Alessandro Trocino, Corriere della Sera 5/4/2013, 5 aprile 2013
ROMA —
Primo deputato: «Ma che è, ci portano allo zoo comunale?». Secondo deputato: «Bello, magari cantiamo pure "Dieci ragazze per noi, posson bastare"». Senatore: «Ma ci andiamo bendati?». Divertimento, ma anche sconcerto e ironia dolceamara per quella che si preannuncia come un’escursione a metà tra la scampagnata e la gita aziendale. Stamattina un plotone di neoparlamentari a 5 Stelle si radunerà a piazzale Flaminio e salirà a bordo di un autobus (o forse più). Direzione: ufficialmente ignota. Nel senso che per evitare fughe di notizie, si è deciso di non rivelare a tutti il luogo dell’incontro con Beppe Grillo ma solo ad alcuni fidatissimi. C’è chi dice i Castelli Romani, chi un hotel della periferia, chi L’Aquila. Comunque sia, il grande capo, anzi il «facilitatore» (come si è definito), non vuole la stampa in giro. Grillo (qualcuno prevede anche la presenza di Gianroberto Casaleggio) prenderà per primo la parola e, dopo il prevedibile monologo, porrà la fatidica domanda: «Qualcuno di voi non è d’accordo?».
Domanda non certo retorica, visto il clima di questi giorni. Clima montato ad arte dalla stampa, lamentano molti parlamentari, infastiditi dalle voci di dissenso interno. Eppure, dopo i timori iniziali, qualcuno comincia a prendere coraggio e a dire che così non va, che va bene la coerenza e il no al sistema dei partiti, ma tenere i voti in frigorifero alla lunga può congelarli per sempre. Certo, la grande maggioranza rimane fedele alla linea e molti di quelli che vengono chiamati «dissidenti» sono in realtà parlamentari che non hanno intenzione di fare strappi. Che però la fronda stia prendendo consistenza è noto anche ai vertici. Tanto che è già partita la conta interna: sarebbero nove i parlamentari a rischio, pronti a votare la fiducia e a traslocare al gruppo misto. Più ampia la fascia dei generici insoddisfatti dall’intransigenza, quota che oscilla tra i 30 e i 40 parlamentari, su 163.
Tra chi ha votato in dissenso sul no a Bersani c’erano i deputati Mimmo Pisano, Matteo Dall’Osso e Tommaso Currò. Al Senato Alessandra Bencini. Si sono astenuti i friuliani Walter Rizzetto e Aris Prodani. Ma poi le posizioni minoritarie si sono allargate, sul caso Grasso e sulla questione della lista di candidati premier da presentare o meno (32 sì e 10 astenuti). E così si sono aggiunte altre voci che chiedono più dialogo. Tra gli altri Mara Mucci (che minaccia querele a chi la definisce «dissidente»), Giulia Sarti e Vittorio Ferraresi. Critici anche i senatori Giuseppe Vacciano, Francesco Campanella e Stefano Lucidi.
Tancredi Turco, giovane avvocato veneto, non si nasconde: «Ho votato sì alla lista dei nomi. Avevo proposto di creare un gruppo di lavoro, individuare le personalità e contattarle. Siamo ancora in tempo per farli questi nomi: metteremmo con le spalle al muro il Pd». Alessandro Di Battista, invece, è entrato nell’assemblea convinto della necessità di fare dei nomi e ha cambiato idea: «Del resto il dubbio è rivoluzionario, no? Io credo che facciamo bene a dire di no, è anche un gesto di coraggio rifiutare posti di governo. Il dubbio però c’è: meglio un uovo oggi o una gallina domani?». Currò è convinto della bontà dell’uovo subito. Del resto, lo aveva già detto in assemblea, in un intervento applaudito da quattro o cinque deputati, nel gelo della sala. Un solo collega si era alzato per stringergli la mano.
I senatori sono preoccupati e ieri il clima in Aula era tesissimo. Qualcuno ha apostrofato in maniera poco civile cronisti accusati di eccesso di critica. Ma è anche la comunicazione interna, e tra loro il capo è Claudio Messora, ad essere sotto accusa: «Andiamo sui giornali solo per le presunte divisioni e non per quello che facciamo», dice un senatore. Per mettere ordine, si è deciso di creare una squadra intermedia tra i senatori e l’ufficio di comunicazione: un gruppetto di quattro, Sara Paglini, Lello Ciampolillo, Nicola Morra e Monica Casaletto. Ieri al Senato è stato anche il giorno delle nomine: sono stati eletti vicecapogruppo Elisa Bulgarelli e Luis Alberto Orellana, mentre il tesoriere è Sergio Puglia. Sono stati presentati finalmente anche i primi progetti di legge: tre, depositati alla Camera da Roberta Lombardi, a cominciare da quello sull’abolizione dei rimborsi elettorali. Al Senato, invece, si lavora per presentare una proposta sulla legge elettorale, che comprenda le indicazioni della vecchia campagna «Parlamento pulito». Ma l’attesa è tutta per l’incontro con Grillo, che ieri ha attaccato ancora la stampa: «Siamo in un clima di informazione di regime e di purghe staliniane. Gli italiani vivono in un Truman Show. Proponiamo l’istituzione di un solo canale Rai».
Alessandro Trocino