Alessandra Baduel, la Repubblica 6/4/2013, 6 aprile 2013
LA MACCHINA CHE CATTURA I SOGNI “LEGGERE NELLA MENTE È POSSIBILE”
Inafferrabili e ingovernabili, ma buoni per il lotto come per lo psicoanalista, per l’amore come per la Cabala: inseguiti con ogni mezzo, i sogni restavano finora segreti. Bisognava poi ricordarseli, oppure rassegnarsi alla perdita di quel pezzo di vita che a volte sembra più reale di quella vissuta a occhi aperti. Ma l’inseguimento continua e il nuovo capitolo della caccia è l’esperimento di un gruppo di scienziati giapponesi appena pubblicato su Science. Ben lontani dalle acrobazie dei protagonisti di Inception, il film con Di Caprio centrato sulla possibilità di condividere e anche innestare sogni, arrivando a vivere più vite in un incastro di scatole cinesi dove si sogna di essere svegli e addormentarsi sognando altri eventi, i ricercatori Tomoyasu Horikawa, Masako Tamaki, Yoichi Miyawaki e Yukiyasu Kamitani dell’Advanced Telecommunications Research Institute di Kyoto annunciano però la nascita di una macchina che i sogni li pesca. Le sue capacità sono ancora grossolane: siamo alla possibilità di prendere dal cervello del sognatore una serie di immagini semplici come una sedia, un’automobile, una casa, un essere umano. Ma il risultato è ugualmente importante.
Come loro stessi scrivono, la scelta è stata quella di cercare di afferrare i sogni tramite un percorso di decodificazione neuronale nel quale una macchina arriva a vedere i contenuti attraverso il controllo dell’attività cerebrale. L’esperimento si è svolto in due parti, la prima già esplorata in passato e la seconda del tutto nuova. Tre volontari sono stati invitati a dormire ciascuno dentro una macchina per la risonanza magnetica con elettrodi applicati alla testa. Quando l’elettroencefalogramma indicava che il volontario stava sognando, veniva svegliato e invitato a raccontare.
In questo modo, precisano i ricercatori, si indagano solo le cosiddette “imagerie ipnagogiche”: quei sogni che si fanno appena addormentati o poco prima del risveglio. L’esperimento è continuato per vari giorni fino ad arrivare a circa 200 risvegli con relativo campionario ricco di sogni. A quel punto i volontari sono stati sottoposti a un flusso di centinaia di immagini, classificando le reazioni cerebrali davanti a ognuna. Il materiale raccolto è stato usato per mettere a punto un decoder “personalizzato” per ciascuno, in grado di collegare la reazione cerebrale di quel volontario all’immagine. A questo punto — e qui inizia la parte del tutto nuova dell’esperimento — i volontari sono stati messi di nuovo a dormire collegati alle macchine che registrano l’attività cerebrale.
Il momento della verità è arrivato quando il decoder è stato in grado di decifrare il tipo d’immagine sognata. Certo, precisano i ricercatori, la macchina acchiappasogni ha bisogno di stimolo umano e reagisce solo se sottoposta a due immagini diverse fra cui scegliere, come un tavolo e un albero. Né è in grado di “vedere” un’intera scena. Sa dire, per ora con una quota di riuscita del 60%, se nel sogno c’è una barca, ma non il tipo né l’azione che compie.
I primi commenti della comunità scientifica sono comunque positivi. Intervistato da Wired, il neuroscienziato dell’Università di California Jack Galliant si è complimentato: «Ci hanno mostrato che c’è una qualche corrispondenza fra quel che fa il cervello mentre sogniamo e quel che fa mentre siamo svegli». Quindi, come insegna Shakespeare, siamo proprio «fatti della materia di cui sono fatti i sogni»?