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 2013  aprile 06 Sabato calendario

L’EUROPA HA UN PROBLEMA: DEUTSCHE BANK

Se domani la sede legale di Unicredit o di Intesa­ Sanpaolo o persino di Mps dovessero per magia es­sere spostate a Francoforte, il valore delle rispettive azioni salirebbe in un istante. Per il solo fatto di abbracciare i rego­lamenti creditizi della grande Germania. Se, al contrario, Deutsche Bank dovesse traslo­care baracca e burattini a Mila­no, sarebbero guai seri, per la prima banca europea. In po­chi oggi mettono in discussione la solidità del siste­ma creditizio tedesco. Eppure se c’è un rischio per l’Europa sono proprio le banche della Signora Merkel. Che godono di immeritata reputazione. Intanto qualche numero. Delle circa duemila banche tedesche solo due di una certa dimensione sono private: Db e Commerz. Più di 1.100 sono banche cooperative, 450 sono casse di risparmio comunali e 10 casse di ri­sparmio statali. Il sistema bancario teutonico è sostanzialmente pubbli­co. E le due reginette private sono davvero mal conciate.
Deutsche Bank è stata investita da uno scandalo da far tremare i polsi. Negli anni della crisi, hanno confes­sato due suoi ex dipendenti, la filiale Usa avrebbe nascosto 12 miliardi di perdite in derivati. Per farla sempli­ce, ogni banca deve dare un prezzo di mercato ai suoi investimenti, la Deut­sche non l’avrebbe fatto. Grazie a questo escamotage, non ha fatto que­gli aumenti di capitale che tutte le al­tre banche europee hanno invece do­vuto faticosamente chiedere al mer­cato. La storia di Commerz è ancora peggiore. Un quarto del suo capitale è oggi ancora in mano allo Stato. Ne­gli anni della crisi finanziaria si è bec­cata (tra azioni in mano al Tesoro e Tremonti Bond alla tedesca) circa 35 miliardi di iniezione di quattrini pub­blici: il doppio di quanto richiesto dal default cipriota e 5 volte la sua capitalizzazione di Borsa. I tede­schi a metà del 2008 costrui­rono un Fondo (Soffin) per aiutare le banche in stato fallimentare che aveva una potenza di fuo­co di 480 miliardi (un quarto del Pil italiano). Fondo che ha prestato quat­trini e comprato azioni a più non posso (la citata Commerzbank, ma anche WestLb, Hypo Real Estate e Aarel bank solo per citare le più grosse). Stiamo parlando di un Pae­se che gode di una grande reputazio­ne di solidità, ma che ha un sistema bancario sostanzialmente pubblico e praticamente incasinatissimo. Uno dei grandi manager di Unicre­dit ci ha confessato: «Ma secondo lei perché nel 2005 riuscimmo a com­prare Hvb? Semplice: era in stato comatoso. Erano allora di moda le ope­razioni “cross border” e i tedeschi si volevano liberare di una zavorra».
Ci sono quattro motivi per i quali le banche tedesche sembrano, a di­spetto della realtà, così solide. E si devono tutti alla loro grande influenza sulle Autorità di regolamentazione bancaria europea. 1. La banca ha bisogno di capitale per vivere. Ma le metodologie di calcolo cambiano da Paese a Pa­ese. Un euro di mutuo in Italia assorbe ad esem­pio (cioè si brucia contabilmente) più capitale di quanto faccia in Germania. In­somma da noi il mestiere della ban­ca è più difficile che in Germania so­lo per un regolamento più duro. 2. Si continua a spacciare un nume­retto (il core capital di gruppo) come magico: più alto è, più si è in forma. Ma come dimostra il caso di Deut­sche bank in America le medie sono fallaci. Se Db Germania ha 10 e Ame­rica ha 4, si può fingere di avere un rapporto di 7. Ma è falso. Gli america­ni pretendono che la controllata te­desca a New York si ricapitalizzi, nonostante la casa madre stia in forma. È quanto successo a Unicredit che ha dovuto fare aumenti di capitale per l’Italia, nonostante la sua buona condizione in Germania. Per Medio­banca Securities questo problema in Europa ammonta a più di 100 miliardi di capitale mancante nelle capogruppo (deficit che non riguarda le banche italiane).
3. Le banche pubbliche tedesche (cioè la larga maggioranza) si finan­ziano a tassi statali di tripla AAA. Un tempo perché direttamente control­late proprio dai loro enti locali. Oggi perché finanziate dalla loro Cassa depositi e prestiti, che gode di un’ot­tima pagella. Insomma, la loro natu­ra pubblicistica le mette in concor­renza sleale, ad esempio, con le no­stre banche private che debbono an­dare a cercare i soldi sul mercato e non dalla nostra Cdp.
4. È inspiegabile come mai Deut­sche Bank sia la banca europea più grande e, al tempo stesso, la più lon­tana dal soddisfare i criteri patrimo­niali di Basilea 3. Non solo la lobby bancaria tedesca ha modificato nel proprio interesse tali criteri (rimuo­vendo ad esempio la leva finanzia­ria dai requisiti patrimoniali e man­tenendo così la propensione anglo­sassone a fare i bilanci con i deriva­ti), ma resta anche il Paese più in ri­tardo nell’adeguarsi a una tabella di marcia che gli istituti italiani già ri­spettano grazie a costosi aumenti di capitale.