Armando Torno, la Lettura (Corriere della Sera) 07/04/2013, 7 aprile 2013
IL D’ANNUNZIO DI FIUME SI SENTIVA WAGNER
«La cultura per cambiare il mondo, la musica oltre l’estetica per rieducarci all’ascolto, indicare nuove strade, riscoprire l’armonia». In una parola, ripartire. Dalle vette del design al tempio della musica, Maria Grazia Mazzocchi si insedia mercoledì 10 alla presidenza del Conservatorio di Milano, la più grande istituzione musicale d’Italia. Trentuno anni fa, fu lei il motore di Domus Academy, la prima scuola internazionale di design che mettendo in relazione tra loro saperi avanzati e progetti visionari «immaginò di riprogettare il mondo». L’ambizione era «d’insegnare la via italiana alla creatività industriale», dalla moda ai futuristici skyline delle città. Di diffondere a macchia d’olio la percezione del bello. Oggi Maria Grazia Mazzocchi sembra quasi immaginare di poter realizzare, attraverso la potenza nascosta di questa realtà che ha 210 anni di storia, un design acustico per la città, per trasformare l’universo sonoro così degradante e disumanizzante, modellare il rumore, riempire piazze e spazi di note e suoni e armonie. «Abbiamo l’Expo, sei mesi per mostrare le nostre bellezze, per riempire di note le nostre strade, come a Praga. Noi siamo musica e viviamo nella musica — continua —, se ci mettiamo in sintonia con quello che c’è attorno». Molto più che una metafora, la musica diventa la base di un documento programmatico: «Dobbiamo lavorare tutti insieme come componenti di una grande orchestra. Il nostro Paese è stato svuotato della sua eticità. Nel Rinascimento qui c’era il giardino d’Europa. Possiamo ritornare a essere un Paese ammirato e onorato. Questo può fare la cultura».
A indicarla nella terna di candidature al ministero dell’Istruzione, sono stati i maestri del Consiglio accademico del Conservatorio, che avevano avuto modo di testarne le capacità manageriali in quanto esperta per il design dell’Anvur (l’agenzia per la valutazione delle università e della ricerca). Loro, con il direttore Sonia Bo, sono il vero potere di questa istituzione molto ancorata alla tradizione. Sorride: «Posso assicurare che sono più conservatrice di loro. Ho lottato tutta la vita perché la matrice del design venisse dal Politecnico e da Architettura. I nostri grandi nomi del design conoscevano il greco e il latino e avevano solide basi. Oggi i designer arrivano dalle Belle Arti, o frequentano studi dove si privilegiano l’estetica e il divertimento. Ma il "bene creativo" prima di esprimersi deve essere nutrito. Dobbiamo dare un messaggio di eccellenza e per questo ci vuole una dura selezione. Al Conservatorio ci sono già le eccellenze e il mio compito sarà facilitare loro la strada, perché possano realizzarsi e arrivare fino in fondo, mettere in moto le energie».
Su un tavolino all’ingresso della grande sala nella sua casa disegnata da Vico Magistretti sono in mostra quattro oggetti vincitori del concorso di design per la terza età lanciato dalla rivista «Domus»: c’è anche un orologio, dove a scandire le ore non è il cucù ma il contenitore delle pillole. Maria Grazia Mazzocchi li prende in mano e li studia come se li vedesse per la prima volta. Pronta a voltare pagina, ancora una volta.
«La mia vita è un romanzo. Volevo fare il medico missionario in Africa e un incidente, da giovanissima, m’ha cambiato la vita». La laurea in filosofia, il matrimonio, tre figli, un lavoro come redattore nella rivista «Domus». Lì è maturato il suo talento che sembra essere quello di mettere in rete persone e idee. «Ho sempre ascoltato molto. Le idee non mancano, occorre metterle insieme, e poi promuoverle». Ricorda le riunioni fiume che finivano con veri scontri fisici e con i cuscini lanciati fuori dalle finestre. C’erano Ettore Sottsass jr, Gio Ponti, il critico Pierre Restany, «il mio maestro». Una dura palestra. L’energia di allora è inalterata: «Lascerò la maggior parte dei miei incarichi. Ho intenzione di dedicarmi anima e corpo a questa sfida. Il Conservatorio è un formidabile motore per la cultura del nostro Paese, ma è anche uno straordinario luogo di ricerca. Ha una biblioteca e un archivio di valore immenso. Dovremo trovare i fondi per il progetto, firmato dall’architetto Belgiojoso, di restauro e adeguamento della struttura, che è un antico convento, e spero di poterne migliorare gli arredi. E, insieme, vorrei portare più Conservatorio nella città, concerti nelle ville del Fai, o alla Triennale per esempio, anche se già si fa moltissimo. La sala Verdi ha quasi 1.500 posti e concerti ogni sera. Ma non basta».
C’è una visione olistica nel Mazzocchi-pensiero e la musica è parte di essa. Una visione che ha radici lontane e profonde, in quel modello insuperato di armonia che è stata la grecità e che tutto teneva insieme. «La musica può contribuire a risanare la società, può aprire le orecchie, mostrare la bellezza e io spero che la società si apra alla musica».
La musica, teorizzava Pitagora, doveva arricchire l’animo, come la ginnastica serviva a irrobustire il corpo, e aveva, come la matematica, una funzione educativa. «È un linguaggio universale, che nasce dentro di noi. Ed è uno strumento di dialogo con le altre arti. Negli anni 90, con Novurgìa, l’associazione fondata dal compositore Davide Anzaghi, iniziammo a proporre momenti di rappresentazioni delle arti insieme, concerto, esposizioni d’arte, recite di poesie. Riempimmo lo Spazio Oberdan in una non stop di due giorni». Il limite, dice Mazzocchi, se c’è, è nella grammatica della musica contemporanea. «Da noi la musica resta un optional per pochi», scrive il compositore Salvatore Sciarrino: «Abbiamo bisogno di cose che ci sorprendano, rapiscano, trasformino, di bucare i muri, di aprire porte dove non ci sono porte. Le nostre orecchie sono sempre più chiuse, distratte, conformiste». La musica contemporanea è di non facile ascolto, ammette Maria Grazia Mazzocchi, «ma sta cercando una nuova strada per ricostruire dopo aver distrutto. La musica di Sciarrino, biologica, organica, per esempio aiuta ad aprirsi alla realtà esterna».
La neopresidente dice di aver trovato al Conservatorio «conti in ordine e bilanci in pareggio, merito di chi mi ha preceduta, il presidente uscente Arnoldo Mosca Mondadori». Inoltre ci sono due progetti «meravigliosi, l’Orchestra dei popoli e il Centro studi Musica Sacra con il Conservatorio di Bologna». E conclude: «Occuparsi di musica dovrebbe essere per tutti un diritto, un dovere, un grande onore».
Armando Torno