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 2013  aprile 06 Sabato calendario

FATA PATRIZIA E I PICCOLI PRINCIPI

Nella foto ha una felpa rosa con i lustrini, il volto coperto dalle mani. «Sono Margherita, ho 8 anni. Provo a vivere la mia vita, a fare la bimba e non più la fidanzata di papà».

Martino, 5 anni, ha tanti sogni e fratelli. «Uno di loro è stato accolto in una famiglia e io pure, pianin pianino, andrò in affido». Sua mamma è morta, il padre è in carcere, a 6 anni Ettore si sente responsabile del fratellino Leone di 2 anni. «Devo proteggerlo. Prego che i servizi sociali ci trovino una mamma e un papà speciali che ci portino al parco ogni domenica».

Stella, 13 anni, ha le unghie un po’ rosicchiate: «Ho compreso con dolore che c’è solo un modo per conoscermi, ricordare chi ero, ricordare chi mi ha ferito e perdonare l’imperdonabile». Il ragazzo dalla maglietta bianca si descrive come fosse un fantasma: «Il mio nome è Nessuno, esistoda15anni.Senzalasciaretraccia, senza far rumore esisto e basta».

Ci voleva Giovanni Gastel, eccellente fotografo, per narrare con sensibilità la storia di 28 giovani (i nomi sono inventati) affidati da vari Tribunali per i Minorenni al Piccolo Principe, la onlus creata 11 anni fa a Busto Arsizio da Patrizia Corbo e Claudia Dato (attualmente ci sono 31 ospiti da 0 a 18 anni divisi per età in 4 case-famiglia, seguiti da 20 educatori, dalla psicoterapeuta Ernestina Politi dell’ospedale San Raffaele e da 40 volontari).

Nome da favola per una piccola, preziosa goccia nel mare dei più di 30 mila bambini italiani allontanati dalle loro famiglie per incuria, abbandono, maltrattamenti, abusi sessuali. Spiega Patrizia Corbo, presidente della onlus che ha scritto le storie di Margherita e compagni: «I bambini non danno fastidio, non hanno voce, non votano. Un tempo ci arrivavano casi limite ora gli allontanamenti avvengono per povertà. Quando in famiglia manca il lavoro succedono disastri pazzeschi, si finisce nel degrado, accadono cose bruttissime».

E’ stata Talitha Puri Negri, amica di Gastel e da 4 anni volontaria a Busto Arsizio, a ideare e produrre la commovente mostra per sostenere la onlus (inaugurazione il 9 aprile a Milano, palazzo Serbelloni). Giovanni Gastel ha ritratto questi 28 Piccoli Principi con il volto chinato o coperto dalle mani non solo per rispetto della legge sui minori. «Nascondersi è il primo istintivo gesto per sottrarsi alla violenza», dice. «Ma celarsi è anche raccogliersi e attendere il cambiamento». Nel catalogo della mostra (editore Skira, 24 euro) tra le varie prefazioni (da Vincenzo Spadafora, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza allo sponsor, Michele Pontecorvo di Ferrarelle) don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, ha scritto: «Questi bambini ci guardano. Dietro ai pugni, ai palmi ai dorsi delle mani ci osservano e ci parlano. Sono stati violati e abbandonati, ma esistono, anche quando si chiamano Nessuno, senza lasciare traccia, senza far rumore, loro esistono». Riconversione d’amore. A Busto Arsizio, cittadina un tempo famosa per il tessile, scopro quello che Patrizia Corbo, bella signora nata in Lucania per anni assistente sociale in centri per anziani, ha costruito per dare ai bimbi meno fortunati uno spazio di serenità, aiuto e anche coccole. Con il sostegno del marito imprenditore, Piero Carnaghi e di una vera rete di solidarietà («Questo è un territorio di gente concreta e generosa») Patrizia ha trasformato in accoglienti locali gli ex uffici e la casa del suocero scomparso.

Al 1° piano, dove vivono i minori 6-13 anni, le ragazzine stanno ballando ma, nonostante la ciccia, il più bravo è Diego. Alex sta studiando nella sua cameretta a 2 letti. Pietro ha un incontro protetto con il papà. Al 2° piano Nina, 6 mesi, succhia beata il biberon. E’ stata tolta a sua mamma che sosteneva di aver trovato morti nella culla i suoi 2 primi neonati per la sindrome di Sitz. «I piccolissimi hanno un destino felice», sorride Corbo. Ieri Luca, 2 anni, è andato via con la sua nuova famiglia. Nel corridoio Anna, una graziosa ragazzina in tuta rossa cammina, cammina. Avanti, indietro. Ha lo sguardo perso. Chissà dove, chissà perché.