VARIE 4/4/2013, 4 aprile 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - LE MINACCE DELLA COREA AGLI STATI UNITI
REPUBBLICA.IT
SEUL - L’esercito nordcoreano ha ricevuto il definitivo via libera per uno "spietato" attacco nucleare contro gli Stati Uniti: lo ha reso noto un comunicato dello Stato maggiore dell’Esercito popolare coreano pubblicato dall’agenzia ufficiale di Pyongyang, Kcna. Nella nota si riferisce che l’esercito nordcoreano informa gli Stati Uniti che le minacce americane "saranno annientate da mezzi di attacco nucleare più efficaci, piccoli, leggeri e diversificati. La spietata operazione delle nostre forze armate rivoluzionarie a questo riguardo hanno superato l’esame e la ratifica finale".
La Kcna ha fatto sapere inoltre che la Casa Bianca e il Pentagono sono stati "formalmente" informati di una potenziale azione nucleare: "Nessuno può dire se una guerra esploderà o no in Corea e se esploderà oggi o domani. Basta provocazioni, la Corea si uniformi agli obblighi internazionali".
Il Pentagono ha pronto il dispiegamento sull’isola di Guam, nell’Oceano Pacifico dove ha una base, di un sistema Terminal high-altitude area defense battery, o Thaad, una batteria anti-missile per difendersi da eventuali attacchi della Corea del Nord. Guam è uno dei principali obiettivi possibili, data la sua vicinanza (’solo’ tremila chilometri) con le coste nordcoreane. E infatti, fa sapere il governo sudcoreano, Pyongyang ha mosso verso la sua costa orientale quello che sembra essere un missile Musudan, che ha un raggio d’azione che potrebbe arrivare sull’isola.
Pyongyang ha anche cominciato a realizzare lavori nel suo reattore nucleare di Yongbyon, dove nei giorni scorsi aveva annunciato di voler riprendere le attività.
Il segretario americano alla Difesa Chuck Hagel aveva detto di prendere "sul serio" le minacce della Corea del Nord ed esortato Pyongyang a metter fine alla sua "pericolosa retorica". Hagel ha detto anche che può essere pericoloso sbagliarsi sulla serietà delle minacce altrui: "basta un solo sbaglio e non voglio essere il segretario alla Difesa che una volta si sbagliò".
La tensione non rimane solo a livello militare: per il secondo giorno consecutivo, la Corea del Nord ha chiuso l’area di Kaesong, il complesso industriale in territorio nordcoreano dove operano però decine di aziende del Sud. L’area, l’unica sulla quale esista al momento una condivisione fra Nord e Sud, è stata chiusa da Pyongyang per ritorsione contro le manovre di Seul e Usa. La sudcorea ha annunciato di avere pronto un piano per proteggere i propri cittadini e le proprie imprese. Kaesong genera ogni anno nelle casse nordcoreane flussi per 87 milioni di dollari, in prevalenza grazie ai salari dei circa 53.000 lavoratori impiegati, fornendo supporto a oltre 250.000 persone, includendo anche i familiari.
(04 aprile 2013)
FEDERICO RAMPINI SUL SUO BLOG
Siamo sull’orlo di una guerra nucleare, provocata dalla “monarchia rossa” dell’Estremo Oriente? O stiamo assistendo invece a una tragica sceneggiata, da parte di uno dei regimi piu` paranoici e criminali della terra? L’escalation di minacce da parte della Corea del Nord ha raggiunto livelli spettacolari, da Apocalisse. Ma nessuno sembra avere delle certezze, l’interpretazione di quei gesti varia: da chi li tratta come poco piu` di una sbruffonata, a chi invece coglie i segnali di un’aggressione reale, e imminente. Il mistero avvolge la personalita` di Kim Jong Un, il giovane presidente che solo di recente ha preso il potere (alla morte del padre). C’e` molta incertezza anche sulla posizione della Cina, l’ultimo vero protettore della “monarchia rossa”.
Qual e` la logica degli attori in gioco? Per decifrare cio` che accade a Pyongyang, una chiave possibile sta nell’avvento al potere di un leader giovane, inesperto, che deve affermare la propria autorita` sull’unico potere che conta e cioe` i militari. Come aveva gia` fatto suo padre (siamo ormai alla terza successione “monarchica” all’interno della dinastia dei Kim), il neopresidente alza i toni e usa la propaganda bellica per darsi l’immagine di un duro e saldare l’appoggio dell’esercito al suo potere. L’altro attore enigmatico di questa partita e` la Cina, che sostenne la Corea del Nord nella guerra dei primi anni Cinquanta e non ha mai smesso di esserne la fedele alleata. I leader di Pechino non condividono il fanatismo feroce di Pyongyang, e tuttavia per loro la “monarchia rossa” resta una soluzione preferibile rispetto all’alternativa: una riunificazione delle due Coree che finirebbero entrambe nella sfera d’influenza americana (come accadde nell’Europa dell’Est dopo la riunificazione tedesca). E tuttavia la Cina si e` cacciata in una strada pericolosa. Le minacce di Pyongyang stanno provocando un riarmo della Corea del Nord e del Giappone, oltre ad un “ri-posizionamento” delle forze Usa verso il Pacifico. A furia di sostenere la Corea del Nord (che senza i suoi aiuti sarebbe gia` collassata) la Cina rischia di ritrovarsi molto piu` “circondata” di prima.
