Jacopo Iacoboni, La Stampa 7/4/2013, 7 aprile 2013
GRILLO-VERITA’ "LA TV ORMAI FA PERDERE"
Si sono scritte teorie e teorie. Inscenati balletti. Va/non va in tv, intervista/non intervista a Sky. Ma alla fine volete sapere qual è il vero motivo per cui Grillo non accetta più inviti in tv?
Molto semplice: perché ritiene che la tv ormai non le faccia vincere, le elezioni: le fa perdere. È uno dei passaggi più scoppiettanti - e forse veri del docufilm sullo Tsunami Tour diretto da Francesco Raganato (per la Todos Contentos y yo tambien), con la straordinaria fotografia di due filmaker ragazzi, Alessandro Cartosio e Rosario Cardinale, che si sono presentati a Grillo da soli, uno di Catania, l’altro di Salerno, hanno ottenuto l’autorizzazione a stare nei backstage e seguire da vicino il camper, e si sono fatti tutte e 77 la tappe del tour; alla fine respiravano quasi all’unisono ma da esterni, non dello staff con Grillo. La Stampa è in grado di anticipare i contenuti del film, che sarà nelle sale soltanto un giorno, il 10 aprile (per il resto viene diffuso da Sperling&Kupfer come dvd), e vede Grillo parlare tante volte, anche in spezzoni molto liberi.
«Vedete - dice - io credo che la televisione tolga gradimento, tolga punti, la televisione è soprattutto immagine e oggi in televisione ci sono quelli che hanno distrutto il paese. Hanno distrutto il paese e sono lì a dare soluzioni per rimetterlo in piedi». C’è una scena in cui Grillo pare davvero convinto - o recita - che andrà a Sky. Uno in piazza gli chiede «io voglio sapere da te quando andrai in televisione, in quale programma». E Beppe, «l’ultima settimana, non so ancora». «Non lo sai, però ci vai?». E il comico: «Sì, facciamo una bella apparizione, un bel casino. Andiamo lì e gli facciamo il pelo e contropelo» (risposta, leggendaria, dell’interlocutore meridionale: «Esatto, e questo ti volevo dire, auguri Peppe!».
«Peppe» in realtà stava probabilmente già meditando che è del tutto inutile, quella scatoletta è ormai totalmente identificata con le più stanche manipolazioni telepolitiche. «Quella roba ci fa perdere voti. La televisione ce la facciamo come diciamo noi, la televisione viene da me e avrete delle sorprese». Dal punto di vista numerico, difficile dire che non abbia avuto ragione; anche se poi in tv lui c’era comunque, e tanto, ripreso, citato, agognato. Ma, è il punto, c’era «alle nostre condizioni», «dettando le regole», facendo il suo gioco a quella che resta una roulette russa «per vecchie m...», come dice lui sempre.
Nel film, naturalmente, c’è il terzetto del tour, che Grillo costantemente sfotte, «il siciliano» «Aigor» che filma, «il sardo col pecorino» e il suo Ipad, e «questo qui che ha vissuto in Costa Rica e ci guarda dall’alto in basso perché non ci capisce», l’autista. C’è un confronto fisico e torrenziale con le persone. Tanto Corpo del Capo. Ci sono spezzoni di discorsi dai palchi, ma anche cene, e chiacchierate nella notte, e voce che alla fine non hai più («maledetti, mi avete fatto parlare», dice Grillo con psicologia quasi da Callas, per lui la voce è l’arma impropria del movimento). E ci sono momenti umani imprevedibili. Il più bello è quando Grillo per strada vede delle diffidenze, capta un elettorato di provenienza di sinistra, e allora dà sfogo alla più totale immedesimazione autobiografica, racconta della sua famiglia di piccoli saldatori di porte, e il milieu socialista in cui è vissuto. «Vi vedo, siete ancora diffidenti, vi sento, perché vi sta crollando un mito» e poi la confessione, in puro, paraculo stile autobiografico: sono come voi, un deluso. «Anche a me è crollato un mito. Io provengo da una famiglia socialista, ma erano i socialisti di Pertini! ero così... A chi fareste un monumento fra dieci anni di questi qua? A chi? ditemi un nome...» della sinistra attuale. Impossibile.
Grillo quando è fuori dai riflettori è molto diverso che nelle arringhe. Dice per esempio che «non è un problema personale, ci sono anche politici corretti, ma è un sistema che è marcio». La sua delusione «di sinistra» si sfoga a ogni angolo, e comunque, quando il giornalista francese gli chiede «Pas de alleance avec Bersani?», la risposta è secca, «assolutamente no». Quelli che l’hanno votato, onestamente, è difficile che lo ignorassero.