Franco Montini, la Repubblica 7/4/2013, 7 aprile 2013
MARGHERITA BUY
Nel volto e nello sguardo si mescolano un velo di malinconia e una vena di ironia. E forse proprio questo strano mix è il segreto del fascino di Margherita Buy. Un dono di natura che, abbinato a una seria preparazione professionale all´Accademia d´Arte Drammatica, le ha consentito di esprimere sentimenti e proporre personaggi autentici, anche quando sul copione apparivano solo abbozzati. La prima a sorprendersi del successo, nonostante stia per arrivare in sala il suo cinquantesimo film in ventisette anni, è proprio lei. «Ho iniziato questa carriera molto seriamente, forse anche perché cresciuta in una famiglia dove la cultura ha sempre contato molto, ma senza alcuna illusione. Convinta, anzi, che sarebbe finita male. Così, ancora adesso, mi meraviglio di ciò è accaduto e qualche volta ho perfino la tentazione di mollare, perché finora è andato tutto per il meglio, ma sotto sotto continuo ad avvertire il vago terrore che la favola possa finire da un momento all´altro».
La sua filmografia sembra sfatare la leggenda che oltre gli "anta", per le attrici in genere e per le interpreti italiane in particolare, non ci sia più spazio. «È vero» ammette la cinquantunenne vincitrice di cinque David di Donatello, «con la maturità sono arrivati i personaggi più interessanti, le cose più belle. La mia fortuna è stata quella di cominciare con un gruppo di coetanei, da Daniele Luchetti a Giuseppe Piccioni, da Sergio Rubini a Cristina e Francesca Comencini fino a Ferzan Ozpetek, con i quali non ci siamo più lasciati. Siamo cresciuti insieme e insieme abbiamo raccontato le nostre vite, le nostre esperienze». Dal prossimo 24 aprile tornerà sugli schermi accanto a Stefano Accorsi, con cui recitò Le fate ignoranti dodici anni fa, nel film di Maria Sole Tognazzi Viaggio sola. Ma curioso è soprattutto il rapporto con Sergio Rubini, il suo ex marito col quale, anche dopo il divorzio, ha continuato a frequentarsi artisticamente. Così sul set Margherita e Sergio si sono spesso ritrovati a formare, con grande naturalezza, quella coppia che nella vita reale non c´era più. Tanto che, anche nel nuovo film di Rubini Mi rifaccio vivo, presentato al Bif&st di Bari e nelle sale dal 9 maggio, ancora una volta la protagonista femminile sarà proprio la Buy. «Le emozioni provate in questo lavoro spesso sono così forti che si trasformano in ricordi personali, come se ciò che si è vissuto solo nella finzione del set fosse accaduto davvero nella vita reale. Certi personaggi ti restano dentro. Mi è capitato più volte: di recente, con Maria, la protagonista de Lo spazio bianco, che mi ha fatto scoprire realtà inedite sulla maternità, o con Elsa di Giorni e nuvole, un film quasi profetico, che ha raccontato in anticipo la crisi dei nostri giorni e mi piace pensare che abbia aiutato la gente a prepararsi alle difficoltà del momento. Amo interpretare personaggi che esistano realmente, nei quali gli spettatori, e soprattutto le spettatrici, possano riconoscersi con grande facilità. Ciò non toglie che se mi chiamasse Tim Burton per un fantasy andrei di corsa...».
Il tema della maternità ricorre molte volte nei film interpretati dalla Buy, che della sua esperienza di mamma di una figlia unica quasi dodicenne, avuta dal secondo marito, il chirurgo Renato De Angelis, dice: «Mi sento una miracolata, nel senso che mia figlia è stata la cosa più bella che mi sia accaduto di vivere. L´esperienza di madre mi ha migliorato e mi ha fatto crescere, mi ha reso più responsabile. Penso di essere stata una mamma molto apprensiva ma, seppure con fatica, credo di essere riuscita a non diventare troppo invadente. Oggi con mia figlia condivido già molte cose. Del resto ho sempre avuto un ottimo rapporto con l´universo femminile, come dimostra il fatto di aver girato molti film con registe donne. Anche sul lavoro, trovo che fra donne il rapporto sia facile perché si comunica attraverso un codice conosciuto e condiviso; non ci sono vergogne né pudori, inevitabili con i registi uomini. È accaduto di recente anche con Susanna Nicchiarelli per La scoperta dell´alba: un film particolare, emozionante, che sfugge a ogni classificazione di genere, stando a metà strada fra il fantasy e il politico, e che pretende dallo spettatore di lasciarsi andare alle emozioni. Con Susanna, fin dal primo istante, siamo state perfettamente in sintonia».