2) La cosa peggiore è che tutta la zona è carica di atomiche: Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud sono armate direttamente o tramite gli USA. Se vogliono far partire la 3a guerra mondiale è uno dei tre posti per eccellenza oltre a IRAN vs Israele e Pakistan vs India...
Nord Corea, la massima gittata dei missili:
primo obiettivo Guam, poi Alaska e Hawaii
Analisi degli esperti geostrategici americani sulla minaccia nucleare di Pyongyang: gran parte dei missili funzionanti nordcoreani non possono arrivare su territorio Usa, ma se i nuovi Taepodong-2 (in fase di sviluppo) fossero funzionanti a rischiare sarebbe l’Alaska prima delle Hawaii. Ma i rischi maggiori rimangono per la base di Guam, raggiungibile forse anche con i Musudan
COMMENTI
Purtroppo se la cosa parte - indipendentemente dalla follia del Nordcoreano - nessuno può sapere come va a finire.. La Nordcorea potrebbe approfittare del fatto di avere due vicini Comunisti che reagirebbero ad un attacco atomico (comunque le radiazioni arriverebbero anche in Cina e in Russia...)
CORRIERE.IT
Arriva l’ultima minaccia e a questo punto la tensione potrebbe provocare proprio quello che nessuno sembrava volere. L’esercito nordcoreano ha ricevuto il definitivo via libera per uno «spietato» attacco nucleare contro gli Stati Uniti: lo ha reso noto un comunicato dello Stato maggiore dell’Esercito popolare coreano pubblicato dall’agenzia ufficiale di Pyongyang, Kcna. Nella nota si riferisce che l’esercito nordcoreano informa gli Stati Uniti che le minacce americane «saranno annientate da mezzi di attacco nucleare più efficaci, piccoli, leggeri e diversificati». «La spietata operazione delle nostre forze armate rivoluzionarie a questo riguardo ha superato l’esame e la ratifica finale».
«MISSILE PRONTO SULLA COSTA EST» - Per dar corpo alle minacce, la Corea del Nord avrebbe trasportato sulla costa orientale un missile a medio raggio. Lo riferisce l’agenzia sudcoreana Yonhap, citando fonti del governo di Seul. «Le autorità d’intelligence sudcoreane e Usa hanno rilevato segnali secondo cui la Corea del Nord ha dispiegato un oggetto visto come un missile di media gittata sulla sua costa orientale», ha riferito una delle fonti. Dalle analisi fatte potrebbe trattarsi di un vettore Musudan, capace di coprire 4.000 chilometri e quindi di raggiungere la base Usa di Guam.
CASA BIANCA: BASTA MINACCE - La Corea del Nord ha quindi «formalmente» informato la Casa Bianca e il Pentagono di una potenziale azione nucleare. Lo riporta l’agenzia Bloomberg citando la coreana KCNA, secondo la quale «nessuno può dire se una guerra esploderà o no in Corea e se esploderà oggi o domani». Da parte sua la Casa Bianca, attraverso la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Caitlin Hayden, chiede alla Corea del Nord di smetterla con le minacce «provocatorie» e di «conformarsi agli obblighi internazionali».
SISTEMA DI DIFESA - Intanto il Pentagono ha confermato la notizia del dispiegamento di un avanzato sistema di difesa anti missile nella sua base militare di Guam, in seguito alle minacce della Corea del Nord. Una decisione, spiega un comunicato del dipartimento americano della Difesa, presa come «mossa precauzionale per rafforzare le nostre postazioni di difesa regionale contro la minaccia di missili balistici nordcoreani». Il Pentagono ha spiegato che nelle prossime settimane verranno dispiegati a Guam missili del sistema Terminal High Altitude Area Defense (Thaad), per proteggere la base militare da eventuali missili nordcoreani a breve e medio raggio. «Gli Stati Uniti - si legge ancora nel comunicato- rimangono vigilanti di fronte alle provocazioni della Corea del Nord e sono pronti a difendere il territorio americano, i nostri alleati e i nostri interessi nazionali». In precedenza, il segretario americano alla Difesa Chuck Hagel aveva detto di prendere «sul serio» le minacce della Corea del Nord ed esortato Pyongyang a metter fine alla sua «pericolosa retorica». Intervenuto alla National Defence University a Washington, Hagel aveva dichiarato che gli Stati Uniti hanno intrapreso passi misurati e ragionevoli di fronte alle minacce di Pyongyang. Ma aveva poi aggiunto che può essere pericoloso sbagliarsi sulla serietà delle minacce altrui: «Basta un solo sbaglio e non voglio essere il segretario alla Difesa che una volta si sbagliò».
