Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 05 Venerdì calendario

DI MAIO: ANCHE CURRO’ SA CHE ALLA FINE SI DECIDE A MAGGIORANZA

Onorevole Di Maio, ha letto l’intervista al suo collega Currò?

«L’ho letta. Ma preferirei non commentarla».

Perché?

«Perché prima voglio parlare con lui. Nel Movimento dobbiamo conoscerci meglio, eppure c’è un rapporto di fratellanza».

Non parliamo di Currò, allora. Parliamo del «curroismo»?

«Ovvero?» La corrente interna che vorrebbe un dialogo col Pd.

«E’ minoritaria. E il neologismo è orrendo».

Vero. Comunque la corrente c’è.

«Io non la chiamerei corrente. So come la pensano».

Come la pensano?

«Intanto sono convinti che sia giusto rimettersi al parere della maggioranza. Vale per me. E vale per Tommaso Currò, che ha ovviamente diritto alle sue opinioni. Solo non capisco perché lui abbia deciso di parlare con voi e non con noi».

Magari perché voi non lo ascoltate.

«Figuriamoci. Discutiamo di ogni cosa. Per ore. Votiamo su tutto. Magari il problema è che quando parlano 109 persone le senti tutte ma ne ascolti poche. Può essere frustrante, lo capisco».

Perché no al Pd?

«Perché non ci fidiamo».

Un po’ vago.

«Spiego meglio. Alla Camera il Pd ha la maggioranza. Il problema è al Senato. Là c’è il caos. Se noi dessimo la fiducia, ipotizzando una serie di punti condivisi, toglierla sarebbe molto complicato».

Perché?

«Perché potrebbero tagliarci fuori. Il giochino già fatto mille volte delle maggioranze trasversali. Una volta ti appoggi a Monti, una volta al Pdl. Vai a pescare dove capita. E noi rimaniamo impiccati. No grazie».

Intanto il Paese rischia il tracollo.

«Il tracollo ci sarebbe se continuassimo a pensare con gli schemi del passato. Noi abbiamo un progetto ventennale».

Splendido. Basta resistere diciannove anni.

«No. Noi stiamo già incidendo fortemente sulla pelle del Paese. Lo stiamo cambiando. Adesso. Basta guardare il lavoro che stiamo facendo sul territorio. Io vengo da Pomigliano e parlo continuamentecon la mia gente. Anche la scorsa settimana ho chiesto che cosa pensassero di un accordo col Pd. Mi hanno risposto all’unanimità: ma siamo matti? Lo sa perché?».

Perché?

«Perché i disastri che hanno fatto il Pd e il Pdl in Campania li hanno vissuti sulla loro pelle. Il caso della discarica di Taverna del Re per noi è diventato una sorta di stella polare. Io ho perso due nonni di tumore. E in questo Parlamento non solo ci sono uomini che hanno contribuito a quel disastro, ma anche colleghi che non sanno neppure che quel disastro esiste. Ora, io non voglio vendetta. Ma parlare di fiducia mi pare impossibile».

Perché andate voi in processione da Grillo e non viene lui da voi?

«Le modalità dell’incontro non le abbiamo ancora definite. Di certo vogliamo evitare il caos. E poi sarà solo una mangiata tra amici. Un modo per stare assieme, mica un congresso».

Serve un gruppo di comunicatori per regolare le vostre interviste?

«Non le regolano. E non ci impongono nulla. Semplicemente, come qualunque gruppo politico, abbiamo bisogno di trasmettere esternamente un orizzonte chiaro. Ma c’è una cosa dell’intervista di Currò che mi ha davvero colpito».

Quale?

«Quando dice che lui non è uno schiaccia bottoni per conto terzi, vuole sottintendere il fatto che noi lo saremmo? Beh, non è così. Glielo voglio dire di persona, proprio perché lo rispetto».

Dice anche un’altra cosa: quando la comunicazione diventa propaganda io sento puzza di fascismo.

«E’ fascismo votare qualunque decisione per alzata di mano?».