Maria Pia Fusco, la Repubblica 9/4/2013, 9 aprile 2013
PETRI 1970
ROMA «È stato il film più facile e felice di tutta la mia carriera di produttrice. Elio era gentile e disponibile come sempre, Florinda Bolkan era di ottimo umore e Gian Maria Volonté, che a volte poteva essere terribilmente negativo, in quel periodo stava attraversando una fase positiva, era come se fossero tutti in stato di grazia. E poiché si girava quasi tutto in interni, in una casa neanche grande, si stava spesso insieme, come fosse in famiglia ». Marina Cicogna ricorda volentieri la lavorazione di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto,
il film di Elio Petri che ha prodotto e che da ieri è tornato in sala per tre giorni con la Lucky Red in una versione restaurata.
«La sceneggiatura di Ugo Pirro era precisa e molto ben strutturata, solo il finale era incerto, ne girammo tre versioni diverse, poi fu scelta quella con Volonté che abbassa le tapparelle di casa in attesa degli inquirenti, mentre c’è la citazione da Kafka. E comunque Elio
era sempre disponibile alle improvvisazioni. Nella sequenza in cui Volonté e Bolkan, il commissario e Augusta Terzi, sono in macchina le battute con cui lei lo incita a mostrare il suo potere — “Passa con il rosso!”, “Non ti fermare allo stop!”, “Fagli vedere chi sei” — sono di Florinda. I toni drammatici, anche cupi, della storia che raccontavamo non ci sfioravano. Una volta facemmo uno scherzo alla segretaria di edizione, Armenia Balducci, all’epoca compagna di Gian Maria: il letto di Adriana Terzi aveva lenzuola nere, noi cambiammo i cuscini, li mettemmo bianchi per vedere come avrebbe reagito quando se ne fosse accorta. Insomma si era creata un’atmosfera piuttosto goliardica».
Nessuno, durante le riprese, si aspettava che il film, uscito a gennaio del ’70, avrebbe scatenato un dibattito politico così violento. «Piazza Fontana e gli eventi che seguirono accaddero dopo che il film era stato fatto, non pensavamo di fare un film di denuncia o politico, il desiderio di Elio era un film sulla polizia. E poi non tutti eravamo allineati politicamente», dice la Cicogna. E se Pirro in quel periodo dichiarò di temere il carcere, lei rimase molto stupita «quando facemmo una prima proiezione e Gian Luigi Rondi ci disse “Ma siete matti, finirete in galera”. In realtà non mi sono mai sentita minacciata, mi faceva ridere che potessero arrestarmi per un film. Ma forse ero anche incosciente».
Con la stessa incoscienza fu accolta la notizia delle candidature all’Oscar. «Pensavamo di aver fatto un buon film, non un capolavoro e all’Oscar non ci credevamo per niente, anche perché a Cannes aveva vinto solo il Gran Premio della giuria. Poi, come spesso succede, l’anno seguente assegnarono la Palma d’oro a Petri per
La classe operaia va in paradiso — quello è stato il film per me più difficile, Elio e Gian Maria si scontravano ogni giorno, volavano coltelli — che secondo me meritava meno di Indagine.
Perciò nessuno di noi andò a Los Angeles. L’Oscar fu ritirato da Leslie Caron, non c’ent rava niente con il film, ma per gli americani bastava che fosse un’attrice europea: allora italiani, francesi, tedeschi erano la stessa cosa». Secondo Marina Cicogna che fu sua amica e collaboratrice, «Elio Petri è uno dei registi che dopo la sua morte l’ambiente del cinema ha ingiustamente dimenticato, come ha dimenticato Florinda, che ha partecipato alla stagione italiana più bella, perciò sono molto contenta del ritorno di Indagine.
Di tutti i registi, De Sica a parte, Elio era quello che aveva più talento nell’uso della macchina da presa.
Indagine è stato girato in uno spazio ristretto, eppure, con l’aiuto del direttore della fotografia Kuveiller, le riprese sono morbide, movimentate. Forse Elio sarebbe diventato più famoso se avesse spaziato di più, e non si fosse legato troppo al cinema politico. Ho smesso di lavorare con lui quando fece Todo modo».
Eppure anche lei è legata a titoli in qualche modo politici. «Ma io sceglievo le storie non per il cosiddetto messaggio politico ma perché mi sembravano storie sia pure italiane ma rivolte a un pubblico internazionale. Di
Todo modo pensavo che fuori dall’Italia nessuno lo avrebbe capito. Del resto in quegli anni ero giovane, facevo il cinema per amore del cinema, non avevo nessuna coscienza politica, me la sono formata più tardi », dice la Cicogna, che, dopo 35 film, da tempo ha lasciato la produzione. «Dopo la morte di mio fratello mi sono allontanata per un po’, quando sono tornata era cominciato il cinema delle commedie, non mi piaceva più. Ho fatto ancora qualcosa con gli americani, ma mi è passata la voglia di sottostare alle loro regole».