WSJ: USA VERSO LA «FRENATA - La Casa Bianca, dopo aver mostrato la sua potenza militare alla Corea del Nord, avrebbe in realtà rivisto i suoi piani e deciso di accantonare, almeno momentaneamente, l’atteggiamento aggressivo nel timore che questo provochi inavvertitamente una crisi ancora più profonda. Lo riporta il Wall Street Journal, citando un esponente dell’amministrazione secondo il quale «il timore è quello di rafforzare la prospettiva di possibili incomprensioni e che questo possa tradursi in errori di valutazione». Gli Stati Uniti non ritengono che la Corea del Nord abbia piani imminenti di azioni militari in risposta alle esercitazioni ma la preoccupazione e che possa, se presa in contropiede, fare qualcosa di affrettato. La decisione di frenare rispetto all’attuazione di quello che è chiamato il playbook, il copione, sarebbe stata presa nelle ultime ore. Le mosse successive previste nel «copione» sarebbero state per il momento sospese, anche se l’amministrazione non esclude di mostrare la forza in futuro.
«KAESONG, VIA I SUDCOREANI» - Intanto, la Corea del Nord ha ribadito la minaccia di chiudere la zona industriale di Kaesong se la Corea del Sud continuerà a «insultare». Seul e «i suoi mezzi di comunicazione si rifiutano di abbandonare i loro modi conflittuali e continuano a dire che noi non abbiamo il coraggio di fare nulla su Kaesong, perché è una fonte di denaro», ha rilanciato l’agenzia Kcna, citando il Comitato del Nord per la riunificazione pacifica. Poco prima, l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap aveva annunciato che la Corea del Nord aveva ordinato a tutti i dipendenti sudcoreani di lasciare il complesso industriale entro il 10 aprile. Il sito, uno dei simboli dei tentativi di riavvicinamento tra i due Peasi, si trova nel territorio nordcoreano, a 10 km dal confine. Il ministero della Riunificazione sudcoreano aveva smentito la chiusura, ma intanto Kaesong è ferma per il secondo giorno consecutivo.
Redazione Online
CORRIERE.IT
La Corea del Nord ha bloccato l’accesso alla zona industriale di Kaesong, costruita sul confine in insieme alla Corea del Sud, e che frutta allo stato comunista 2 miliardi di dollari l’anno. Pyongyang ha comunicato che comunque consentirà ai lavoratori sudcoreani di rientrare in patria (vedi il video) .
SEUL: «VALUTIAMO TUTTE LE AZIONI POSSIBILI» - La decisione ha provocato le reazioni allarmate di Seoul, il cui ministro della Difesa, Kim Kwan-jin, ha avvertito che si stanno valutando «tutte le opzioni disponibili», compresa l’azione militare, per garantire la sicurezza dei circa 800 lavoratori del Sud rimasti nella zona industriale. Si ritiene che le fabbriche che hanno sede nel parco industriale - inaugurato nel 2000, e che ospita 123 aziende con circa 50.000 dipendenti nordcoreani e alcune centinaia di sudcoreani - siano ancora operative, ma la decisione della Corea del Nord è un ulteriore segnale delle crescenti tensioni nella penisola asiatica.
MOSCA: «SITUAZIONE ESPLOSIVA» - L’escalation della tensione tra Pyongyang e Seul ha provocato l’allarme di Mosca. Il viceministro degli Esteri, Igor Morgoulov, ha parlato di una «situazione esplosiva». «Nell’attuale, tesa atmosfera - ha detto il ministro - basta solo un elementare errore umano o un problema tecnico per portare la situazione fuori controllo». Anche la Cina ha espresso la sua «seria preoccupazione» per la crescita della tensione sul confine tra le due Coree. Allarme anche dalla Francia che ha chiesto «una riunione del Consiglio di sicurezza» Onu sulla situazione coreana. «In particolare - ha detto il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius - chiediamo ai cinesi, che hanno potere sulla Corea del Nord, di intervenire».
TENSIONI - La tensione tra Seul e Pyongyang è andata crescendo negli ultimi tempi. Martedì la Corea del Nord ha annunciato il riavvio di un reattore nucleare bloccato nel 2007 e ha anche minacciato un attacco nucleare sugli Stati Uniti e lanci di missili sulle basi americane nel Pacifico dopo le nuove sanzioni imposte dall’Onu a seguito del terzo test nucleare effettuato dai nordcoreani a febbraio. Pyongyang ha anche annunciato di essere tornato in stato di guerra con la Seoul. Per tutta risposta, gli Usa hanno rafforzato la presenza delle proprie forze nella regione.
