Filippo Ceccarelli, La Repubblica 5/4/2013, 5 aprile 2013
DAI SEGRETARI DC ALLA LEGISLATURA ECCO LA MALEDIZIONE DEL 17 E LA JELLA DIVENTA PURE UNA SCUSA
Non è vero, ma ci crede. Il vicesegretario del Pd Enrico Letta l’ha buttata lì: «Questa legislatura sembra avere una maledizione ». E quindi, almanaccando come chi non vuole: «Sarà perché è la numero 17».
E certo: sarà. Oppure: non sarà. In ogni caso la malaugurata cifra precipita sulla crisi come cupa minaccia e come radiosa scusante. Che Letta, pieno d’impegni come dev’essere in questi giorni, abbia evocato l’ineluttabile potere del 17 introducendo il “Report” annuale sul calcio italiano, elaborato dalla Fgc in collaborazione con l’Arel, di cui è segretario (generale), suona come risorsa di aggiuntivo straniamento nel giorno dell’ennesimo «scherzo» e dell’ostensione del passaporto di Ruby Mubarak.
17 come gli anni di Ruby, appunto, e di Noemi al momento dei noti fatti; 17 come i segretari che ha avuto la Dc, prima che il diciassettesimo, Martinazzoli, detto «Cipresso », «Catafalco», «Crisantemino» o «Becchinazzoli» chiudesse bottega. 17 come gli anni trascorsi fra la discesa in campo di Berlusconi e la sua ultima, ingloriosa cacciata da Palazzo Chigi - per quanto poco prima il Giornale avesse incautamente esultato: «Silvio, 17 anni in campo, alla faccia dei gufi».
Eh, i gufi. Troppo facile prendersela con i pennuti, o invocare la cabala, la jella, gli oroscopi o altre ermetiche traiettorie del destino. Quanto alle maledizioni più propriamente politiche, si contemplava finora quella del Quirinale, lanciata da Pio IX contro la dinastia sabauda; poi quell’altra sanguinosa di Moro prigioniero contro i democristiani che rifiutarono la trattativa; e infine, se proprio si deve forzare la faccenda pure estendendola alla sinistra, si può ricordare l’anatema di Nanni Moretti a proposito di un gruppo dirigente che in effetti! - non vincerà mai.
Ed è vero che tutto in Italia sembra aver smarrito il centro, e che ogni novità porta con sé qualcosa di perturbante, ma che basti un generico e frequente numero 17 per cavarsi d’impaccio e liquidare una legislatura, sia pure scherzosamente, ecco, sembra un sintomo, più che una causa del generale e caotico impazzimento. Generatosi secondo logiche e tappe e vicende e personaggi assai più reali, nella loro follia, di quanto possano aiutare a comprendere le scienze occulte.
Certo a questo genere di irrazionalismo i governanti prestano sempre qualche interessata attenzione. Scaramantici a vario titolo e intensità, per dire, furono certamente Mussolini, Togliatti, Croce, Almirante, Cossiga, Craxi - e come si nota tutte le culture politiche del secolo scorso sono rappresentate.
Né sarebbe ragionevole negare che grandi ingegni hanno affrontato la materia, pure studiandone le relazioni con il potere, per cui secondo Frazer la superstizione ha rafforzato l’istituto della monarchia, mentre Freud si è dedicato all’occulto e Jung all’inconscio collettivo.
Il mago Otelma, che pure in questi ultimi vent’anni qualche ruolo pubblico se l’è giocato, era insomma di là da venire. E vai a sapere se tanti altri attuali «esperti» in amu-leti, talismani, tarocchi, corna, cornetti e altri apotropaici rimedi hanno da dire qualcosa su questa benedetta legislatura che come numero romano s’indicherebbe XVII e il cui anagramma, VIXI, «ho vissuto », quindi «sono morta», starebbe lì a reclamare un immediato auto-scioglimento e quindi elezioni anticipate al più presto.
Sommarie ricerche dell’ultim’ora lasciano intendere che il 17, in realtà, sarebbe il numero della speranza, della comunicazione e della fede. Ma il guaio è che sommando le due cifre che lo compongono, l’1 e il 7, viene 8 che, invece risulta pesante e nefasto numeraccio. E anche questo «sarà», come ha detto ieri Letta ai dirigenti del calcio. Fatto sta che i due governi nati il 17 sono quelli cui spetta il record di minor durata: il primo di Andreotti, 1972, appena nove giorni; e l’ultimo di Fanfani, nel 1987, 11 giorni. Forse anche per questo Ciriaco De Mita volle spostare l’apertura di un congresso da un venerdì 17 a un sabato 18. In compenso Prodi a quel numero è affezionatissimo, avendo presentato al Senato il suo primo esecutivo alle ore 17,17 di venerdi 17 maggio 1996.
Così va il mondo del potere, sempre più spesso indifferente ai destini e agli interessi collettivi. E quindi sempre ben disponibile a sgravarsi colpe e responsabilità dinanzi a qualche Forza Maggiore come la Fortuna, la Sfiga, la Sorte. Così ieri alle 19 l’artista Igino De Luca, già autore di innumerevoli e gustosi blitz, ha gettato dei giganteschi dadi a piazza del Quirinale. Lo slogan che ha accompagnato la performance suonava mezzo pagano e mezzo cristiano: «
Ca Maronn c’accumpagn». E forse va preso com’è, un’esortazione, con quello che sta accadendo, magari
anche come una preghiera.