Caterina Perniconi, il Fatto Quotidiano 7/4/2013, 7 aprile 2013
L’IDV E’ MORTA. ANZI, NO. FINCHE’ CI SONO I SOLDI
Dodici milioni di euro di finanziamento pubblico. Più quattro che devono ancora arrivare. Girano intorno a questo tesoretto le sorti dell’Italia dei valori. Da una parte chi vuole tenere insieme il partito (grazie a quei soldi) e dall’altra chi lo vuole “rottamare” per costruirne uno nuovo (sempre con quei soldi).
Ieri Antonio Di Pietro ha riunito i suoi in un albergo della periferia romana deciso a salvare quel che resta dell’Idv. I rottamatori, guidati (guarda caso) da un sindaco, quello di Palermo Leoluca Orlando, all’esecutivo nazionale non hanno proprio messo piede. Ma questo non è bastato a rasserenare gli animi, evitare le facce scure e l’aria da resa dei conti. Obiettivo: rimediare a un errore. Perché una delibera approvata dall’ufficio di presidenza qualche giorno fa stabiliva la chiusura del partito e l’organizzazione di primarie per eleggere la costituente di un nuovo fortunato soggetto ereditiero. L’unico astenuto era stato proprio Di Pietro. Ma anche i suoi ci hanno ripensato e per cambiare la decisione hanno allargato l’esecutivo ai segretari provinciali che di scioglimento non vogliono sentir parlare, soprattutto alla vigilia di elezioni amministrative in cui correranno dentro la coalizione del centrosinistra.
“NON SONO PIÙ dodici milioni come a fine dicembre”, ripete la tesoriera Silvana Mura in un corpo a corpo con i giornalisti. “Abbiamo pagato la campagna elettorale e ora c’è il Tfr per i dipendenti, di soldi non ne resteranno molti, e servono per l’attività politica”. Però lei non è contraria a un colpo di spugna. “Io sono per sciogliere quello che c’era e fare un nuovo soggetto. Se poi il simbolo sarà ancora quello dell’Idv, a cui sono affezionata, tanto meglio”. Ma il punto è sempre quel gruzzoletto, anche se diminuito. “Qui c’è qualcuno che non ha capito – sostiene Ignazio Messina – se l’Idv chiude, i soldi tornano allo Stato. Non è che vanno a un nuovo partito, magari con altri vertici. E ora basta parlare di soldi, occupiamoci dei progetti per il Paese”. Il messaggio è per gli assenti, da Felice Belisario a Carlo Costantini. “Se il partito deve sopravvivere per i soldi tanto meglio darli indietro subito e chiudere tutto – risponde Costantini – ai cittadini dobbiamo restituire qualcosa. O il diritto di scegliere la propria classe dirigente attraverso le primarie, o i finanziamenti”. Per ora hanno perso, ma a giugno ci riproveranno al congresso, dove Di Pietro si presenterà dimissionario. “Se Bersani fosse stato meno ingordo, noi saremmo nel centrosinistra e tutto questo casino non sarebbe successo” dice il leader Idv imputando la liquefazione del suo partito ai Democratici. Se quei quattro posti sicuri che gli garantiva Antonio Ingroia in caso di raggiungimento del quorum glieli avesse dati il Pd, oggi non sarebbe in questo albergo fuori Roma a discutere di scioglimento del partito. Con i soldi potrebbe continuare a far politica sotto a quel simbolo con la rondine che tra qualche mese rischia di sparire.