CORRIERE.IT
Arriva l’ultima minaccia e a questo punto la tensione potrebbe provocare proprio quello che nessuno sembrava volere. L’esercito nordcoreano ha ricevuto il definitivo via libera per uno «spietato» attacco nucleare contro gli Stati Uniti: lo ha reso noto un comunicato dello Stato maggiore dell’Esercito popolare coreano pubblicato dall’agenzia ufficiale di Pyongyang, Kcna. Nella nota si riferisce che l’esercito nordcoreano informa gli Stati Uniti che le minacce americane «saranno annientate da mezzi di attacco nucleare più efficaci, piccoli, leggeri e diversificati». «La spietata operazione delle nostre forze armate rivoluzionarie a questo riguardo ha superato l’esame e la ratifica finale».
«MISSILE PRONTO SULLA COSTA EST» - Per dar corpo alle minacce, la Corea del Nord avrebbe trasportato sulla costa orientale un missile a medio raggio. Lo riferisce l’agenzia sudcoreana Yonhap, citando fonti del governo di Seul. «Le autorità d’intelligence sudcoreane e Usa hanno rilevato segnali secondo cui la Corea del Nord ha dispiegato un oggetto visto come un missile di media gittata sulla sua costa orientale», ha riferito una delle fonti. Dalle analisi fatte potrebbe trattarsi di un vettore Musudan, capace di coprire 4.000 chilometri e quindi di raggiungere la base Usa di Guam.
CASA BIANCA: BASTA MINACCE - La Corea del Nord ha quindi «formalmente» informato la Casa Bianca e il Pentagono di una potenziale azione nucleare. Lo riporta l’agenzia Bloomberg citando la coreana KCNA, secondo al quale «nessuno può dire se una guerra esploderà o no in Corea e se esploderà oggi o domani». Da parte sua la Casa Bianca, attraverso la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Caitlin Hayden, chiede alla Corea del Nord di smetterla con le minacce «provocatorie» e di «conformarsi agli obblighi internazionali».
SISTEMA DI DIFESA - Intanto il Pentagono ha confermato la notizia del dispiegamento di un avanzato sistema di difesa anti missile nella sua base militare di Guam, in seguito alle minacce della Corea del Nord. Una decisione, spiega un comunicato del dipartimento americano della Difesa, presa come «mossa precauzionale per rafforzare le nostre postazioni di difesa regionale contro la minaccia di missili balistici nordcoreani». Il Pentagono ha spiegato che nelle prossime settimane verranno dispiegati a Guam missili del sistema Terminal High Altitude Area Defense (Thaad), per proteggere la base militare da eventuali missili nordcoreani a breve e medio raggio. «Gli Stati Uniti - si legge ancora nel comunicato- rimangono vigilanti di fronte alle provocazioni della Corea del Nord e sono pronti a difendere il territorio americano, i nostri alleati e i nostri interessi nazionali». In precedenza, il segretario americano alla Difesa Chuck Hagel aveva detto di prendere «sul serio» le minacce della Corea del Nord ed esortato Pyongyang a metter fine alla sua «pericolosa retorica». Intervenuto alla National Defence University a Washington, Hagel aveva dichiarato che gli Stati Uniti hanno intrapreso passi misurati e ragionevoli di fronte alle minacce di Pyongyang. Ma aveva poi aggiunto che può essere pericoloso sbagliarsi sulla serietà delle minacce altrui: «Basta un solo sbaglio e non voglio essere il segretario alla Difesa che una volta si sbagliò».
WSJ: USA VERSO LA «FRENATA - La Casa Bianca, dopo aver mostrato la sua potenza militare alla Corea del Nord, avrebbe in realtà rivisto i suoi piani e deciso di accantonare, almeno momentaneamente, l’atteggiamento aggressivo nel timore che questo provochi inavvertitamente una crisi ancora più profonda. Lo riporta il Wall Street Journal, citando un esponente dell’amministrazione secondo il quale «il timore è quello di rafforzare la prospettiva di possibili incomprensioni e che questo possa tradursi in errori di valutazione». Gli Stati Uniti non ritengono che la Corea del Nord abbia piani imminenti di azioni militari in risposta alle esercitazioni ma la preoccupazione e che possa, se presa in contropiede, fare qualcosa di affrettato. La decisione di frenare rispetto all’attuazione di quello che è chiamato il playbook, il copione, sarebbe stata presa nelle ultime ore. Le mosse successive previste nel «copione» sarebbero state per il momento sospese, anche se l’amministrazione non esclude di mostrare la forza in futuro.
«KAESONG, VIA I SUDCOREANI» - Intanto, la Corea del Nord ha ribadito la minaccia di chiudere la zona industriale di Kaesong se la Corea del Sud continuerà a «insultare». Seul e «i suoi mezzi di comunicazione si rifiutano di abbandonare i loro modi conflittuali e continuano a dire che noi non abbiamo il coraggio di fare nulla su Kaesong, perché è una fonte di denaro», ha rilanciato l’agenzia Kcna, citando il Comitato del Nord per la riunificazione pacifica. Poco prima, l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap aveva annunciato che la Corea del Nord aveva ordinato a tutti i dipendenti sudcoreani di lasciare il complesso industriale entro il 10 aprile. Il sito, uno dei simboli dei tentativi di riavvicinamento tra i due Peasi, si trova nel territorio nordcoreano, a 10 km dal confine. Il ministero della Riunificazione sudcoreano aveva smentito la chiusura, ma intanto Kaesong è ferma per il secondo giorno consecutivo.
