Federico Fubini, Corriere della Sera 5/4/2013, 5 aprile 2013
DAL NOSTRO INVIATO
HONG KONG — Le radiazioni della lunga crisi di governo in Italia arrivano sempre più lontano: oltre l’Europa, fra i grandi investitori di Wall Street che si chiedono se lo stallo a Roma non stia diventando un rischio «nucleare» per l’euro e l’intera economia internazionale.
Ieri alla conferenza di Hong Kong dell’Institute for new economic thinking, il centro studi creato dopo il crac di Lehman da George Soros, Roman Frydman e Rob Johnson, circolava un documento sull’Italia di una sola pagina. Non era prodotto da Inet né oggetto delle discussioni pubbliche, tutte concentrate sulle idee per evitare la prossima crisi. Ma vari delegati hanno ricevuto quel rapporto, se non altro perché il mittente è il più grande hedge fund al mondo: Bridgewater. Con 130 miliardi di dollari in gestione, moltiplicati molte volte investendo con denaro preso in prestito, Bridgewater è forse il fondo che meglio ha letto la tempesta finanziaria in questi ultimi anni. I suoi fondi in gestione sono quasi triplicati dal 2007 e fra i suoi clienti si contano vari governi e banche centrali. Ray Dalio, l’italo-americano che ne è leader e fondatore, impone ai suoi studi dettagliati e completi rapporti sui problemi del momento.
Quello attuale, per Bridgewater, ha un titolo chiaro: «Può l’Italia far saltare l’euro?». Attacca il rapporto: «Osservare l’involversi della situazione politica in Italia ci spinge a chiederci se il Paese possa far esplodere l’euro». Il motivo per cui è difficile escluderlo, continua Bridgewater, è la sua interdipendenza con Francia, Germania e Spagna: «Se qualcosa dovesse andare storto, l’impatto sull’intero sistema finanziario globale sarebbe enorme» perché rappresenterebbe «un ordigno nucleare per l’euro». Bridgewater ritiene «poco plausibile» che un Paese dell’importanza dell’Italia voglia «gettarsi in questo burrone». Ma la nota ai clienti osserva: «La situazione politica in Italia inizia a suggerirci che il poco plausibile sia una possibilità (probabile al 5-10%) che in Italia emerga un governo che non intende cooperare o restare nell’euro». Di qui il consiglio ai clienti e agli investitori: «Una possibilità del 5-10% che l’euro salti richiede attenta considerazione».
Gli analisti di Bridgewater riconoscono di non essere specialisti di politica italiana, eppure mostrano di conoscere fin troppo bene il Paese: «La situazione economica in Italia non è mai stata così depressa dalla fine della Seconda guerra mondiale, il Prodotto interno lordo è ancora in caduta, le banche sono in condizioni terribili, i prestiti al settore privato sono in grande tensione e la Banca centrale europea non fornisce il giusto grado di sostegno monetario».
È questo quadro che rende gli investitori guidati da Dalio, guardinghi perché la crisi di governo può diventare ancora più intrattabile: «Com’è tipico di un Paese che vive una sofferenza economica a questi livelli — si legge — la situazione politica inizia ad apparire piuttosto caotica». Il rischio è rappresentato dal Movimento di Beppe Grillo perché, secondo Bridgewater, «non è chiaro cosa farebbe se andasse al potere, ha promesso un referendum sull’euro» e pensa che le politiche europee «siano state un cattivo affare per l’Italia». Per questo motivo, «la situazione potrebbe destabilizzarsi rapidamente e il rischio di un esito radicale aumenta».
Come se non bastasse, secondo Bridgewater l’accesso delle banche al finanziamento inizia a essere un po’ sotto pressione. E anche se non è accaduto altrettanto per i titoli del debito pubblico, si legge nel rapporto, «le cose si fanno più tese» anche su questo fronte. Bridgewater cita il recente rinvio dell’asta di titoli a 30 anni, i risultati tecnici «peggiori» degli ultimi collocamenti e una domanda di bond dall’estero «più debole». Il bilancio complessivo dunque è brutale: il Tesoro fa affidamento sulle banche italiane per collocare i suoi titoli di Stato, scrive lo hedge fund, ma le condizioni economiche e la crisi politica mettono anche queste ultime sotto pressione. Per questo «non c’è molto margine di errore».
Si può concordare o meno. Ma è ciò che pensa lo hedge fund che, probabilmente, ha maggiore potere di mercato al mondo.
Federico Fubini