varie, 8 aprile 2013
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI DEL 8 APRILE 2013
La Sicilia, cinque milioni di abitanti, 76 miliardi di euro di prodotto interno lordo, 5,3 miliardi di debiti. Entro il 30 aprile la giunta siciliana di Rosario Crocetta dovrà approvare il bilancio 2013, uno dei più difficili della storia dell’isola perché, secondo le poche informazioni disponibili, mancherebbero all’appello circa tre miliardi di euro. Se non si trova una soluzione si rischia il commissariamento da parte dello Stato. [1] Per la spesa corrente della macchina amministrativa la Sicilia spende ogni anno 15 miliardi di euro. Dall’altra parte si trova ad avere 15 miliardi di crediti non riscossi che potrebbe non vedere mai (i cosiddetti residui attivi). [2] La Regione corre poi il rischio di dover restituire all’Unione Europea i sei miliardi di contributi ricevuti negli ultimi anni. Lo scorso luglio l’Ue ha bloccato 600 milioni di fondi, lamentando l’«eccessiva frantumazione degli interventi programmati», la «scarsa affidabilità» dei controlli, la «notevolissima presenza di progetti non conclusi», le «irregolarità sistemiche relative agli appalti». [3] «Sono anni che si lanciano allarmi sui conti dell’isola, ma stavolta è diverso. Lo ha segnalato fin dal giugno scorso l’allora ragioniere generale della regione, Biagio Bossone, denunciando l’imminente rischio di default. Poi è stata la volta del procuratore generale della Corte dei conti, Giovanni Coppola, del vicepresidente della Confindustria, Ivan Lo Bello (“La Sicilia rischia di diventare la Grecia del Paese”), e infine dell’ex assessore all’Economia Gaetano Armao. È passato quasi un anno e Bossone non occupa più la posizione di ragioniere generale, perché Crocetta lo ha licenziato in tronco, Coppola e Lo Bello sono stati ignorati, Armao è stato accusato di giocare allo sfascio. Misure per raddrizzare il bilancio, però, non si sono viste» (Stefano Caviglia). [2] La Regione siciliana, il cui Statuto fu approvato con legge costituzionale 1946, è la più speciale fra le regioni a statuto speciale. La Sicilia è titolare di un proprio patrimonio, che è poi quello che lo Stato le ha trasferito, ma ha anche autonomia tributaria e, con l’eccezione delle imposte di produzione e delle lotterie e dei tabacchi, tutte le tasse esatte nel territorio siciliano sono riversate nelle casse della Regione. A completamento del quadro, bisogna considerare l’articolo 38, il fondo di solidarietà nazionale, che prevede un versamento annuo dallo Stato alla Regione, il cui ammontare avrebbe dovuto compensare la minore entità dei redditi di lavoro in Sicilia rispetto alla media nazionale. [4] «Per la Sicilia l’autonomia, concessa nel dopoguerra anche per smorzare le forti spinte autonomistiche dell’isola, è stata soprattutto occasione di sottogoverno, clientelismo, corruzione, complicità neanche troppo segrete con la malavita, eccetera eccetera». [5] La Regione siciliana ha il numero più alto di dipendenti pubblici, ben oltre 20 mila, «ai quali si debbono aggiungere soggetti che a vario titolo percepiscono da “mamma Regione” un reddito mensile e che ammonterebbero a circa 140 mila unità. Un esercito nel quale sono compresi circa 28 mila forestali, quanti ve ne sono in tutto il resto del paese. E poi, un tasso di disoccupazione stabilmente tra i più altri tra le Regioni italiane e un Pil pro capite che è tra i più bassi. Il tutto condito da una qualità nell’offerta dei beni e servizi pubblici più bassa di altre aree del paese». [4] Per la Confartigianato la Sicilia ha il 35,4 per cento di esuberi teorici: 6.780 persone. Sergio Rizzo: «Lo studio ricorda che la Regione spende per retribuire il proprio personale una cifra di poco inferiore all’esborso di tutte le quindici Regioni a statuto ordinario. Si tratta (dati 2011) di un miliardo 853 milioni contro 2 miliardi 92 milioni». [6] Rating della Regione Sicilia secondo Fitch: febbario 2010: A; maggio 2005: A-; febbario 2012 BBB+; ottobre 2012: BBB. Rosario Crocetta è stato eletto nell’ottobre 2012. Subito dopo la sua nomina l’agenzia di rating Fitch ha declassato il merito di credito della regione da Bbb+ a Bbb, prevedendo «un prolungato periodo di disavanzi di bilancio in un contesto di debiti finanziari e commerciali in crescita». [7] Il declassamento del rating oltre certi limiti potrebbe consentire alle controparti dei derivati come Nomura e Royal Bank of Scotland di chiudere anticipatamente i contratti. «Lo sforamento della soglia minima di rating» sostiene l’ex assessore della giunta Lombardo Gaetano Armao «potrebbe comportare la risoluzione immediata dei contratti