Oggi Pyongyang ha chiuso l’area industriale a gestione sudcoreana di Kaesong, appena sopra il 38° parallelo. Nel gennaio 2001, durante il mio primo viaggio in Corea del Nord, avevo visitato tra l’altro anche Kaesong, allora semplicemente la città più vicina al confine intercoreano. Questo il mio articolo di allora:
KAESONG (Corea del Nord) – C’ è da trascorrere una notte. E la notte si fa annunciare da una sorta di fremito che invade le strade lentamente, che popola di figure la città. Uomini in giacche di foggia militare, azzurre o verde oliva, che trascinano tronchi legati a una fune, raspando l’ asfalto terroso. Donne dalla testa avvolta in una sciarpa di lana che portano in spalla fascine di legna leggera, gerle di foglie secche, taniche di plastica trasudanti petrolio. E ragazzini. Ragazzini silenziosi, qualcuno con il berretto e la stella rossa, i più a capo scoperto. A mani nude afferrano pezzi di legna nei meno dieci, meno quindici gradi di Kaesong. È un flusso lento e costante, a suo modo ordinato e composto. La disciplina della rassegnazione. Le figure calano dalle colline che serrano la città e scivolano come nel fondo di un catino, affiorano dai campi coperti da una crosta di neve ghiacciata, una neve che sigilla la terra e – come dicono qui scuotendo la testa appena appena – «piace soltanto ai cani e ai bambini».
Kaesong si prepara a naufragare nell’ ennesima notte di gelo. Sarà una lunga notte. Senza elettricità, le luci ridotte a sparute macchioline giallo-rossastre nel buio, naturalmente senza riscaldamento. I combustibili, gli impianti pubblici sono vittime tra le vittime del collasso del Paese, scivolato dal ‘ 95 in una crisi alimentare e strutturale che lo ha rapidamente paralizzato e ha ucciso tra le 200 mila (ammissione dei nordcoreani) e il milione di persone (stima del Congresso americano), o forse più. Il Programma alimentare mondiale (Wfp) stimava due anni fa che quasi un quinto della popolazione della Repubblica democratica popolare di Corea soffra di malnutrizione acuta, quasi due terzi di malnutrizione cronica. La Fao, l’ organizzazione dell’ Onu per l’ alimentazione e l’ agricoltura, avverte che nel 2000 il raccolto di riso è stato del 31% inferiore al previsto, quello di mais inferiore di oltre 235 mila tonnellate; fino a ottobre Pyongyang dovrà importare un milione 865 mila tonnellate di cereali. Le autorità nordcoreane indicano nelle ondate successive di alluvioni e siccità le ragioni delle «difficoltà», ma ammettono che il collasso del blocco sovietico dopo l’ 89 ha prosciugato il bacino storico di assistenza che per mezzo secolo ha sostenuto lo sviluppo del Paese. Le statistiche dell’ Occidente, sebbene costrette all’ approssimazione dalle chiusure e dai top secret del regime, vogliono dire una sola cosa: fame, crisi alimentare, un Paese in ginocchio. Le razioni di cibo garantite dal regime – avvertono gli organismi umanitari – sono sul punto di easaurirsi, questione di settimane, e a quel punto il sostentamento della popolazione verrebbe garantito solo dagli aiuti stranieri. Ma Kaesong ignora le analisi e gli studi, conosce soltanto la sua traduzione pratica: fame, gelo. Le gru penzolano arrese all’ inattività, arrugginite e immobili da anni. Cortili chiusi di fabbriche morte fanno la guardia a ciminiere senza neppure più la memoria dei fumi che furono. Nei viali del centro città (ufficialmente 200 mila abitanti, ma il dato è inverificabile) vagano rari carri dalle ruote di ferro, i raggi ricavati da tondini saldati alla meglio, una vacca smagrita a trascinarlo: sopra, ancora legna. Camion militari cinesi, dieci anni per ruota, portano carichi umani dignitosi e spossati dal vento siberiano. I negozi occhieggiano deserti da dietro vetrine rese impenetrabili dalla polvere. Gli scaffali sono vuoti, tutt’ al più si intravede la regolare geometria di bottiglie perfettamente allineate, unica merce. Visitare i negozi è proibito allo straniero, entrato nel Paese con un visto turistico e nascondendo la sua attività di giornalista. Davanti ai pochi esercizi aperti, non file ma piccoli capannelli. Gli acquisti si limitano a pochi beni di prima necessità: spaghetti di cereali senza confezione, forse di produzione nordcoreana, conserve cinesi. Quel poco che con le razioni «di Stato» tiene in vita i coreani del Nord, si smercia in mercatini settimanali vietati persino agli operatori umanitari presenti in Corea del Nord.
