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 2013  aprile 07 Domenica calendario

UN «GHOSTBUSTER» PER IL PIL

Sapete cos’è «L’errore della finestra rotta»? Questo "errore" trae origine da una storiella raccontata da un geniale economista francese dell’Ottocento, Frédéric Bastiat: è il «Racconto della finestra rotta», che descrive così l’errore.
«Avete assistito alla rabbia del buon commerciante, Jacques Bonhomme, quando il suo sbadato figlio ruppe un vetro?...ogni spettatore...offriva allo sfortunato commerciante questa consolazione: "È un vento cattivo quello che non porta benefici a nessuno. Ognuno deve vivere e che cosa sarebbe dei vetrai se i vetri non si rompessero mai?". Supponiamo che riparare i danni costi 6 franchi, quindi l’incidente porta 6 franchi agli affari del vetraio...Il vetraio viene, fa il suo lavoro, riceve i suoi 6 franchi, si frega le mani e, in cuor suo, benedice il ragazzino. Tutto questo è quello che si vede».
In effetti il saggio di Bastiat del 1850, in cui si trova questo raccontino, è proprio intitolato «Ciò che si vede, ciò che non si vede». E cos’è che non si vede? «Non si vede che, poiché il nostro commerciante ha speso 6 franchi per una cosa, non può spenderli per altro...se non avesse avuto una finestra da riparare, forse avrebbe...comprato una nuova camicia, beneficiando il sarto; in questo caso il guadagno del vetraio è la perdita del sarto ed il commerciante ha ancora soltanto una finestra anziché una finestra e una camicia».
Ma aveva proprio ragione Bastiat? Certo, rompere finestre non è una bella cosa; e condonarlo, con la scusa di stimolare la domanda, sarebbe come condonare un vetraio che pagasse un ragazzino per andare in giro a rompere finestre. Tuttavia, c’è una circostanza in cui Bastiat non avrebbe avuto ragione. Supponiamo che il commerciante che tira fuori 6 franchi per riparare il vetro non voglia restringere la sua spesa in altre cose. Quei 6 franchi di maggiore spesa li toglie da quello che avrebbe risparmiato. In questo caso la sua propensione alla spesa (cioè quanto spende del proprio reddito) sarà aumentata e il reddito della nazione ne beneficierà. Se il vetraio non era pienamente occupato quando gli fu chiesto di riparare il vetro, ecco che il reddito del Paese - il famoso Pil - sarà più alto di prima.
Tutto questo vi potrebbe lasciare, giustamente, un po’ sconcertati. Dopotutto, una finestra si è rotta. Come va che questa "rottura" lascia le cose come stanno o addirittura le migliora? Per capire come le "rotture" possano essere dei veri danni anche all’economia intera dobbiamo inforcare delle altre lenti: le lenti dell’"economia verde". Cioè un modo di guardare al sistema economico che tiene conto dei danni visibili e invisibili che non vengono catturati dalle misure normali del Pil.
Supponiamo un’inondazione che sommerga mille case. I senzatetto vengono alloggiati in caseme, tende e hotel requisiti. Dopo il giorno infausto la gente torna al lavoro e intanto cominciano i lavori di bonifica e ricostruzione. Cosa succede al Pil? Non ci crederete, ma il Pil è più alto di prima perché bisogna pagare gli alberghi e le tende, le caserme avranno più spese per ospitare i senza tetto, e anche bisognerà spendere per bonificare e ricostruire. Tutte queste spese, a carico dello Stato e/o delle società di assicurazione, saranno in più rispetto alle altre spese.
Ma è normale che il Pil sia più alto di prima quando ci sono mille case distrutte? No, non è normale e la ragione dell’anomalia sta nella «l» del Pil. Pil vuol dire Prodotto interno lordo e il «lordo» vuol dire «al lordo degli ammortamenti». Cosa sono gli ammortamenti? Sapete che per fabbricare una scarpa ci vogliono le materie prime: cuoio, gomma, filo, colla e così via. Ma ci vuole anche il lavoro e dei macchinari. Se un imprenditore deve calcolare quanto gli costa la scarpa deve addizionare il costo delle materie prime e il costo del lavoro necessario per mettere assieme la scarpa. Deve addizionare anche il costo dei macchinari? No, perché le stesse macchine possono essere usate per migliaia o milioni di scarpe.
Però anche le macchine, come le scarpe, si logorano. Se una macchina usata dai calzaturieri dura, diciamo, dieci anni, ogni anno l’imprenditore, nel calcolo del costo di produzione delle scarpe prodotte dovrà mettere anche un decimo del costo dei macchinari: questo decimo si chiama «quota di ammortamento». Queste quote di ammortamento riguardano tutti i beni capitali, cioè quelli che durano nel tempo e servono a produrre altri beni o servizi: anche, quindi i camion o i treni o gli aerei (che producono servizi di trasporto) o le case (che procurano un tetto e quindi forniscono «servizi abitativi»).
Ora, questi beni capitali si logorano nel tempo, come tutte le cose, ma possono anche logorarsi tutto d’un botto: per un incendio o un terremoto o un’inondazione... In questo caso, cosa succederà nei conti della nazione? Torniamo alle mille case inagibili: queste non forniranno più servizi abitativi e quindi faranno diminuire il Pil; ma gli ammortamenti aumenteranno perché quella porzione di capitale distrutta fa aumentare la quota. E il Pil è calcolato, appunto, inclusi gli ammortamenti.
C’è una maniera, anche nella contabilità della nazione, per vedere gli effetti "veri" dell’inondazione. Ed è quella di andare a vedere il Pil netto, cioè il Pin: Prodotto interno netto, esclusi gli ammortamenti. Ma ci sono nella contabilità vera del Paese altri costi che non appaiono in nessun modo nei conti: i costi che derivano dall’inquinamento, dalla congestione del traffico, dal degrado delle spiagge... L’economia "verde" si preoccupa appunto di analizzare questi costi, di farli emergere, così che un Paese possa considerare con maggior cognizione di causa il modo migliore per impiegare le proprie risorse. Ne parleremo ancora.