derivati (che ammontano a circa 860 milioni di euro) e imporre un esborso per la regione di 400-500 milioni di euro». [7] Finora l’unica vera misura presa dalla giunta Crocetta per tagliare i costi è stata l’abolizione delle province, che saranno sostituite dai Consorzi dei Comuni. Secondo il governatore così la Sicilia risparmierà «circa 100 milioni di euro l’anno». La stima sembra un po’ generosa, dato che secondo Crocetta se ne risparmieranno circa 10 milioni l’anno per gli stipendi, altri 50 milioni per «attività istituzionali» e il rimanente grazie a «le società partecipate e i debiti che accumulano». Nella relazione del governo che introduce il disegno di legge in discussione oggi, il risparmio per le casse della Regione è stimato in oltre 50 milioni di euro l’anno una volta che la riforma sarà entrata a regime. [8] Per il resto Crocetta ha annunciato altri tagli e risparmi a tutto campo. «Le vittime più illustri, per il momento, i venti componenti dell’ufficio stampa. Ad assumerli Totò Cuffaro con il grado di capo redattore. Il caso più scandaloso era rappresentato dalla sede di Bruxelles dove Raffaele Lombardo aveva mandato il suo ex portavoce. I giornalisti sono andati a casa ma, ovviamente, hanno fatto causa. “Se perdo – ha annunciato Crocetta – saranno riassunti”». [1] A febbraio il servizio bilancio dell’assemblea ha messo nero su bianco le sue riserve sui primi conti presentati dalla giunta, segnalando che una serie di risparmi sarebbero stati sovrastimati per circa 1 miliardo. Poi ha denunciato il presunto buco lasciato in eredità dalla giunta precedente, guidata da Raffaele Lombardo. Due sono le voci di entrata che mancano all’appello: un mutuo di 330 milioni della Cassa depositi e prestiti che non è mai arrivato e una «valorizzazione» del patrimonio immobiliare che da anni entra ed esce dai bilanci della regione senza produrre un euro di ricavi. [2] «Le due giunte, come sempre in questi casi, si rimpallano le responsabilità. Crocetta dichiara che nel bilancio precedente erano conteggiate poste inesistenti mentre l’ex assessore Armao punta il dito sulla discontinuità della politica economica dei nuovi arrivati. Quel che è sicuro è che bisogna trovare un altro miliardo, a cui si aggiungono i maggiori accantonamenti per 4-500 milioni di euro che sono imposti alla regione dai vari provvedimenti di contenimento della spesa approvati dal governo Monti». [2] Dieci giorni fa Crocetta ha preso l’aereo con il suo assessore all’Economia, Luca Bianchi, ed è andato a Roma per parlare con il ministro dell’Economia Vittorio Grilli. Il governatore ha avuto rassicurazioni sulla disponibilità all’utilizzo dei Fas per finanziare il trasporto pubblico locale e i collegamenti marittimi con le isole minori. Si tratta di circa 300 milioni di euro. Il ministro ha poi confermato l’impegno ad ampliare il budget per evitare lo sforamento del patto di stabilità. L’assessore Bianchi: «Per la Sicilia significa avere la possibilità di coprire circa il 50% del cofinanziamento della spesa dei fondi comunitari», alleggerendo il bilancio. [9] Quando il bilancio sarà approvato, entro la fine di aprile, il commissario dello Stato, Canneto Aronica, avrà a disposizione cinque giorni per esaminarlo ed eventualmente impugnarlo. L’ipotesi commissariamento sembra sempre più possibile, quello che è certo è che la Sicilia non può fallire. Il debito delle regioni infatti è consolidato nel bilancio dello Stato, ossia è interamente dello Stato, e nell’ordinamento italiano non è previsto il fallimento di un ente pubblico. [10] «Non ci sono più isole felici. Il caso siciliano è clamoroso, ma non unico. Nella spending review sono state toccate alcune importanti attribuzioni ad altre autonomie locali. Le Regioni a Statuto speciale non hanno speso tutte male come quella siciliana, ma hanno mediamente speso tutte troppo. È un sistema degno di un’altra epoca. Non è detto che le esigenze storiche che le hanno viste nascere siano del tutto venute meno, ma non ci sono più le risorse di un tempo per mantenerle. La questione non è Nord contro Sud. È buchi di bilancio contro risparmi» (Nicola Porro). [11] Note: [1] Nino Sunseri, Libero 4/4; [2] Stefano Caviglia, Panorama 4/4/; [3] Giorgio Santilli, Il Sole 24 Ore 12/7/2012; [4] Floriana Cerniglia e Pasquale Hamel, Lavoce.info 23/7/2012; [5] Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 18/7/2012; [6] Sergio Rizzo, Corriere della Sera 23/10/2012; [7] Giuseppe Oddo, Il Sole 24 Ore 30/10/2012; [8] Il Post 20/3; [9] Il Giornale di Sicilia 28/3; [10] Finanzaonline.com 4/4; [11] Nicola Porro, il Giornale 18/7/2012. (a cura di Luca D’Ammando)