Il regime del «generale» Kim Jong-Il ha concesso che i contadini possano vendere parte dei loro prodotti, una misura tuttavia non sorretta dalla certezza dell’ irreversibilità: assorbita l’ emergenza, lo Stato potrebbe esigere di riprendere il controllo totale delle attività economiche e revocare la concessione. Gruppetti di militari disarmati punteggiano un paesaggio urbano dove sono praticamente assenti gli anziani, sostituiti da adulti precocemente invecchiati. Ma c’ è qualcosa che scavalca l’ opaca, ingrigita normalità di Kaesong e ricorda la logica di quest’ universo retto da una combinazione di orgoglioso ultranazionalismo, sindrome d’ accerchiamento, marxismo-leninismo autarchico e culto della personalità. Non tanto la vernice rossa, il solo colore impiegato diffusamente, che traccia all’ infinito gli slogan del regime – sugli edifici pubblici, su pannelli ai bordi delle strade, su lastre di cemento innalzate nelle campagne – quanto piuttosto miliziani con la fascia rossa al braccio e il Kalashnikov dietro la schiena. Li incoraggia, da sopra l’ altura che incombe sul centro città, il bronzo scintillante del «presidente» Kim Il-Sung, padre della patria (e dell’ attuale leader Kim Jong-Il) e padrone della vita dei sudditi della Repubblica democratica popolare anche adesso che è morto da sette anni. Sopra la città della cui prosperità si sarebbe dovuto compiacere Kim Il-Sung, granito e metallo celebrano il leader, le sue vittorie alla testa del «valoroso popolo» (contro il Giappone nel 1945 e contro gli Stati Uniti nel 1953) e la sua «immortale filosofia», la Juche, secondo la quale «l’ uomo è signore e artefice del proprio destino».
Dall’ altro lato della valle, oltre condomìni ridotti a falansteri cadenti, scorre l’ autostrada che collega Kaesong a Pyongyang, due ore e mezzo di viaggio e tre posti di blocco più a nord. Un cartello segnala: «Seul 70 km». Qui la capitale della capitalistissima Corea del Sud è più vicina della capitale della Corea del Nord. Vicina e lontanissima. Perché quei 70 chilometri sono spezzati dalla zona demilitarizzata che dalla fine della guerra del 1950-53 taglia in due la penisola coreana. «Seul 70 km»: il confine si annuncia con visibili gallerie che forano le colline (terrapieni ne proteggono gli ingressi), l’ autostrada che si allarga fino a diventare una possibile pista d’ atterraggio. Qui la guerra che non passa, mai chiusa da un trattato di pace, si materializza improvvisamente. Diventano oggetti – il checkpoint di cemento armato, i reticolati elettrificati, le marce militari sparate dagli altoparlanti, i soldati di Panmunjom che si guardano senza parlarsi – le contraddizioni di una riunificazione cullata dalla propaganda e insieme temuta, resa estremamente ardua dalle diversità ideologiche ed economiche tra le due Coree ma contemporaneamente non così impossibile dopo l’ incontro dello scorso 15 giugno tra i leader dei dei Paesi, Kim Jong-Il per il Nord e il presidente Kim Dae-Jung per il Sud.
Se mai un giorno la frontiera verrà aperta, Kaesong sarà la porta d’ ingresso nella parte nord della penisola. Le sue campagne esauste, le sue colline disboscate non sono le più prostrate del Paese. La fame uccide soprattutto nelle desolate contee settentrionali, dove le montagne si rubano la terra coltivabile e le strade svaniscono nel fango, dove dovrebbero essere concentrati i gulag nei quali il regime detiene – secondo il Dipartimento di Stato americano e alcune organizzazioni non governative sudcoreane – circa 200 mila persone. Detenuti esposti alle violenze delle guardie, come denunciano i transfughi scappati in Cina (tra i 100 e i 200 mila in dieci anni, senza protezione Onu, spesso rimpatriati a forza con terrificanti e prevedibili conseguenze), e adesso anche le più esposte alla denutrizione. In quelle stesse contee settentrionali chi le ha potute attraversare, nonostante i divieti, ha segnalato la presenza di civili armati intorno ai villaggi, particolare senza spiegazione che si aggiunge alle notizie di sommosse, disordini, tutte presumibilmente destinate a finire come l’ ammutinamento di una guarnigione di soldati nel Nord-Est, nel 1998, soffocata con le armi di soldati più fedeli a Kim Jong-Il.
