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 2013  aprile 05 Venerdì calendario

La Banca centrale che fu pioniera del QE (quantitative easing) torna a scrivere la storia lanciando il QQE (quantitative and qualitative easing)

La Banca centrale che fu pioniera del QE (quantitative easing) torna a scrivere la storia lanciando il QQE (quantitative and qualitative easing). Nel severo edificio della Nippon Ginko a Nihombashi è andata in scena una rivoluzione: il primo board presieduto dal nuovo governatore Haruhiko Kuroda ha accantonato ogni preoccupazione sul debito e la credibilità a lungo termine per lanciare uno stimolo monetario all’economia equivalente a 1.400 miliardi di dollari, in meno di due anni, nel Paese industriale a più alto indebitamento (rispetto al Pil) del mondo. GIAPPONEGIAPPONE Criticata per un decennio per fare le cose "too little, too late", la Bank of Japan (BoJ) ha deciso di agire in modo "fast and furious" (definizione di un autorevole analista) che ha sorpreso e anzi scioccato i mercati. Al "lascia o raddoppia" della lotta alla deflazione, Kuroda ha deciso di raddoppiare su tutta la linea: entro la fine del 2014 sarà di dimensioni doppie sia la base monetaria, sia il balance sheet dell’istituto centrale, principalmente attraverso il raddoppio degli acquisti di titoli pubblici (e della loro durata residua media) e anche di strumenti finanziari privati rischiosi come gli Etf. Tutti i tabù sono caduti. HARUHIKO KURODA GOVERNATORE DELLA BANCA CENTRALE DEL GIAPPONEHARUHIKO KURODA GOVERNATORE DELLA BANCA CENTRALE DEL GIAPPONE L’istituto, che non andava oltre lo shopping di bond triennali, ora si comprerà persino i Jgb a quarant’anni. Il sacro benchmark della vecchia politica monetaria, ossia l’overnight call rate, viene dichiarato inutile: il target di riferimento della BoJ sarà, al suo posto, l’intera base monetaria. Quella stessa rigida istituzione che nel 2001 aveva introdotto la "regola delle banconote" al fine esplicito di tutelare la credibilità propria e quella dello yen dichiara che sfonderà alla grande questa limitazione che si era autoimposta, sia pure temporaneamente: l’ammontare dei titoli di Stato nel portafoglio della banca centrale non sarà più contenuto entro il volume delle banconote di circolazione (considerate liabilities a lungo termine), ma lo supererà di oltre tre volte a fine 2014 arrivando a 290mila miliardi di yen (contro 90mila miliardi di yen in biglietti di banca circolanti). Al briefing per la stampa estera, il funzionario della BoJ non mostrava neanche imbarazzo nel cercare di spiegare il perché di una decisione unanime presa da un board la cui maggioranza (6 su 9 membri) aveva pure avallato - sotto la precedente gestione dell’ex governatore Masaaki Shirakawa - un approccio opposto improntato alla prudenza. Se Shirakawa, con evidente malavoglia, aveva accettato su pressioni del governo il target di inflazione del 2% come qualcosa a cui tendere, ieri il comunicato è stato categorico: «La banca raggiungerà» (non più: «tenderà a conseguire») l’obiettivo «nell’arco di circa 2 anni» (altra novità assoluta: l’impegno temporale) e per di più manterrà la politica ultra-espansiva finché il rialzo annuo dei prezzi al consumo sarà del 2% in modo sostenibile (ovvero sostanzialmente permanente). Il bello è che queste misure straordinarie sono state varate non nel segno dell’emergenza, ma quando il Paese è già uscito dalla recessione, tanto che la stessa BoJ sottolinea che «l’economia giapponese ha smesso di indebolirsi e ha mostrato alcuni segnali di ripresa». È il sistema-Paese che ha deciso di agire di concerto per il successo dell’Abeconomia (l’insieme delle politiche promosse dal nuovo premier Shinzo Abe), di cui la leva monetaria è il primo pilastro (seguito da stimoli fiscali e promesse di riforme incisive). La reazione dei mercati è stata di benedizione al nuovo corso: la Borsa di Tokyo, che perdeva il 2%, ha chiuso in rialzo del 2,2%, mentre lo yen è tornato a indebolirsi a buon auspicio della competitività internazionale delle imprese nipponiche. Il messaggio che filtra sulle finalità della BoJ nel promettere uno shopping compulsivo (non solo di titoli di Stato ma anche di Etf e fondi immobiliari) è nel segno dell’ambizione: si ha fiducia che sarà incoraggiato un declino dei tassi a lungo e un abbassamento del premio di rischio sui prezzi degli asset, per far sì che le istituzioni finanziarie private riposizionino i loro portafogli con meno titoli pubblici e più prestiti alle imprese e più attività di rischio legate all’economia reale; il tutto nel quadro di un cambiamento drastico nelle aspettative degli operatori di mercato e di tutte le entità economiche, consumatori compresi. Rischio di bolle finanziarie o di perdite di credibilità delle istituzioni? La risposta di Kuroda è stata quella di pensare più ai potenziali benefìci del nuovo corso che ai possibili pericoli: anziché rincorrere mugugnando e a piccoli passi affannati la politica espansiva della Federal Reserve, lui ha preferito scavalcarla mettendo subito tutte le carte a sue disposizione sul tavolo dei mercati.