Alessandro Sarcinelli, Linkiesta 9/4/2013, 9 aprile 2013
PER LAVARE IL DENARO NIENTE È MEGLIO DI UNA SALA SLOT
Nella sala buia e piena di fumo sono rimasti in due: 25 anni, lineamenti slavi e accento albanese il primo; 70 anni italiano, tuta sgualcita e scarpe da ginnastica l’altro. Introducono la moneta e schiacciano il tasto Start della slot-machine. Ogni 10 minuti cambiano una banconota da 20 euro, l’ennesima della serata, l’ennesima che finirà nelle tasche della criminalità organizzata.
Secondo un dossier di Libera, infatti, 41 clan si spartiscono il racket del gioco d’azzardo, dal Piemonte alla Sicilia con poche Regioni immuni. “L’obiettivo è come sempre il riciclaggio: immettere in un mercato lecito denaro sporco” spiega Ranieri Razzante, presidente dell’AIRA (Associazione italiana Responsabili Antiriciclaggio).
Oltre al riciclaggio i reati più contestati sono l’usura e l’evasione fiscale, ottenuta tramite lo scollegamento delle macchinette e la clonazione delle schede elettroniche.
Le mafie entrano nel circuito legale del gioco d’azzardo e risulta difficile distinguere le iniziative imprenditoriali oneste da quelle criminali; una difficoltà sottolineata anche in un documento della Commissione Parlamentare Antimafia: ”l’organizzazione mafiosa sta cambiando volto: si sta strutturando sotto forma di impresa con connotati di “normalità”.
La faccia pulita della criminalità è un ottimo strumento per introdursi nella filiera del gioco d’azzardo a tutti i livelli: a valle penetrando in sale gioco già funzionanti con la complicità degli esercenti; a monte, comprando quote del pacchetto azionario dei concessionari, imprese private che, per conto dell’AAMS (Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato), gestiscono l’intero gioco d’azzardo in Italia; sulle responsabilità delle infiltrazioni nei concessionari gli esperti hanno pareri discordanti: se Razzante è convinto che avvengano per lo più all’insaputa dei concessionari stessi, diverso è il parere della Direzione Nazionale Antimafia secondo la quale “c’è da chiedersi come l’AAMS abbia permesso che lo Stato italiano diventasse partner di gruppi così poco trasparenti”. Nel 2012 il Parlamento tentò di porre un freno alle infiltrazioni mafiose: venne proposto che per aprire una sala slot fosse necessario una certificazione antimafia fino al 3° grado di parentela; tuttavia la legge non venne mai approvata.
IL RICICLAGGIO E IL CASO DI COLOGNO MONZESE
Il meccanismo alla base di queste “lavanderie di denaro sporco” è semplice: l’obiettivo di uno spacciatore è liberarsi il prima possibile del denaro ottenuto vendendo stupefacenti; lo porta quindi in contanti alla sala gioco di riferimento e con questo verranno pagate le vincite al banco. Inoltre, dal momento che statisticamente il banco vince più spesso del giocatore, nelle casse entrerà molto denaro, a tutti gli effetti frutto di un’attività legale. I teatri di questi spettacoli sono soprattutto le periferie delle grandi metropoli dove i controlli delle forze dell’ordine sono più sporadici.
A Milano ad esempio le sale slot autorizzate sono 112: molte di queste non rispettano gli orari di chiusura affissi e non chiedono i documenti ai giocatori, procedura obbligatoria per legge. “Molto presto dedicheremo un mese alla lotta contro le sale-slot. Faremo dei controlli a tappeto per disincentivare le pratiche illegali, un po’ come hanno fatto a Cortina sull’evasione” ha proposto David Gentili, Presidente della Commissione Antimafia del Comune di Milano; ma ha poi ammesso che “le singole amministrazioni locali hanno pochissimi poteri, non possono neanche decidere dove dislocare le sale”.
