Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 09 Martedì calendario

IL MIX DI IGNAZIO TRA SPESE BASSE, GIOVANI, CATTOLICI E CENTRI SOCIALI

Episodio chiave delle primarie romane: Ignazio Marino diserta il dibattito organizzato dalla dalemiana fondazione «Italianieuropei» (di cui pure fa parte), poi si presenta in bicicletta all’ingresso della sala, suonando platealmente il campanello per manifestare la sua alterità e sentendosi rispondere di essere vittima di «un corto circuito neurologico». Nel mix vincente di Marino c’è soprattutto questa percezione di «alterità» rispetto alla nomenclatura del Pd. Così, mentre i candidati «forti» Gentiloni e Sassoli riempivano Roma di manifesti, anche abusivi (che ormai disgustano gli elettori), Marino sceglieva una campagna low cost: poco più di 30 mila euro e spese pubblicate on line prima del voto; agile squadra di una dozzina di militanti, per lo più giovani, nel comitato a San Lorenzo; niente dirigenti di partito; slogan popolari - «Daje!» - e civici - «Non è politica, è Roma». Manifesti? «Nessuno, perché non voglio imbrattare la città».

Profilo fluido, quello di Marino. Viene dalla società civile - chirurgo di fama - ma ha ormai una solita esperienza politica. È un «nativo» del Pd, ma con un profilo autonomo, già «oltre». Cattolico (ha scritto un libro col cardinal Martini) ma laico sui diritti civili. Distinto borghese con maglioni girocollo ed eloquio piano, ma sostenuto da pezzi di Sel, Ingroia, parte dei centri sociali. Ha diviso i «giovani turchi» del Pd (Fassina era con lui). E convinto moderati e radicali, attori radical chic e ceti popolari, pescando a piene mani nel voto di opinione, favorito dalle regole di partecipazione aperte.

Esemplari tre endorsement in suo favore: Goffredo Bettini, braccio destro in Campidoglio di Veltroni (che invece stava con Sassoli); il governatore Nicola Zingaretti (che nello stesso giorno aveva preso il 6% più di Bersani) e Stefano Rodotà, il giurista che i movimenti e una larga fetta di grillini vogliono al Quirinale.