I militari di Kaesong invece mostrano il sorriso. Basta seguire un sottile nastro d’ asfalto che costeggia campi gelati sui quali i bimbi pattinano lenti accucciati su tavolette con un pattino fissato. File di bandiere rosse delimitano l’ area di sbancamenti apparentemente senza senso, eseguiti da contadini che di tanto in tanto risalgono verso villaggi di casette basse e lunghe, circondati da steccati o muretti dai quali fa capolino un cane o un maialino: stentato «benessere» delle famiglie dei militari. In fondo alla strada, a un’ ora da Kaesong, una collina fra le tante, e in cima alla collina l’ ennesima postazione militare con vista sulla zona demilitarizzata. Davanti alla rete elettrificata del lato nordcoreano, si stende la terra di nessuno minata, a sua volta attraversata dalla rete di demarcazione tra Nord e Sud. Ancora più avanti, la rete sudcoreana, poi spunta alla distanza una linea scura e continua, che segue il su e giù delle alture. Il colonnello e i suoi 35 anni fanno la guardia a questa Fortezza Bastiani che si sporge su un deserto dei tartari a lungo odiato eppure seducente. Fa un gesto con la mano, l’ ufficiale, e invita a guardare nel cannocchiale: «Eccolo laggiù. È il Muro di Berlino dei sudcoreani». Una barriera di cemento da costa a costa lungo il 38° parallelo che con uno stravolgimento di prospettiva storico-ideologica viene interpretato al contrario: il «Muro di Berlino» sudcoreano diventa, agli occhi del Nord nazional-comunista, l’ emblema di un’ oppressione a rovescio. «È alto 5 metri: altro che sbarramento anticarro. Basterebbero due metri per fermare un tank. La verità è un’ altra: gli americani vogliono tenere i coreani divisi. È un crimine».
Si vedono le torrette e posti d’ osservazioni dell’ altra parte. Altoparlanti giganti, parallelepipedi neri di tecnologia sudcoreana, diffondono una languorosa melodia: «Canzoni d’ amore. Guerra psicologica contro i nostri soldati, ah, ah…», ride il colonnello. Caratteri neri su fondo giallo sono leggibili senza troppa fatica fin qui: «Prendiamo iniziative comuni!», intima la propaganda di Seul. Ma oggi i sudco rea ni non sono più «la cricca fantoccio degli imperialisti di Wa shing ton». Il colonnello non ci crede ancora. «Dicono così – risponde – ma il muro è sempre su». Ma non sono insulti: è un invito alla collaborazione…». Propaganda, propaganda americana», replica. Propaganda americana o sudcoreana? «Americana, americana. Gli Usa ci vogliono divisi. Ma noi coreani siamo una grande nazione e torneremo insieme. Tireremo giù il muro di cemento. Speriamo presto, molto presto». (Corriere della Sera, 5 febbraio 2001)
http://www.tempi.it/boom-la-bomba-atomica-fa-bene-alleconomia-del-paese-lo-dice-la-nord-corea#.UV29_xnsY7A
Da oggi, la Corea del Nord ha bloccato l’accesso distretto industriale di Kaesong, sul confine della Corea del Sud, che dà lavoro a 53 mila dipendenti nord coreani e produce 2 miliardi di dollari l’anno. Il governo di Pyongyang ha comunicato che consentirà agli 800 lavoratori sudcoreani di rientrare in patria. Se così non fosse, il ministro della difesa sudcoreano adotterà «tutte le opzioni disponibili», compreso il ricorso alla forza militare, per garantire la sicurezza dei suoi cittadini. L’area industriale di Kaesong è stata chiusa dal governo nordcoreano guidato da Kim Jong Un, per ritorsione contro le manovre militari congiunte del governo di Seul e degli Stati Uniti.
MINACCIA NUCLEARE. Anche Cina e Russia sono intervenute nella vicenda cercando di frenare l’escalation degli scontri. «Nell’attuale, tesa atmosfera basta solo un elementare errore umano o un problema tecnico per portare la situazione fuori controllo», ha commentato il vice ministro degli Esteri russo, Igor Morgoulov. La Corea del Nord, però, non sembra voler fermarsi. Dopo aver comunicato di essere in stato di guerra con la Corea del Sud, il governo di Pyongyang ha annunciato il riavvio di un reattore nucleare chiuso nel 2008 nel quadro di un accordo internazionale. Pochi giorni fa, Kim Jong Un è stato ritratto dall’agenzia di stampa del regime (Kcna) in alcune fotografie dove visiona i piani di un attacco nucleare sugli Stati Uniti e lanci di missili sulle basi americane nel Pacifico.
DUPLICE STRATEGIA. Le nuove sanzioni imposte dall’Onu a seguito del terzo test nucleare effettuato dai nordcoreani a febbraio sarebbero la causa scatenante delle azioni minacciose del governo nordcoreano. Secondo l’agenzia sudcoreana Chosun Hilbo, il governo del nord cerca di agire seguendo una «duplice strategia», che prevede lo sviluppo economico contestualmente al rafforzamento dell’arsenale nucleare. «Kim – afferma Chosun Ilbo – vorrebbe costruire l’economia del paese in contemporanea con il suo arsenale nucleare». «Il leader nordcoreano – prosegue l’agenzia – ha sostenuto di poter far “presa” grazie alle armi nucleari» sui nemici di Pyongyang. Il regime afferma che l’arsenale «verrà utilizzato per “attacchi di rappresaglia” contro quella che ha definito la “roccaforte delle invasioni”», ovvero la Corea del Sud.
