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 2013  aprile 07 Domenica calendario

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Sul telefonino si è appena aperta una finestrella con un messaggio. "Ehi! È ora di ricontrollare il tuo livello di stress". L´ultimo check non era andato benissimo. Poggiando l´indice sulla fotocamera dello smartphone per un minuto, era emerso che in effetti "you may be experiencing some stress". Sì, un po´ stressato lo sono. E così mi era stato subito consigliata la visione di una clip di "scene verdi della natura". Seguiranno "l´onnipotenza dell´acqua" e "la foresta prende vita". Una sorta di terapia yoga fatta attraverso lo schermo dell´iPhone. L´obiettivo è arrivare rapidamente allo stadio "you are feeling balanced" e poi al nirvana dei nostri giorni: "You are in sync". Che vuol dire "sei in sintonia con mondo", ma suona come se avessi appena sincronizzato te stesso come si fa appunto con un telefonino.
Questa cosa che può apparire stravagante assai è l´ultima frontiera per combattere lo stress: si chiama Gps for the Soul, ovvero "bussola per l´anima", uno strumento per tenere sotto controllo le emozioni negative. È la app lanciata qualche settimana fa dalla giornalista-imprenditrice Arianna Huffington, direttore dell´Huffington Post Media Group: sviluppata in collaborazione con i ricercatori di Hearthmath, misura il battito cardiaco e le sue variazioni, ricavandone, con un algoritmo, il nostro indice di auspicato benessere.
La app della Huffington non è affatto isolata. Anzi, per la verità utilizzare il telefonino o un sito web come terapia antistress sembra la moda del momento. Il fenomeno si inserisce in quello che negli Stati Uniti prende il nome di self-tracking, ovvero monitoraggio di se stessi, per arrivare a un quantified-self, ovvero a un insieme di indicatori che ci aiutino a migliorare le prestazioni. Nello sport è uso comune: braccialetti o cinturini che misurino per tutto il giorno i nostri movimenti, indicando le calorie bruciate, sono gadget diffusissimi. Ma un conto è tenere traccia del movimento che facciamo, grazie a un accelerometro, tutt´altro discorso è misurare lo stress. Il battito cardiaco e le sue variazioni sono una strada possibile.
Prima della Huffington, per esempio, la app Azumio faceva (e fa) praticamente la stessa cosa. Dalla Svezia poi è arrivata Viary, una app che chiede ai pazienti in cura per la depressione di annotare quello che fanno nei vari momenti della giornata: pare che il 73 per cento di quelli che l´hanno utilizzata non fossero più depressi al termine della cura (ma stare tutto il giorno a prendere appunti non è pratico). È stato quindi il turno di Mequilibrium, una piattaforma web per il coaching psicologico online che si avvia risolvendo un test della personalità che divide il mondo in cinque categorie rispetto allo stress. Infine è notevole l´approccio del progetto Ginger.io: promosso da un gruppo di ricercatori del Mit e disponibile solo su Android, calcola il nostro livello di stress da come ci comportiamo con il nostro telefonino; e quindi, quanto rapidamente digitiamo i tasti, il tono di voce, il numero di messaggi ai quali rispondiamo. Funzionerà? Lo sapremo presto.
Intanto il progetto sulla carta più innovativo è quello di una startup tutta italiana. Si chiama Empatica, e ha alle spalle tre giovani genietti: Matteo Lai, Simone Tognetti e Maurizio Garbarino. Si sono incontrati nel 2011: Lai è un architetto cresciuto alla scuola del Senseable City Lab di Carlo Ratti, Tognetti e Garbarino avevano appena concluso un dottorato su come legare i segnali fisiologici che manda il nostro corpo alla misurazione delle emozioni. Le applicazioni di questo filone sono infinite e quasi tutte molto remunerative: ai tre ricercatori, per esempio, venne offerto di usarla per il neuromarketing e aiutare una multinazionale a vendere più detersivi. Ma loro avevano in mente un utilizzo socialmente utile. E si sono buttati sullo stress che comunque non è un mercato piccolo, visto che solo negli Stati Uniti ne soffrono 28 milioni di persone. Sono quindi partiti da studi scientifici molto seri, per arrivare alla conclusione che il nostro stress può risultare da una interpolazione di quattro dati: il battito cardiaco e la sua variazione, ma anche la conduttività della pelle e la temperatura corporea. La tecnologia per misurare questi parametri esiste, ma è in clinica o negli ospedali. Siccome i pazienti non vivono in ospedale, da qui l´idea di un braccialetto, simile a quelli che misurano le calorie perdute tanto di moda, ma che misuri lo stress e lo trasmetta al telefonino.
Il primo prototipo è stato presentato un anno fa ad Amsterdam in una grande conferenza sull´innovazione, The Next Web. Quel giorno la blogstar Robert Schoble ha chiamato sul palco Matteo Lai che gli ha passato il braccialetto. Schoble l´ha indossato e per fare lo spiritoso ha chiesto a Lai: «E quindi adesso se io ti chiedessi se tu vuoi andare nel quartiere a luci rosse tu avresti un picco di stress?». Lai fu pronto a ribattere: «Sì, ma il braccialetto ce l´hai tu e quindi sono io che te lo chiedo». Un grafico trasmise alla platea il picco di imbarazzo di Schoble e il nome di Empatica fece il giro del mondo.
Ora arriva il braccialetto vero. Si chiama E2 e al momento è destinato solo a ospedali e centri di ricerca. Ma intanto i tre ricercatori (in attesa di finanziamenti, destino comune a troppi prima di "fuggire" all´estero) hanno in corso una sperimentazione che è davvero la frontiera più estrema. Usare il braccialetto per i dipendenti delle grandi aziende, in modo da monitorare il loro livello di stress sul lavoro e, visto che lo stress è causa di malattie, suggerire percorsi alternativi. Il test è stato avviato per la validazione scientifica: dovesse funzionare, i costi sociali del lavoro sarebbero molto più bassi. Almeno si spera. C´è poi quel piccolo problemino che si chiama "privacy": è pensabile mettere un braccialetto ai dipendenti per misurarne le emozioni? No. E ancora no. Ma le frontiere della privacy si sono così spostate in questi anni che Empatica scommette che quel no possa domani diventare un sì.