i principali bersagli dell’aviazione legionaria italiana perché vicino al porto: «Dopo aver sopportato due anni di bombardamenti, per i barcellonesi tutto era diventato accettabile. Questo concetto riassume la responsabilità dell’Italia non solo sulle sorti della guerra civile, ma anche sul grado di sottomissione della popolazione a una dittatura che durò 40 anni».
Ci sono voluti tre anni e mezzo di lavoro volontario, concerti benefici e la collaborazione di avvocati, storici e ricercatori per arrivare a presentare una denuncia contro lo Stato italiano, il 2 giugno 2011. L’Audiencia Nacional di Madrid si dichiarò incompetente, ma l’anno successivo la stessa denuncia veniva presentata all’Audiencia Provinicial di Barcellona. Dopo un primo rifiuto per «difetto di forma» e per "«buon senso» (le probabilità che siano ancora in vita le persone che ordinarono o portarono a termine i bombardamenti sono scarsissime), gli avvocati di AltraItalia, Newton Bozzi e Jaume Asens, hanno presentato ricorso. E hanno vinto. A fine gennaio i giudici della corte d’appello emettevano un’ordinanza storica, accettando per la prima volta di indagare.
«Siamo riusciti a ottenere qualcosa che era stato negato allo stesso Baltasar Garzón», sorride Bozzi. Il famoso giudice spagnolo era stato bloccato dal Tribunale di Madrid per aver tentato un processo per crimini contro l’umanità del regime franchista. AltraItalia è riuscita a far passare la propria denuncia perché non è rivolta agli attori della guerra civile, protetti dalla legge di amnistia del 1977, ma contro gli aviatori italiani. «In questo decreto si ribadiscono i concetti di giustizia universale e legislazione internazionale», sottolinea il professor Guido Ramellini, tra i principali animatori dell’azione legale di AltraItalia.
Il via libera alle indagini non garantisce la celebrazione di un processo. Il Ministero della Difesa italiano dovrà collaborare nell’identificazione dei 21 aviatori che parteciparono nei bombardamenti del marzo 1938. Di alcuni si conoscono i dati anagrafici e si sa che sono morti. «È il caso del generale Paolo Moci, deceduto nel 2002, un personaggio che si è saputo riciclare molto bene, è stato addirittura decorato da Ciampi e ha gestito per anni l’aeroporto di Linate, deviando gli aerei che disturbavano la costruzione di Milano 2, progetto di un signore che poi sarebbe diventato Presidente del Consiglio» racconta Ramellini.
Anche il generale Alberto Lauchard o il capitano Aldo Quarantotti sono noti agli storici. Il primo appare con Moci nel documentario Obiettivo: Barcellona del regista catalano Xavier Juncosa. Il secondo sarebbe rimasto fedele al Fascismo e morto in combattimento nel 1942. Di molti altri però si conoscono solo i cognomi o i nomi di battaglia: capitano Gioia, colonnello Rossagnigo, maggiore La Manna, tenente colonnello Gostoli... Le probabilità di trovarne almeno uno ancora in vita sono esigue.
«Non vogliamo risarcimenti economici, chiediamo solo la possibilità di porre rimedio a uno degli eventi più vergognosi e ignoti della nostra storia recente», insiste Belotti. «Si tratta di un atto di normalità: sarebbe normale che l’Italia chiedesse scusa», dice Ramellini. L’associazione AltraItalia sa che sarà difficile portare un aviatore sopravvissuto davanti ai giudici catalani. «Ma ci riteniamo soddisfatti per aver almeno riaperto il dibattito», confessano. In effetti, il dibattito si è acceso: decine di articoli sono apparsi nel giornali spagnoli, il Comune di Barcellona e la Catalogna stanno decidendo se costituirsi parte civile e alla commemorazione di quest’anno si sono radunate molte più persone del solito.
Il tempo stringe e la giustizia fa il suo lento corso. Tra indagini e accertamenti, potrebbero passare altri anni e alcuni si chiedono se valga la pena spendere soldi pubblici per scavare in un passato scomodo, in un momento di grave crisi economica. Mauro, Belotti, Bozzi e Ramellini, oltre ad Anna Raya e alle decine di sopravvissuti o famigliari delle vittime di quei bombardamenti che hanno espresso il proprio riconoscimento ad AltraItalia, non hanno dubbi: «Abbiamo il diritto di sapere e la giustizia ha il dovere di indagare».
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