P.Col., la Repubbliva 5/4/2013, 5 aprile 2013
MILANO
— C’è più d’un paradosso, nella difesa che Ruby tenta di fare di se stessa, e soprattutto di Silvio Berlusconi. Innanzitutto, è stato Berlusconi a non volerla più al processo. Basta ripercorrere alcune date e alcuni fatti (incontrovertibili) per sgomberare il campo da ogni torbido equivoco.
Arriva Ruby, accompagnata dall’avvocato Paola Boccardi, dopo la sua improvvisa e lunghissima vacanza in Messico. Ecco le trascrizioni di quanto accade in udienza.
Ghedini: «Presidente, nel richiamo alla serenità, volevo appunto prospettare che – lo dice attraverso lunghi giri di parole - questa difesa possa rinunciare alla teste Karima El Mahroug, se la Procura riterrà di darci il consenso al deposito, e all’utilizzo, dei verbali delle dichiarazioni» di Ruby.
Il presidente Giulia Turri chiede precisazioni, e lo fa anche il pubblico ministero.
Boccassini: «Scusi, presidente, non ho capito. C’è una rinuncia a sentire la parte offesa da parte della difesa Berlusconi? (…) Viene ribadito?».
Ghedini: «Viene ribadito, se
voi date il consenso al deposito (dei verbali)».
Boccassini: «Avvocato, il (nostro) consenso per acquisire i verbali era stato dato anche in udienze precedenti».
Ghedini: «Benissimo! Ne prendo atto, mi dispiace di non averlo ricordato. Non ricordavo questo particolare! Altrimenti non l’avrei proposto ». La Boccassini sembra basita, un avvocato che dimentica? Ma Ghedini ripete, si dice «soddisfatto dalla produzione dei verbali (…) integrali, presidente
».
Boccassini: «Preso atto che la difesa Berlusconi, nonostante sembrasse molto interessata
a sentire la parte offesa, oggi ci rinuncia, così come la Procura aveva paventato (…). E presta il proprio consenso».
I VERBALI DELL’ESTATE 2010
Ruby quindi ri-sparisce dal processo. E, soprattutto, non viene controinterrogata dai magistrati nell’aula del processo aperto al pubblico. Ma quei verbali acquisiti, e pubblicati a suo tempo solo da pochi mass media, che cosa dicono in sostanza? Serve un passo indietro nel tempo, all’estate 2010. Ruby che è stata fatta uscire dalla questura di Milano grazie a un intervento di Silvio Berlusocni e che si trova in
comunità incontra i magistrati e quei suoi verbali vennero registrati alla presenza anche di assistenti sociali e altri soggetti. E tutti i presenti «attestarono » e firmarono che Ruby aveva detto proprio quello che era stato verbalizzato. E lei stessa aveva messo la firma.
IL CONTENUTO CONFERMATO DAI TESTI
Ruby nei suoi verbali aveva spiegato che c’era un rito, «il bunga bunga»; che correva denaro; che alcune ragazze disinibite avevano appartamenti con l’affitto pagato; che anche lei, scappata di casa, l’avrebbe voluto, ma era minorenne, e non poteva; allora Berlusconi
scoprì la sua giovane età.
Il dramma, per Berlusconi e la sua difesa, è che poco dopo due testi, una ballerina di danza del ventre, e un’amica di Nicole Minetti, Melania Tumini, elettrice pdl, raccontano ai magistrati e poi confermeranno nell’aula del processo che le «cene eleganti» erano invece un «puttanaio». Confermano sesso, spogliarello, competizione tra le ragazze: ciò che Ruby aveva già messo nei verbali davanti a Pietro Forno e Antonio Sangermano. E come scordare le intercettazioni? Altre conferme su bunga bunga, e sui ruoli di chi porta sempre «carne nuova» nella villa di
Berlusconi. L’allora premier aveva chiamato la questura milanese di notte, in modo da far rilasciare e affidare alla consigliera regionale e spogliarellista ad Arcore Nicole Minetti questa sua invitata speciale: perché? Per «buon cuore», come dice lui?
«LA VITTIMA DELLA GUERRA»
Sui gradini del tribunale, Ruby dunque smentisce se stessa. Come non ricordarle che proprio quando avrebbe dovuto parlare, era «sparita» dall’Italia? Ed è esattamente da allora che, con legittimi impedimenti, uveiti, sbalzi di pressione e persino ricorsi per legittima suspicione, vengono rimandate «sine die» la requisitoria dei pubblici ministeri, e la sentenza. Mentre da ieri, con un sovvertimento mediatico del processo e della realtà, è Ruby ad accusare i magistrati. Per chi crede che il conflitto d’interessi sia un tema d’attualità fa impressione il Tg 5: dopo aver ignorato per larga parte il processo, ieri dà il massimo risalto alla «notizia». Anzi, ci apre l’edizione principale, quella della sera: «Io, vittima della guerra a Berlusconi» è il titolo.
(p.col.)