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 2013  aprile 08 Lunedì calendario

QUELLE 13 PIETRE DELLO SCANDALO RECUPERATE DELL’EX TESORIERE: «OGNUNA VALE 10 MILA EURO» —

Maroni sventola le buste dal palco di Pontida: «Ho fatto una promessa. Ecco qui i diamanti di Belsito. Li voglio dare alle sezioni più meritevoli, ai tanti militanti che tengono alto il valore della Lega non per se stessi e per le loro poltrone». Simbolicamente, il leader del Carroccio riconsegna alla base parte del bottino — «10 mila euro per ogni pietra» — che l’ex tesoriere del partito, bossiano di ferro, aveva acquistato traghettando i soldi dalle casse padane ai propri conti. Il neo governatore lumbard è soddisfatto della strategia adottata e subito dopo il comizio twitta contento: «Grazie a tutti gli straordinari militanti che hanno riempito il pratone. I diamanti che ho riportato in Lega ve li siete proprio meritati!!». Un anno fa, la storia dei diamanti aveva sconvolto il partito — che allora era ancora nelle mani del Senatùr — con le indagini delle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria sulla presunta gestione illecita dei rimborsi elettorali da parte del tesoriere Francesco Belsito, indagato per truffa ai danni dello Stato, riciclaggio e appropriazione indebita. Per i pm, oltre ai 7,5 milioni di euro — tutti i soldi del Carroccio — che tentò di portare in Tanzania, a Cipro e in Norvegia per alcuni investimenti, Belsito distrasse dai conti del partito anche 400 mila euro per comprare oro e diamanti. Il 17 aprile dello scorso anno, parte di questo gruzzolo tornò poi nei forzieri leghisti: l’ormai ex tesoriere, attraverso il suo legale, restituì 11 diamanti per un valore di 100 mila euro e 11 lingotti d’oro per un peso totale di 5 chili. All’epoca, il governatore piemontese Roberto Cota disse: «I beni restituiti saranno venduti e il ricavato andrà alle sezioni». All’appello mancava un totale di 600 mila euro, tra diamanti e lingotti: oltre i 400 mila euro presi da Belsito, i pm ipotizzarono che altre pietre, per un valore di 200 mila euro, potessero essere nelle disponibilità di Rosi Mauro, segretario del sindacato padano, e di Piergiorgio Stiffoni, ex componente del comitato amministrativo che avrebbe dovuto vigilare sui conti del partito. Un documento bancario firmato da entrambi i parlamentari li indicava come destinatari dei diamanti, ma non si escluse l’ipotesi di un loro acquisto privato.