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 2013  aprile 08 Lunedì calendario

LA RETROMARCIA DEI GRILLINI NON BASTANO 2500 EURO MENSILI E BEPPE: VANNO BENE 6 MILA


Arriva il giorno in cui va in scena il Beppe Grillo che non ti aspetti. Pronto, a sorpresa, a fissare a 6 mila euro netti al mese uno stipendio equo per i parlamentari a Cinque Stelle. Pronto, soprattutto, a esigere trasparenza, senza però reclamare scontrini o ricevute anche per le famose caramelle o per un caffé. Summit con i parlamentari nel casale alle porte di Roma, venerdì scorso. «Ragazzi - dice il Fondatore - l’importante è essere presenti in Parlamento, fare il proprio lavoro onestamente e in modo trasparente. Io non ho mai eccepito sugli stipendi, ma solo sui vitalizi!». Tradotto, anche la diaria dei parlamentari è equa e non si tocca.
Riavvolgiamo il nastro. In campagna elettorale lo slogan grillino promette stipendi parlamentari da 2.500 euro al mese. Un dato reale, che non tiene però conto della diaria di 3.500 al mese. A quella - a onor del vero - i grillini non avevano mai promesso di rinunciare. Ma si erano impegnati a rendicontare ogni spesa, in nome della massima trasparenza.
Torniamo al casale della periferia romana. Alcuni deputati - «i più radicali sono i giovani, i senatori sono più riflessivi», sbuffa uno dei presenti - sollevano il problema: se le spese non raggiungono i 3500 euro, potremmo restituire la parte eccedente. Si scatena la discussione. Un paio di parlamentari si oppongono: «Ragazzi, non scherziamo! Se la mettiamo così finisce che dobbiamo portare anche gli scontrini delle gomme da masticare e dei caffè. Così non ne usciamo, diventa un lavoro. E noi un lavoro da parlamentare già l’abbiamo...». Applausi, voci che si confondono. Tocca al Capo indicare la via d’uscita, un placet alla diaria senza perdersi dietro ad eccessi contabili. E senza restituire la parte eccedente.
La questione, in realtà, è da tempo sotto la lente d’ingrandimento di un gruppo di lavoro grillino a Montecitorio e resta in bilico, visto che i più radicali continuano a invocare la scure per limitare le retribuzioni. La soluzione dovrà arrivare entro il 27 aprile, quando ai parlamentari sarà accreditato il primo stipendio. Un compromesso potrebbe obbligare tutti i “cittadini” cinquestelle a indicare i capitoli di spesa - dal cibo all’alloggio - senza indugiare sulle singole voci di spesa. E nemmeno sulle singole ricevute.
Resta invece intatto l’impegno sottoscritto in campagna elettorale sulla paga base, che per i grillini risulterà dimezzata: da 10 mila a 5 mila euro lordi al mese (circa 2500 netti). I soldi fatti risparmiare allo Stato potrebbero finire in un fondo indennità, dove i grillini più ’radicali’ vorrebbero far confluire anche la parte eccedente della diaria. Anche qui, però, il nodo non è stato ancora sciolto. Per il fisco l’autoriduzione potrebbe non contare, “gonfiando” ingiustamente il reddito dei parlamentari e mettendone a repentaglio anche alcuni benefici fiscali, come le detrazioni per chi mantiene famiglie numerose.
In attesa di sciogliere il rebus, il movimento fa i conti con l’ala più inquieta. Fra i parlamentari meno allineati c’è Fabrizio Bocchino. Il senatore sceglie Facebook per rivendicare la «dialettica» interna: «Alcuni parlamentari vorrebbero più dialogo con il centrosinistra, mentre altri vorrebbero essere più attendisti». Bocchino precisa di non fare il tifo per un’alleanza con il Pd o per una fiducia ai democratici. Ma reclama «il dialogo sull’elezione del Colle o sulla formazione di un governo a 5 stelle». Grillo, intanto, sul blog descrive uno scenario da incubo: «Una fine come la Grecia a medio termine non si può escludere».
Prima di votare per il Colle, i Cinquestelle daranno il via alla campagna di “occupazione” delle aule parlamentari. Lo faranno al termine di ogni seduta - fin da domani - per ottenere l’insediamento delle commissioni. Per rafforzare la battaglia si pensa anche a un inedito flash mob in piazza Montecitorio.