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 2013  aprile 07 Domenica calendario

I DERIVATI DEL MONTEPASCHI

La mattina dello scorso primo marzo si è giocata una partita importante nella complessa vicenda dei derivati del Monte dei Paschi. Il giorno prima il cda della banca aveva deciso di promuovere azione di responsabilità nei confronti dell’ex presidente, dell’ex direttore generale e delle banche Nomura e Deutsche Bank che erano state le controparti della banca nelle operazioni Alexandria e Santorini. La decisione era stata tenuta riservata in quanto era importante battere sul tempo le due banche d’affari: depositando l’atto di citazione per primi si può vantare infatti il diritto a far dirimere la questione presso il tribunale prescelto. Il Monte dei Paschi arriva primo e deposita l’azione di responsabilità presso il Tribunale di Firenze alle 8.30 del primo marzo, poche ore dopo Nomura deposita un’azione presso l’High Court di Londra per valutare la validità dei contratti. Il problema non era di poco conto: Monte dei Paschi temeva che giocando fuori casa la normativa e la giurisprudenza sarebbero stata a lei sfavorevole.

Vedremo quale sede giudiziaria prevarrà. Leggendo la relazione degli amministratori all’assemblea in merito all’azione di responsabilità, si può capire meglio come i derivati abbiano causato danni rilevanti al Monte dei Paschi. E’ bene precisare che il documento rappresenta il punto di vista di una delle parti, la valutazione nel merito spetterà all’autorità giudiziaria sulla base anche degli argomenti che gli ex vertici e le due banche porteranno. Qualcosa si può comunque capire.

Le due operazioni Santorini e Alexandria hanno le loro specificità ma raccontano, secondo MPS, lo stesso film: la banca sarebbe stata gabbata, non si sa se con la complicità del management, da parte delle due banche di investimento. Partiamo dall’inizio, nel 2008-2009 MPS si trova davanti a ingenti perdite nelle due operazioni: Santorini, che è un contratto derivato collared equity swap, genera una perdita si 337 milioni; il veicolo Alexandria, che investe in asset backed securities (i titoli tossici protagonisti della recente crisi finanziaria), genera una perdita pari a 220 milioni.

Il management decide di occultare, non si sa se in modo lecito o meno, queste perdite tramite contratti derivati simili a quelli venduti negli ultimi anni dalle banche alle imprese e agli enti locali. Deutsche Bank si accolla le perdite di Satorini, Nomura quelle di Alexandria. Le due banche sono compensate per questo salvataggio tramite strumenti derivati che garantiscono loro un flusso di denaro in futuro. Questo avviene tramite derivati che prevedono uno scambio di flussi di denaro (tasso fisso-variabile), nel primo caso su 4 miliardi di btp con scadenza nel 2031, nel secondo caso su 3 miliardi di btp con scadenza 2034. Da notare l’entità delle operazioni a fronte di un portafoglio in titoli di stato della banca pari a circa 25 miliardi e la loro durata a lunghissimo termine, ben superiore alla scadenza media dei titoli di Stato del MPS.

Secondo MPS, queste due operazioni hanno più che ricompensato Deutsche Bank e Nomura: la prima avrebbe spuntato un derivato del valore di 429 mln di euro a fronte del ripianamento di una perdita di 362 milioni, la seconda un derivato del valore di 308 milioni a fronte di una perdita di 220 milioni. Insomma l’aiuto nel nascondere le perdite in derivati sarebbe stato pagato caro (155 milioni).

C’è di più, i contratti prevedevano l’obbligo per MPS di depositare liquidità presso le due controparti, una liquidità ingente (circa 3 miliardi) remunerata ad un tasso molto modesto. Valutando il costo opportunità di questi depositi, MPS calcola una perdita per 172 milioni, una stima che potrebbe essere addirittura per difetto visto che non sembra considerare la clausola della repo facility. Un vincolo, quello di detenere liquidità presso le due banche, che sarebbe divenuto molto oneroso quando la crisi del debito sovrano è esplosa giungendo a minare la stabilità della banca.

Vedremo gli argomenti delle banche d’affari, di sicuro fa un certo effetto sapere che la terza banca del paese si ‘‘autodenuncia’’ per aver pagato tra i 150 milioni e i 330 milioni per posticipare le perdite di bilancio di due operazioni in derivati. Difficile capire se si tratti di malafede o di ignoranza. Il fatto ci invita comunque a riflettere sulla necessità di regolare meglio l’utilizzo dei derivati, di separare le attività di banche retail e di investment banking e di aumentare i poteri della vigilanza.