Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 08/04/2013, 8 aprile 2013
«IO GRAFFIANTE, NON FAZIOSO. VORREI IL MONOCOLORE, STILE DC ’76» —
Dieci minuti dopo la fine dell’intervista, Claudio Sardo, direttore dell’Unità, richiama.
«No, scusami... è che spero di essere stato chiaro soprattutto su un punto. E poiché ci tengo, te lo ripeto: io penso che, come accade in qualsiasi Paese dell’Occidente, chi ha vinto le elezioni deve essere messo nelle condizioni di poter governare, o almeno di poter provare a governare. Detto questo, e detto che quindi io penso a un governo guidato da Bersani, l’altra cosa che vorrei fosse chiara è che per me sarebbe sbagliatissimo pensare a un governo di grande coalizione. Piuttosto, come ti dicevo, mi ispirerei allo schema che, nel ’76, sotto la regia di Aldo Moro, consentì la realizzazione di un governo monocolore Dc...».
(L’intervista era cominciata così).
Sbaglio o è diventato piuttosto complicato dirigere l’Unità?
«Ma no, anzi: per me è un onore e un’opportunità politica e umana poter dirigere questo giornale in un momento così difficile. Viviamo una crisi di sistema, c’è una società stremata, occorre ridefinire una missione della sinistra italiana per l’Italia e...».
Fermati: qui, se legge, Renzi già riperde la pazienza.
«Eh... va bene, d’accordo: ho parlato di sinistra per semplificare, ma posso tranquillamente usare l’espressione centrosinistra e aggiungere che Renzi è certamente un leader importante di questo schieramento...».
Intanto, uno dei suoi fedelissimi, Matteo Richetti, l’altro giorno ha chiesto, piuttosto bruscamente, le tue dimissioni.
«Ascoltami, ti dico le cose che ho già detto a Richetti. Allora... noi, vista l’intervista che Renzi aveva rilasciato a Cazzullo sul Corriere, abbiamo fatto un titolo — "No di Renzi al governo Bersani" — che possiamo considerare graffiante e molto sintetico, ma non fazioso. Voglio dire: cosa sosteneva nell’intervista Renzi? Renzi sosteneva che il Pd, a questo punto, deve scegliere: o un accordo esplicito con il Pdl o le elezioni anticipate. L’ipotesi cancellata, perciò, era proprio la proposta di Bersani. Che immagina un governo di centrosinistra capace di affrontare, provvedimento dopo provvedimento, i numeri critici al Senato e che, su un secondo binario, possa occuparsi, d’intesa con le altre forze politiche, delle riforme...».
Diciamo che il titolo era graffiante e un filo bersaniano.
«Ma proprio no! Un titolo può piacere o meno, ma non mi sembra che quello in questione fosse un titolo di parte. E poi noi cerchiamo di fare un giornale originale, proviamo a raccontare la politica con una certa autonomia... No, non meritiamo simili insinuazioni!».
Comunque dopo Renzi, nel dibattito, sono intervenuti Franceschini, Speranza e Zanda. Secondo alcuni osservatori la scena si sta modificando, e Berlusconi non appare più come un demonio con cui è vietato trattare; per altri, invece, l’orizzonte politico resta immutato. Tu che idea ti sei fatto?
«Io dico che il punto politico, come si sarebbe detto tanto tempo fa, resta uno: bisogna fare un accordo di governo con Berlusconi, sì o no? E io, a questa domanda, rispondo che no, che un accordo tra Pd e Pdl, continuazione di quanto abbiamo vissuto nell’ultimo anno e mezzo, sarebbe un errore grave. La gente è andata a votare e, adesso, ha diritto di sapere che tra il Pd, il Pdl e il Movimento 5 Stelle le differenze di programma restano grosse. E, per questo, sarebbe profondamente ingiusto pensare di proporre un governissimo, un governo di grande coalizione, una roba così. Certo si possono trovare percorsi condivisi per quanto riguarda il tema delle riforme, o per l’elezione del nuovo capo dello Stato: ma, ribadisco, poi Bersani dovrebbe avere la possibilità di guidare un governo di centrosinistra».
Va bene. Allora, ipotizziamo che Bersani guidi un governo: come li trova i voti al Senato?
«Nel ’76, e anche all’epoca l’Italia attraversava una gravi crisi economica e di sistema, fu possibile varare un governo monocolore Dc... che si formò anche grazie a una serie di stratagemmi, con varie forme di astensionismo e strategiche uscite dall’Aula al momento del voto».
Senti, devo farti una domanda un po’ seccante: quanto è concreto il rischio che il Pd possa spaccarsi?
«C’è confronto aperto, a volte anche un po’ ruvido, e questo non possiamo nascondercelo. Ma non credo che questa discussione interna al partito, frutto di alcune diversità, possa portare a eventuali rotture».
Quante volte al giorno ti senti con Bersani?
«Sai, Bersani è una delle persone più difficili da sentire al telefono... perciò, no, boh, che ne so? Ci sentiamo una media di tre, quattro volte al mese...».
L’ultima volta che hai sentito Renzi?
«Mhmmm... bah... mi sa che è un bel po’ che non lo sento... Dopo le primarie vinte da Bersani, non so, forse ci avrò parlato una volta soltanto».
(Claudio Sardo dirige il giornale fondato da Antonio Gramsci dal 7 luglio del 2011. Ha 54 anni, non è mai stato iscritto al Pci, è cattolico, è un grande tifoso della Roma, è sposato con Chiara e hanno tre figli).
Fabrizio Roncone