Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore 5/4/2013, 5 aprile 2013
È LA LEGGE A IMPORRE L’ADDIO DELLA SOCIETÀ DI RISCOSSIONE
Prima del neo-presidente lombardo, a dire «stop a Equitalia» è la legge, ovviamente solo per quel che riguarda la riscossione dei tributi locali. Per il Fisco nazionale, è la stessa legge a dare l’esclusiva alla società posseduta da agenzia delle Entrate e Inps, e sul punto Maroni non può far nulla con la giacchetta da Governatore: può, semmai, provare a cambiare la legge da leader della Lega, cercando qualche complicata alleanza nel caotico Parlamento attuale, ma è un’altra storia.
L’addio di Equitalia agli oltre 6mila Comuni con cui lavorava, dicono i retroscena, era stato spinto dallo stesso agente nazionale, stufo di dover lavorare su un terreno accidentato dalle difficoltà di scambio di dati con gli enti locali che impedivano su questo versante di squadernare performance analoghe a quelle raggiunte con i tributi erariali. Dietrologie a parte, era comunque stato il Governo Berlusconi, in cui il Carroccio aveva un ruolo di peso, a scrivere nel decreto Sviluppo del 2011 l’uscita di Equitalia dagli enti territoriali. «Dal 1° gennaio 2012 - era scritto in quel provvedimento - Equitalia cessa effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate» dei Comuni e delle loro società.
Peccato però che, fatta la norma, nessuno si sia preoccupato di costruire le condizioni perché questo avvenisse, e il 1° gennaio 2012 si è via via trasformato in 30 giugno, 31 dicembre e poi di nuovo 30 giugno, questa volta del 2013, in una catena di proroghe che ha accomunato il Governo tecnico al suo predecessore. La nuova data cerchiata in rosso per l’uscita di scena di Equitalia arriva quindi fra meno di tre mesi. Nel frattempo lo scandalo Tributi-Italia (il cui ad Giuseppe Saggese deve ora rispondere di decine di milioni di euro riscossi per i Comuni ma non riversati nei conti degli enti) aveva mosso tutta la politica a gridare all’emergenza per la riscrittura delle regole. Ma la quasi-sfiducia a Monti e la successiva campagna elettorale hanno fatto presto dimenticare il tema, con il risultato che al 30 giugno 2013 il sistema arriva con lo stesso grado di preparazione che aveva un anno prima: nessuno.
In un orizzonte come questo, lo spuntare di un ennesimo rinvio non sorprenderebbe nessuno, anche se la nuova proroga potrebbe non congelare (come invece accaduto finora) la possibilità per i Comuni di scegliersi strade diverse. Da questo punto di vista, Maroni e la sua Giunta non avrebbero molta strada da fare per cercare i modelli: basterebbe varcare il Po e chiedere all’Emilia Romagna, dove la Regione ha chiuso a febbraio una gara da 215 milioni (organizzata con il Comune di Bologna e l’Anci regionale) per affidare la riscossione locale in tutto il territorio regionale. A vincere è stata un’associazione temporanea fra due imprese (Engineering e Ica), con la partnership in Romagna degli ex concessionari Corit e Sorit.
Naturalmente i Comuni potranno scegliere altre strade, come la gestione diretta del servizio o l’affidamento con gara ad altri (per esempio AnciRiscossioni, che sta scaldando i motori), ma al modello regionale stanno lavorando altri territori come Piemonte, Veneto e Toscana: un elenco a cui presto si potrebbe aggiungere la Lombardia.
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