Ian Campbell, La Stampa 9/4/2013, 9 aprile 2013
LA CRISI DEL PORTOGALLO E’ UN COPIONE GIA’ VISTO NEL RESTO D’ EUROPA
La Corte costituzionale del Portogallo sta facendo il suo lavoro. Ma dal punto di vista dell’Europa, la decisione di bocciare alcuni dei provvedimenti presi dal governo sulla pubblica amministrazione ha tutta l’aria del solito fallimento. Le economie europee hanno un disperato bisogno di affrontare più seriamente le cause della stagnazione. Il fatto che la Corte si sia opposta ad alcune delle misure di austerity varate dal governo ha, in primo luogo, fatto esultare gli oppositori di Pedro Passos Coelho, il primo ministro portoghese. Ma cos’erano esattamente queste misure atroci introdotte da Passos Coelho? In verità, non si trattava affatto di norme sbagliate ma, al contrario, di regole di assoluto buon senso. Quello che ha effettivamente fatto inciampare Passos Coelho è stato il tentativo di rimuovere un bonus retributivo annuale e alcune agevolazioni pensionistiche a cui avevano diritto alcuni dipendenti pubblici. Questi privilegi, che non avrebbero mai dovuto essere concessi, sfortunatamente una volta introdotti sono protetti dalla Costituzione.
Questa mini crisi, come molte altre, sarà purtroppo risolta attraverso una serie di pessimi compromessi. Le misure bocciate avrebbero fatto risparmiare al governo 1,3 miliardi di euro, circa un quinto della stretta fiscale prevista per il 2013. Nonostante i gravi problemi creati dalla crisi e le tante parole spese in merito all’austerity più rigorosa, la verità è che nella maggior parte degli Stati membri le riforme non sono state incisive. In Italia, ad esempio, le riforme del settore del lavoro sono state annacquate tanto che se si facesse lo stesso con del vino ne verrebbe certamente proibita la vendita. Dal momento che la svalutazione della moneta non è una strada percorribile per gli stati dell’Unione europea, l’unica possibilità che rimane è intraprendere una seria campagna di riforme. Il Portogallo dovrebbe riscrivere o reinterpretare la propria Costituzione, non le proprie misure di austerity. Se questi paesi vogliono rimanere nell’euro, dovranno lottare per farlo, superando gli ostacoli e non salvaguardando i privilegi.