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 2013  aprile 09 Martedì calendario

DAL PARRUCCHIERE AI TANK. RITRATTI DI UNA SIGNORA - 1

La figlia del droghiere
In questi tempi di marketing populista c’è chi se la inventerebbe, una famiglia così. Il padre Alfred e la madre Beatrice in ghingheri, la sorella Muriel impettita. Margaret la predestinata: abiti accollati, capelli biondo discreto, sensible shoes ai piedi: scarpe sensate, adatte a una donna che lavora e corre. Maggie non veniva dalle public schools che per secoli avevano sfornato (e continuano a sfornare) primi ministri inglesi. A Oxford è arrivata dalla grammar school, perché era brava e ambiziosa. Chimica, poi diritto, poi politica. Due sconfitte elettorali, per cominciare. Ma Mrs. Roberts-Thatcher non ha mollato: figuriamoci.


2
I capelli come metafora
Una permanente marmorea: un modo di sfidare il vento, il tempo e gli avversari. Una metafora tricologica che ha lasciato subito il segno. Gli elettori britannici hanno capito che la prima donna a Downing Street era, appunto, una donna: con la determinazione, l’intuizione e — perché no — i vezzi di una femmina. Disse di lei Mitterrand: ha la bocca di Marilyn e gli occhi di Caligola. L’ubiqua borsetta non era un accessorio, ma un’arma impropria. Un monito ambulante per collaboratori e sottoposti.
To handbag, «sborsettare». Un neologismo che Maggie Thatcher non ha coniato, ma di cui andava fiera.


3 Basta code
Chiunque ha conosciuto la Gran Bretagna negli anni 70 sa perché Margaret Thatcher ha vinto le elezioni per i tories, nel 1979: perché il laburismo non funzionava. Code, disoccupazione, miseria, tagli di corrente. Non bastano i Pink Floyd, quando si spengono i macchinari negli ospedali. Gli inglesi sono rivoluzionari che si spacciano per conservatori (noi italiani, viceversa). Non hanno paura di cambiare tutto, fingendo di non voler cambiare niente. Una donna antipatica che parlava chiaro dopo tanti uomini gradevoli che parlavano bene (Wilson, Callaghan, Heath). Proviamo, si sono detti.


4
Una guerra eroica
È difficile capire perché i leader entrano in guerra: incoscienza, orgoglio, onore, calcolo elettorale. Le Falkland — geograficamente distanti — erano emotivamente vicine agli inglesi: l’avamposto di un impero ceduto, il ricordo della grandezza. L’invasione da parte di una dittatura era insopportabile. Difenderle, nel 1982, era assurdo ed eroico: due aggettivi che eccitavano Margaret Thatcher. Un modo di preparare la nazione alla guerra vera: quella per la modernità, combattuta invece a malincuore. Eppure vinta, perché a condurla c’era una donna capace di sbucare da un carro armato con un foulard in testa, per timore di rovinare la messa in piega.


5 Carbone e romanticismo
La grande, spietata intuizione di Margaret Thatcher? La Gran Bretagna non aveva bisogno di tranquillità: sarebbe stata convertita in una sorta di languida decadenza. La Gran Bretagna, negli anni 80, aveva bisogno di traumi. Dura spiegare ai minatori dello Yorkshire — gente ammirevole e solidale — che l’industria del carbone era decotta, e il romanticismo sindacale avrebbe solo prolungato l’agonia. Mrs. Thatcher l’ha capito e ha agito di conseguenza. Risultato: odiata dalla cronaca, promossa dalla Storia. Il Nord dell’Inghilterra s’è rimboccato le maniche, mostrando la determinazione che aveva stupito il mondo per due secoli. Fossimo capaci di fare lo stesso, con l’Italia del Sud.


6 Il ballo con Ron
Una coppia di fatto: questo erano Maggie e Ron. Due leader improbabili — la figlia di un droghiere, un attore mediocre — capaci di sostenersi a vicenda. Cos’avevano in comune? La capacità di andare al cuore dei problemi. Avevano poche idee? Forse. Ma alcune erano le idee giuste. Chiamare il bluff del comunismo (Reagan). Sculacciare il mondo libero, ricordandogli i suoi doveri (Thatcher). Difendere il capitalismo dai capitalisti (Reagan e Thatcher). Mikhail Gorbaciov capì subito con chi aveva a che fare: due avversari cinici e ingenui, improbabili e unici. Ed erano toccati in sorte proprio a lui.


7 La vista lunga
Margaret Thatcher ha visto lontano: sulle difficoltà europee, che ha contribuito a creare; sulle potenzialità britanniche, che ha saputo risvegliare; sui limiti del libero mercato che, da liberista, vedeva. Il sabotaggio del partito, nel 1990, le ha risparmiato il declino politico: se n’è andata con un botto, com’era arrivata. Sconfitta dal partito, non dagli elettori. There Is No Alternative, disse un giorno. E quell’acronimo — Tina — diventò un marchio e un soprannome. Disse anche: the lady’s not for turning, la signora non cambia strada. Un motto degno della regina Elisabetta — coetanea e inevitabilmente rivale. Due primedonne, sullo stesso palcoscenico, non possono stare. Ma possono brillare entrambe, a turno, prima di entrare appaiate nella Storia.


8 Lo sguardo vuoto
Il marmo della permanente aveva soltanto mutato colore. Le perle al collo erano le stesse. I tailleur improbabili, indossati come corazze, non erano cambiati. Era cambiato lo sguardo: vuoto. Maggie Thatcher resisteva, malata: ma era solo un contenitore. Il film «The Iron Lady», nel 2011, ha documentato impietosamente tutto questo: ecco dove finiscono le ambizioni degli uomini e la gloria del mondo. Ambizioni e gloria che, a Maggie Thatcher, non sono mancate. Non ha lasciato eredi. Solo avversari inadeguati e pallidi imitatori, che in queste ore parlano di una donna che non capiscono, figlia di una terra che non conoscono.
Beppe Severgnini