Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 06 Sabato calendario

«IO ROVINATO DA AMANDA KNOX E LEI ORA SE LA GODE NEGLI USA»

Alla fine, dalla bocca di Amanda, uscì quel no­me: Patrick Lumumba. I presenti tirarono un sospiro di sollievo. Nella stanza c’era­no avvocati, giudici, poliziotti. E a tutti la «confessione» di Amanda parve una «liberazio­ne». Del resto quel giovanotto dalla pelle nera aveva il physi­que du rôle del perfetto «colpevole». Meglio ancora se «assas­sino». Un «mostro» da sforna­re caldo caldo sulla graticola delle prime pagine dei giorna­li. Giornali che in quei giorni di fine 2007 spandevano bra­ce sul giallo della studentessa inglese massacrata a Perugia. La vittima: Meredith Kercher; gli «amici» di lei: Raffaele Sol­lecito e Amanda Knox; il balor­do del gruppo: Rudy Guede. Mancava solo la «figurina» più ricercata: il killer sanguinario, meglio se di colore. L’identikit di Lumumba, il ba­rista congolese arrivato nel no­stro Paese in cerca di fortuna. Amanda, l’americana di buona famiglia, non ebbe dubbi: il colpevole? «Lumumba». La po­lizia lo arrestò e chiuse in carce­re per due settimane. «Ripete­vo che con quel delitto non c’en­travo nulla, ma nessuno mi cre­deva», si tormenta a sei anni di distanza da quell’incubo. Non parla volentieri coi giornalisti, si limita a uno sfogo: «Nessuno in Italia mi ha mai chiesto scu­sa...». Eppure lui davvero «non c’entrava nulla»: «innocente», come dicono al bar dello sport; «estraneo ai fatti» come dicono al bar del tribunale. «A salvarmi -ricorda- non fu certo il ravvedimento degli inquirenti, ma la te­stimonianza di un cliente del mio pub che testimoniò di esse­re stato con me nell’ora in cui Meredith veniva accoltellata». Per quella falsa accusa contro di lui, Amanda è stata condan­nata per calunnia a 3 anni. Ma­gra soddisfazione per Lumum­ba che, dopo la sua disavventu­ra giudiziaria, con l’Italia chiu­se definitivamente. Si trasferì in Polonia dove ha ritrovato una sua serenità grazie all’amo­re della moglie e dei figli. C’è chi dice ora Lumumba sbarchi il lu­nario facendo il dj, chi che ab­bia aperto un nuovo pub come quello che aveva a Perugia quando finì dietro le sbarre. Lui non conferma né smentisce: «La mia vita interessa solo me e la mia famiglia». Un «fanta­sma», Lumumba, cui neppure la sentenza della Cassazione che ha annullato l’assoluzione di Amanda riesce a dare corpo. Silenzio. Oblio. Rotto solo dal­l’eco di qualche frase sprezzan­te, tornata oggi più attuale che mai: «Amanda è una grande attrice... mi accusò sapendo di mentire... una vendetta solo perché tra me e lei c’era stato qualche screzio...». Amanda da­va una mano saltuariamente nel pub Le Chic gestito da Lu­mumba, ma invece di lavorare passava tutto il tempo a chiac­chierare con i clienti. Lumum­ba si «permise» di farglielo nota­re, e lei, Amanda, pensò bene di fargliela pagare nel peggiore dei modi. Accusandolo di esse­re un assassino. Quindici gior­ni in galera, poi il prosciogli­mento. «Benché fossi uscito pu­lito dalla vicenda- dichiarò Lumumba al Daily Mail - i clienti non venivano più nel mio pub. Ho dovuto chiudere il loca­le, licenziare il persona­le. Senza lavoro e malvi­sto da tutti». Costretto a fuggire dall’Italia. Lu­mumba ha seguito, con sconcerto, l’alternanza delle sorti giudiziarie della sua calunniatri­ce: prima con­dannata a 25 an­ni, poi assolta, ora di nuovo sottoposta a processo. Ha le idee chiare Lumumba: «Amanda è negli Stati Uniti e lì rimarrà per sempre...». Per lei ingenti guadagni grazie a un li­bro che racconta la sua «storia» e alla tante ospitate televisive dove, più che Meredith, la vitti­ma sembra essere proprio lei, Amanda. Il cliché a prova di audience è sempre lo stesso: Amanda che piange perché i giudici italiani continuano a perseguitarla...». Per Lumumba nient’altro che le «lacrime di coccodrillo di un’attrice fantastica...».