Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 7/4/2013, 7 aprile 2013
UN’ITALIA FONDATA SU TOPOLINO
Tremila numeri fa, aveva una copertina a sfondo rosso, molto semplice, per evitare che macchine tipografiche imprecise tagliassero storti disegni complessi. La testata era gialla, due graffette univano i fogli, nel più proletario dei formati, lo “spillato”. “100 pagine, 60 lire”, Topolino numero uno appariva così, ai suoi lettori (centinaia di migliaia), nella nuova versione Mondadori. La storia della più importante testata Disney in Italia, l’unica che ha raggiunto tirature superiori a quelle del Tex della Bonelli (negli anni Novanta ha scavallato il milione settimanale) è lunga e complessa. Ha una preistoria intricata, prima il Topolino giornale a otto pagine dell’editore fiorentino Giuseppe Nerbini, nel 1932, poi la breve parentesi del ‘Topo Lino’ quando i rappresentanti della Disney americana protestano per questioni di diritti d’autore.
RISOLTI i problemi, il settimanale di Nerbini passa ad Arnoldo Mondadori e nel 1935, quando ha già 137 numeri alle spalle. Ma è soltanto nel 1949 che inizia la numerazione attuale, quando Topolino diventa il Topolino che tra poche settimane, il 22 maggio, sotto la direzione di Valentina De Poli, arriva a quota 3000. Una mostra al palazzo delle Arti a Napoli, “Magica Disney”, organizzata dal Comicon (promotore del salone locale del fumetto e raffinata casa editrice) e dalla Walt Disney Italia, racconta la storia editoriale unica nel mondo di come un business laterale per la Disney americana, il fumetto, sia diventato fenomeno di massa in Italia. Tavole originali – anche di Carl Barks, “l’uomo dei paperi” che ha sviluppato l’universo di Paperino e soprattutto di zio Paperone – gadget, memorabilia e numeri introvabili accompagnano il lettore attraverso 3000 uscite, poi la mostra, a Napoli fino al 26 maggio, girerà l’Italia, e sarà Lucca in autunno per l’annuale convention del fumetto in autunno, che è il principale appuntamento del settore. Quella di Topolino, inteso come “giornalino”, non è la storia di un fumetto per bambini. È il racconto di un Paese attraverso il suo fumetto popolare più rappresentativo. I grandi successi della Sergio Bonelli editore, da Tex a Dylan Dog, sono istantanee di un momento : Tex è un frutto dell’immaginario anni Quaranta, poi rinfrescato per reggere al passare dei decenni ma il più possibile replica di se stesso. E Dylan Dog resterà per sempre inchiodato agli anni Ottanta che l’hanno visto nascere, alle inquietudini del craxismo e del primo berlusconismo lette attraverso l’Inghilterra di Margaret Thatcher. Topolino è diverso. È il racconto di come è cambiata l’Italia: e se la scuola prepara i cittadini del domani, i giornali per ragazzi incubano le evoluzioni della coscienza nazionale. Negli anni Cinquanta e Sessanta i lettori italiani, quelli che a migliaia si riunivano nel club di Topolino, pensavano che tutte le storie fossero realizzate da Walt Disney in persona. Solo alla fine del 1968, due anni dopo la morte di Disney, la Mondadori decide di svelare il segreto: quasi tutte le storie erano in realtà già opera di grandi maestri, ma italiani, come Romano Scarpa e Giovan Battista Carpi. L’annuncio è considerato così importante (bisogna rassicurare i lettori un po’ inquieti per la presunta produzione post-mortem di Disney) che viene fatto dal direttore Mario Gentilini durante Canzonissima ‘68. Quella topolinesca è l’avventura dell’Italia: gli artigiani del disegno, pittori di provincia (come era lo stesso Gentilini), introversi sceneggiatori rassegnati all’anonimato, sono diventati così bravi da trasformarsi nell’Accademia Disney, scuola di fumetto che ha formato artisti incaricati di produrre storie esportabili all’estero, diventando la prima fonte di fumetti Disney nel mondo.
NEL 1993, l’anno in cui Topolino batte ogni record vendendo 1.070.000 copie con il numero 1965, l’Accademia Disney produce 13mila tavole. E lui, il Topo? Come è cambiato? Difficile incastrarlo in una sintesi: come le persone vere è sempre lo stesso eppure sempre diverso, nei vari momenti della sua vita. Il filosofo della scienza Giulio Giorello, in un libro appena pubblicato per Guanda con Ilaria Cozzaglio, racconta “La filosofia di Topolino”, descrivendo l’icona Disney come uno spirito libero ma non spensierato, capace di introspezione e domande metafisiche. Ma in realtà è un’analisi dedicata quasi esclusivamente alle storie di Floyd Gottfredson (che Rizzoli Lizard sta ripubblicando in eleganti volumi), quelle degli anni Trenta, nella Grande Depressione americana.
Un Topolino giovane e giovanile, avventuroso, sempre in cerca di lavoro, molto diverso da quello più assennato e pragmatico della versione italiana. Il Topolino italiano non è raccontabile come personaggio univoco e rotondo. Non è Tex o Alan Ford, è più lo specchio di un Paese, delle sue speranze e dei suoi sogni e anche, pur debitamente filtrate, delle sue angosce. In tremila numeri di Topolino c’è la storia d’Italia. Il suo passato e, vista l’età di molti lettori, il suo futuro.