Ciò che invece a Margherita non è ancora riuscito è il tentativo di liberarsi dalla maschera di donna nevrotica, timida, scostante, ansiosa e ansiogena con cui il pubblico, a partire da Maledetto il giorno che ti ho incontrato di Verdone del 1992, l´ha identificata. Amici e conoscenti assicurano che Margherita non sia affatto così, ma intanto anche nel film Boris è stata proposta una parodia della Buy che puntava proprio su questo aspetto. «Non mi sono sentita affatto offesa anche perché, se mi volevano prendere in giro, potevano farlo ancora più ferocemente. D´altronde mi sono convinta che, almeno sullo schermo, emano qualcosa che mi sfugge e, poiché i personaggi nevrotici mi vengono bene, il pubblico pensa che io sia davvero così. Non c´è scampo, ormai mi sono rassegnata e non provo più a negare: quando mi chiedono "ma tu sei davvero così?" mi limito a sorridere».
Tuttavia qualcosa di vero deve pur esserci, perché c´è chi ricorda che nella conferenza stampa alla Mostra del Cinema di Venezia nel lontano 1986 dopo la proiezione del suo primo film, La seconda notte di Nino Bizzarri, alle domande dei giornalisti le risposte di Margherita furono poco più che monosillabi. Ma l´unica insicurezza che lei riconosce a se stessa riguarda le scelte professionali: «Certe volte non è facile accettare una proposta e ancora più difficile rifiutarla. Naturalmente conta moltissimo la presenza del regista. Da attrice mi piace essere diretta, avere la sensazione che sul set ci sia un capo che abbia ben chiara in testa la direzione che il film deve prendere. Quando ciò non accade, è il disastro. Le mie scelte non derivano quasi mai da una riflessione sul personaggio che mi viene proposto, ma dipendono da un giudizio complessivo sul film. Meglio scegliere un ruolo più piccolo e meno interessante in un film che funziona, piuttosto che avere una grande parte in un´operazione complessivamente zoppicante. Sbagliare qualche scelta è inevitabile, anch´io ho dei cadaveri nell´armadio, ma non mi pento di niente: alla fine anche i film meno riusciti, a volte, offrono occasioni di crescita professionale e umana. Per esempio ho recitato in quello che è forse il film più brutto di Mario Monicelli, Facciamo Paradiso, ma sono felice di aver avuto l´opportunità di entrare in contatto con un uomo unico e straordinario».
Il segreto di Margherita sembra essere quello di vivere il ruolo di attrice simbolo di un generazione con lievità, sobrietà, senza mai neppure sfiorare atteggiamenti da diva. Contrariamente alle attrici d´altri tempi, alle incombenze di una vita normale e a certi doveri domestici la Buy non si è mai sottratta: sebbene parzialmente nascosta sotto un cappello e con enormi occhiali da sole sul viso, anche in giornate poco luminose, è facile incontrarla in fila al supermercato sotto casa. Proprio per questo, nonostante l´infinità di riconoscimenti ricevuti, spesso portatori di velenose antipatie, Margherita non suscita sentimenti ostili neppure fra le colleghe. Lei, del resto, i vari premi ricevuti non li esibisce neppure nel salotto di casa. «Ciak d´Oro e Nastri d´Argento - racconta - sono stipati in un baule, anche perché si possono comodamente inscatolare. È un po´ più complicato con i David, che sono sparsi nelle varie stanze...». Recentemente, in un programma televisivo, ha ammesso di aver perduto una di quelle preziose statuette che si assegnano ogni anno al miglior attore italiano della stagione cinematografica. «Ma anche se faccio finta di niente non creda che io non tenga ai premi. Anzi, e lo confesso pubblicamente: intendo continuare a collezionarne».