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 2013  aprile 08 Lunedì calendario

Potrebbe spiegare le ragioni che rendono difficile nel nostro Paese l’attuazione dell’esperienza belga, e cioè la possibilità di restare senza un governo per i prossimi mesi? Si tratta solo dell’art

Potrebbe spiegare le ragioni che rendono difficile nel nostro Paese l’attuazione dell’esperienza belga, e cioè la possibilità di restare senza un governo per i prossimi mesi? Si tratta solo dell’art. 89 della Costituzione sulla controfirma degli atti a parte dei ministri e del presidente del Consiglio? O non potrà essere anche e soprattutto la litigiosità che spesso contraddistingue i diversi partiti e quindi la loro incapacità di giungere a un accordo persino sulle principali riforme di cui ha urgente bisogno il Paese? Antonio Arrivabene anton.arrivabene@ yahoo.it Il Belgio è stato quasi due anni senza esecutivo. Le varie leggi e riforme proposte dai deputati sono state approvate o respinte secondo «coscienza» dalle forze politiche del Paese. Una guida locale, nel corso di una gita a Bruxelles, aveva detto che la mancanza di un governo è stata un toccasana per il Paese. Perché non possiamo fare altrettanto anche noi? A parole (e obbligati a seguire l’onda del Movimento 5 Stelle), tutti i partiti che sono stati immobili negli ultimi vent’anni hanno grandi idee di rinnovamento: perché non viene data subito la possibilità di metterle in pratica? Franco Milletti milletti@email.it Cari lettori, Q uando le realtà confrontate sono molto diverse, i confronti sono quasi sempre ingannevoli. Il Belgio ha undici milioni di abitanti, poco meno di un sesto della popolazione italiana. I membri dei due rami del suo Parlamento (Camera dei rappresentanti e Senato) sono grosso modo un quarto di quelli del Parlamento italiano. Il Paese ha una vecchia monarchia in cui il re, Alberto II, ha gestito la crisi, tutto sommato, con grande equilibrio. Si compone di due grandi comunità (valloni e fiamminghi), parla tre lingue (fiammingo, francese, tedesco) e ha tre sottogoverni (Vallonia, Fiandre e la città bilingue di Bruxelles) che nei 541 giorni della crisi non hanno mai smesso di funzionare. È uno Stato bi-nazionale dove gli equilibri fra le due maggiori comunità, negli ultimi decenni, si sono drammaticamente rovesciati a scapito dei valloni e a vantaggio dei fiamminghi. Ma il fattore che ha maggiormente contribuito sinora a evitare il loro divorzio è il suo ruolo europeo. Bruxelles non è soltanto una città belga. È il cervello dell’Ue, il luogo che ospita continuamente tutta la classe dirigente europea e un gran numero di uomini pubblici provenienti da altri continenti. Grazie a Bruxelles, il Belgio ha nell’Unione un’importanza sproporzionatamente superiore al suo peso specifico. Anche quando si detestano, i fiamminghi e i valloni non possono ignorare che la città, per entrambe le comunità, è la gallina con le uova d’oro. Se la mettessero in padella per dividersela, entrambi resterebbero alla fine con le ossa e le penne. Aggiungo, cari lettori, che nei 541 giorni della crisi, il Belgio ha continuato ad avere un esecutivo che in qualche caso ha persino approfittato dell’impotenza del Parlamento per adottare provvedimenti impopolari come, per esempio, un bilancio particolarmente austero. Non esiste quindi un modello belga a cui l’Italia potrebbe ispirarsi nei prossimi mesi. Un parlamento autogestito produrrebbe un governo d’assemblea nello stile dei collettivi che pretendevano governare le università e le aziende all’epoca del Sessantotto. Prima o dopo da questi collettivi emerge qualcuno che dichiara d’interpretare la volontà di tutti. A differenza del Belgio, l’Italia ha già nel suo passato, in questa materia, qualche pericoloso precedente.