Luca Ricolfi, La Stampa 8/4/2013, 8 aprile 2013
UNO SCAMBIO PER DESTRA E SINISTRA
Dice un antico proverbio cinese: se vuoi entrare in un pentagono, e non ci riesci da nessuno dei cinque lati, cerca il sesto. Ecco, noi dobbiamo trovare il sesto lato del rebus italiano. Ma qual è questo sesto lato?
È di smetterla di credere che il problema sia di possedere la diagnosi «giusta», come se esistesse una verità matematica, religiosa o morale che dobbiamo scoprire e poi mettere in atto.
E’ del tutto inutile che una diagnosi sia «giusta» se la terapia che comporta non può essere somministrata al paziente. Sentiamo spesso criticare il Fondo Monetario Internazionale perché impone «dall’alto» ai paesi malati terapie che non potrebbero reggere. Ma la stessa critica vale per le tre terapie che oggi si contendono il campo in Italia: più spesa pubblica, meno tasse, ancora austerità. Anch’esse sono calate dall’alto, almeno finché pretendono di essere «la cosa giusta da fare» senza aver prima dimostrato di essere anche sostenibili.
Quel che dobbiamo cercare non è la migliore diagnosi, ma la migliore terapia - la migliore politica - fra quelle sostenibili. [...]
La politica della sinistra vede l’evasione fiscale come una riserva di caccia per finanziare i propri progetti sociali, ma trascura il fatto che far pagare le tasse agli evasori senza abbassare le aliquote equivale ad aumentare la pressione fiscale, soffocando ulteriormente l’economia. Si sente spesso fantasticare su tutte le cose che potremmo fare se disponessimo dei 130 miliardi dell’evasione fiscale, ma si dimentica che questi soldi non sarebbero capitali che rientrano da Marte, ma risorse sottratte al settore privato. Pecunia non olet, e il fatto che i soldi siano tolti a disonesti evasori piuttosto che a integerrimi contribuenti non rende più agevole a imprese, commercianti, professionisti, artigiani ed agricoltori il compito di vendere i loro prodotti. E’ anzi certo che, se non è accompagnata da un drastico abbassamento delle aliquote, una lotta all’evasione fiscale condotta con successo farebbe chiudere centinaia di migliaia di attività e distruggerebbe milioni di posti di lavoro. Un processo, questo, purtroppo già ampiamente avviato in questi anni di crisi curata a colpi di inasprimenti fiscali.
La politica della destra è speculare. Essa vede gli sprechi nella Pubblica Amministrazione come un’immensa riserva di caccia per trovare le risorse per abbassare le tasse. E’ questa l’idea centrale del programma presentato da Renato Brunetta nell’ultima campagna elettorale, ma è anche l’idea della lista Fermare il declino di Oscar Giannino: recuperare 80-100 miliardi (5-6 punti di Pil) in cinque anni tagliando gli sprechi. Ma pure questa politica produrrebbe danni: è vero che ci sono immensi sprechi, ma è altrettanto vero che il nostro Stato sociale è incompleto e sottofinanziato. Una spending review delle dimensioni annunciate, oltre a suscitare ogni genere di opposizione, resistenza e rivolta, difficilmente potrebbe tradursi in un miglioramento della qualità, già molto bassa, dei servizi resi ai cittadini.
Sembreremmo in un vicolo cieco. Ma per fortuna non è così, perché il rebus italiano una soluzione ce l’ha. Basta saperla cogliere. Ma per individuarla dobbiamo tornare all’idea di giustizia di Amartya Sen.
La mossa decisiva è rinunciare ad ogni scambio fra beni ultimi: da una parte la libertà dei contribuenti (meno tasse), dall’altra i diritti dei cittadini (più stato sociale). La destra dovrebbe rinunciare a finanziare la riduzione delle tasse con i tagli alla spesa pubblica. La sinistra, da parte sua, dovrebbe rinunciare a rafforzare lo Stato sociale aumentando la pressione fiscale. Come conseguenza di questa doppia rinuncia, tasse e spesa pubblica dovrebbero, almeno per un po’, restare al livello attuale in termini di rapporto con il Pil. Ma questa sorta di congelamento della finanza pubblica dovrebbe riguardare solo i livelli aggregati delle entrate e delle uscite. Quello che dovrebbe invece cambiare drasticamente è la loro composizione interna. Sul versante delle entrate, ogni euro di evasione recuperata dovrebbe essere usato interamente per abbassare le aliquote, innanzitutto a partire da quelle che gravano sui produttori. Sul versante delle uscite, ogni euro risparmiato eliminando inefficienze e sprechi dovrebbe essere usato per irrobustire lo Stato sociale, innanzitutto a partire dai suoi tasselli mancanti. Perché dovrebbe funzionare? Perché, una volta chiarito che non si possono più mettere in competizione le entrate e le uscite, la lotta all’evasione potrebbe essere idealmente affidata alla destra, e quella agli sprechi alla sinistra. Una sinistra che sapesse che, per completare lo Stato sociale, l’unica strada possibile è accrescere il «tesoretto» dei proventi della lotta agli sprechi, avrebbe finalmente qualche interesse a condurla, questa benedetta lotta. E una destra che sapesse che, per tagliare le aliquote, l’unica strada possibile è accrescere il tesoretto dei proventi della lotta all’evasione, avrebbe a sua volta qualche interesse a condurla, questa sacrosanta lotta all’evasione.
Ciò permetterebbe di sostituire la spesso drammatica competizione sui fini (più equità o più libertà?) con la assai più mite competizione sui mezzi. Sui beni ultimi è difficile negoziare e raggiungere accordi, ma sui mezzi per conseguirli è possibile, e forse anche doveroso, cercare compromessi ragionevoli. La sinistra dovrebbe trovare il modo migliore di irrobustire lo Stato sociale, senza far conto sui proventi della lotta all’evasione. La destra, dal suo canto, dovrebbe trovare il modo di alleggerire le aliquote, senza contare sui tagli alla spesa pubblica.
La mia proposta è di condurre entrambe le battaglie, contro l’evasione e contro gli sprechi ma, per contrappasso, di farle combattere prevalentemente a chi finora ha solo finto di volerle combattere. Una sorta di «inversione delle parti», per parafrasare Pirandello. Se vuole ridurre le aliquote, la destra deve impegnarsi a stanare gli evasori, perché è solo da lì - dal fondo antievasione - che è autorizzata ad attingere. Se vuole completare lo Stato sociale, la sinistra deve impegnarsi a eliminare gli sprechi, perché è solo da lì - dal fondo anti-sprechi - che è autorizzata a sua volta ad attingere.
Se aumento le imposte sulla casa per finanziare nuovi asili nido è inevitabile che una parte di noi lo trovi giusto e un’altra parte lo trovi sbagliato. E lo stesso succederebbe se per abbassare l’Irap tagliassi l’assistenza sanitaria. Ma se gli asili nido li finanzio revocando pensioni a falsi invalidi, e l’Irap la abbasso perché ho scovato migliaia di evasori totali, è difficile che questi cambiamenti non siano giudicati equi dalla stragrande maggioranza dei cittadini.