Proprio nell’hinterland milanese si è registrata una dura lotta tra istituzioni e malavita: a Cologno Monzese, periferia nord di Milano, sono attualmente attive 3 sale. Da anni il sindaco di centro-sinistra, Mario Soldano, sta usando tutti i mezzi a sua disposizione per combattere questi esercizi: ”Le sale slot sono all’interno di una zona d’ombra delle attività imprenditoriali. Si concentrano persone di ambienti poco raccomandabili, può essere testimoniato dalla polizia locale”.
Tuttavia non ha prove schiaccianti per denunciarle. Sembrerebbe un caso come tanti altri, ma la storia è più complessa e racconta di infiltrazioni nella politica locale: alle comunali del 2009, infatti, Leonardo Valle, boss del clan Valle-Lampada, si candidò nella lista dei Riformisti in appoggio allo stesso Mario Soldano. Il sindaco prese subito le distanze e alla fine Valle non fu eletto per cui il tentativo andò a vuoto. Non si sentì più parlare di lui per oltre due anni fino a che, in un filone dell’operazione Crimine-Infinito, fu condannato per associazione mafiosa e al suo clan furono sequestrate 347 tra slot-machines e videopoker installati in 92 locali di Milano e provincia. In un’intercettazione un affiliato confessò che con il gioco d’azzardo guadagnava un milione di euro al mese.
Nell’ambito dello stessa operazione scattarono le manette anche per i cugini Giglio: Vincenzo, medico di Reggio Calabria, per aver appoggiato la campagna elettorale dello stesso Valle e Giuseppe, giudice di “Magistratura democratica”, per corruzione e favoreggiamento a un altro esponente dello stesso clan. Ora Valle è in carcere, Soldano invece continua la sua battaglia contro le sale gioco.
SCHEDE TAROCCATE
Oltre al riciclaggio l’altro grande business della criminalità organizzata è l’evasione fiscale. Secondo il dossier di Libera del 2012 per 25 miliardi di euro raccolti nelle gettoniere delle new slot ne corrisponde una cifra simile che sfugge alla registrazione.
Per eludere il fisco, i boss usano due metodi: lo scollegamento delle macchinette e il taroccamento delle schede; operazioni tutt’altro che semplici dato l’alto avanzamento tecnologico delle slot-machines. Inoltre l’iter di controlli dalla costruzione all’attivazione sembrerebbe privo di crepe come spiega Francesco Spagnolo dell’ACMI (Associazione nazionale costruttori macchine da intrattenimento): ”Quando la smart card viene inserita nella macchina solo il concessionario e i Monopoli di stato sono in grado di leggerla. Se la stacco, il gioco smette immediatamente e parte una segnalazione”.
Quindi le macchine non collegate presenti nelle sale non possono che essere di provenienza illecita fin dalla nascita.
Se scollegare una slot è complicato, clonare una scheda sembrerebbe un’impresa quasi impossibile: “servirebbe il collegamento di tutti i computer d’Europa” afferma lo stesso Spagnolo. Tuttavia la criminalità organizzata è riuscita ad entrare anche nel microchip delle schede di ultima generazione. Per farlo ha ingaggiato professionisti di altissimo livello con stipendi fuori mercato. “La Mafia si è evoluta: non è più quella del bracciante agricolo Toto Riina- osserva Razzante- anche se l’Antimafia ha raggiunto livelli di avanguardia, la criminalità è sempre un passo avanti”.
Infine le sale vengono usate come punti logistici per far sentire la presenza dei clan sui territori. Si controllano gli altri esercizi commerciali del quartiere e si tengono d’occhio i movimenti della polizia. Forse non è un caso che in diversi quartieri milanesi, le prostitute si offrano sui marciapiedi proprio in corrispondenza delle sale slot. A tarda notte poi, quando il lavoro è finito, anche loro tentano la fortuna con una puntata a un video-poker.