Lucilla Incorvati, Il Sole 24 Ore 7/4/2013, 7 aprile 2013
QUANTO VALE LA LEZIONE INGLESE
Massima tutela del cliente e totale trasparenza sui costi pagati per il servizio ricevuto. È l’obiettivo della Rdr (Retail distribution review), la normativa che da gennaio ha rivoluzionato la distribuzione finanziaria nel Regno Unito. Le nuove regole hanno permesso di passare da un regime di collocamento/consulenza a uno esclusivamente di consulenza e consentito l’autoqualificazione degli addetti con l’imposizione di specifici criteri professionali e di indicazione del perimetro di attività (competenza su tutti i prodotti possibili o solo su alcuni). Hanno vietato a chi consiglia servizi di investimento (sia gli Ifa, i consulenti indipendenti sia i tied, i nostri promotori e/o private banker) a tutti i livelli di percepire retrocessioni dalle case prodotto: è solo il cliente che paga una commissione (annuale e/o a tempo) al consulente (o alla banca alla quale il tied è legato).
A tre mesi dall’avvio ci sono le prime evidenze: solo il 65% degli advisor si qualifica indipendente, chi non ha i requisiti abbandona l’attività. «Se il modello incontra il favore dei regulator, dal lato cliente non sempre è lo stesso – spiega Maurizio Grigolo, partner di Ernst&Young – perché il divario tra quanto è disposto a pagare il cliente rispetto a quanto chiede l’advisor ad esempio per la consulenza a ora è elevato (35/50 sterline contro una richiesta di 100/200 sterline). E chi ha asset sotto le 50mila sterline va sul canale online, magari acquistando Etf, oppure sui conti di deposito. Degli affluent solo il 32% sembra disposto a pagare per una consulenza continuativa, mentre nella maggioranza dei casi chi ha almeno 500mila sterline ne riconosce il valore». Insomma, nel Regno Unito la consulenza continuativa sembra trovare ampio riscontro solo tra la clientela molto ricca. Questo non toglie, però, che anche chi ha risparmi più contenuti può rivolgersi a un advisor e pagare una fee a ora, una o due volte l’anno, consapevole di ottenere un consiglio diretto solo ai suo interessi.
In Italia questo modello può farsi largo? La Mifid 2 spinge all’abolizione totale degli inducement (sono consentiti quando si fa l’interesse del cliente in chi associa al servizio di consulenza negoziazione/collocamento). D’altro canto, però, non tutti riescono a sostenere economicamente un modello basato solo sulla consulenza a pagamento. «Per una ragione culturale – spiega Ragaini, ad di Banca Cesare Ponti -, perché da sempre il cliente, soprattutto chi ha grosse disponibilità, ha pensato di averla gratuitamente». «Oggi si parla di consulenza a pagamento solo quando si danno alti servizi aggiuntivi – spiega Daniele Piccolo, di Banca Albertini Syz - come quelli di monitoraggio del rischio, di ottimizzazione del portafoglio anche quotidiana e solo in architettura aperta».
La vedono positivamente gli intermediari che ci hanno creduto da subito (Credit Suisse e Ubs) sia alcune reti di promotori che ci stanno puntando. «Siamo stati gli antesignani – spiega Stefano Vecchi di Credit Suisse –. Oggi la clientela che è in regime di risparmio amministrato è tutta sotto consulenza a pagamento: nel 2012 queste fee sono state la principale fonte dei nostri ricavi». «Oltre i due terzi della clientela è in regime di consulenza a pagamento e un terzo di questi – spiega Emilio Carugati, direttore generale di Ubs – è in regime premium con servizi personalizzati di cui tiene conto la fee applicata».
Le grandi banche (Intesa Sanpaolo e UniCredit) si stanno affacciando così come alcune reti di promotori. In Fideuram su 80 miliardi di masse ben 17 sono sotto consulenza a pagamento e in Fineco, che ha lanciato il servizio tre anni fa, 5mila clienti (1,5 miliardi di masse), pagano solo fee di consulenza. «Nel 2012 c’è stata una crescita del 100% – spiega Carlo Giausa, direttore servizi di investimento – ma il servizio è rivolto solo a chi ci affida almeno 150mila euro e l’importo medio di questi contratti è oggi di 280mila euro». Una caratteristica, questa, che accomuna tutti gli intermediari: consulenza sì, ma solo per i più ricchi, anche quando ci si rivolge a un private banker o a un promotore.