CRISI ECONOMICA. Per trovare le soluzioni all’aggravamento della situazione economica dopo le sanzioni Onu seguite alla violazione degli accordi internazionali sul nucleare, l’Assemblea Suprema del Popolo della Corea del Nord lunedì ha nominato primo ministro Pak Pong Ju. Pak era già stato chiamato al governo nel 2003 con Kim Jong Un, per poi essere cacciato nel 2007, quando l’ala estrema del partito nordcoreano sostenne che le sue scelte economiche erano troppo riformiste. Secondo Chosun Ilbo, «Kim probabilmente ha rifatto primo ministro Pak perché teme che il suo potere sarebbe a rischio se l’economia del Nord peggiorasse ancora, come, sotto più severe sanzioni internazionali, è probabile che accada».
Il regime sostiene che la deterrenza di armi nucleari consenta di risparmiare e «di indirizzare le risorse economiche al rafforzamento dell’economia, senza dover spendere soldi per la difesa». Ma finché Pyongyang tiene al suo piano nucleare, gli aiuti della comunità internazionale rimangono congelati. Nonostante le recenti esercitazioni congiunte fra Stati Uniti e Corea del Sud, dove gli alleati hanno dato una prova della loro forza bellica, conclude Chosun Ilbo, «Seoul e Washington sono più che disposti a parlare con la Corea del Nord e fornire aiuti economici se abbandona le sue ambizioni nucleari».
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WIKIPEDIA
Il 9 ottobre 2006 la Corea del Nord condusse il suo primo test nucleare[33], diventando il nono paese al mondo a disporre della bomba atomica. L’esplosione fu più piccola del previsto e alcuni esperti statunitensi suggerirono la possibilità che il test fosse fallito oppure che si fosse verificata una fissione nucleare parziale[34]. La Corea del Nord aveva precedentemente affermato la produzione di armi nucleari e in base all’intelligence statunitense e a ufficiali militari, il paese ha prodotto o ha la capacità di produrre fino a sei o sette dispositivi nucleari[35].
Il 17 marzo 2007 la Corea del Nord affermò nei negoziati internazionali che avrebbe iniziato i preparativi per la disattivazione del sito nucleare principale. Questo spegnimento venne confermato successivamente il 14 luglio 2007 dagli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica che osservarono la fase di spegnimento iniziale del reattore nucleare di Yongbyon della potenza di 5 MW, anche se non era presente nessuna tabella di marcia ufficiale. In cambio, la nazione nord-coreana ottenne 50 000 tonnellate di petrolio dalla Corea del Sud. Una volta spento in modo permanente il piccolo reattore, la nazione riceverà l’equivalente di 950 000 tonnellate di petrolio. A seguito dei progressi nei negoziati nel settembre 2007, mirati all’accelerazione del termine del programma nucleare nord coreano, la Corea del Nord avrebbe "disabilitato parte delle sue strutture nucleari" per la fine del 2007, in base alle dichiarazioni dell’assistente al segretario di stato Statunitense.
Il 27 giugno 2008 venne disabilitata una torre di raffreddamento ad acqua nel sito nucleare di Yongbyon[36]. È stato riferito che senza di essa non è possibile creare plutonio[36], anche se The New York Times riferì che "la torre è una struttura tecnicamente insignificante, [ed è] relativamente facile da ricostruire"[37]. Questo evento venne salutato come un segno che la Corea del Nord vuole concretamente terminare il proprio programma nucleare[38].
Il 17 gennaio 2009 è stata riportata la notizia che la Corea del Nord avrebbe trasformato in armi circa 30 kg di plutonio, prodotto precedentemente dal reattore[39].
Il 25 maggio 2009 la Corea del Nord ha effettuato un secondo test nucleare sotterraneo. L’esplosione, confermata ufficialmente dal Governo di Pyongyang, è stata anche rilevata dai sismografi di Corea del Sud e Stati Uniti come un sisma di 4,5 gradi di magnitudo, e dovrebbe corrispondere a una potenza tra i 10 e i 20 chilotoni.
Il 12 febbraio 2013 il governo della Corea del Nord ha dichiarato di aver effettuato un terzo test nucleare sotterraneo, sottolineando come si sia trattato di un ’test pienamente riuscito’. Il test, come nelle occasioni precedenti, ha anche provocato un terremoto di 4,9 gradi della scala Richter, causato, secondo gli esperti, da un ordigno di meno di 6 o 7 chilotoni[40]. Attraverso Google Maps e le informazioni del USGS è possibile localizzare il luogo dell’ultimo test nucleare a individuare degli edifici identificabili con i luoghi dei test nucleari[41].
Il 1 aprile 2013 annuncia la riapertura del reattore nucleare di Yongbyon.[42].
ILPOST
Da settimane la Corea del Nord minaccia attacchi missilistici contro la Corea del Sud e il suo principale alleato, gli Stati Uniti. Il paese ha comunicato simili minacce anche in passato, solitamente per motivi di propaganda e per mantenere unito il proprio popolo, che deve affrontare un’estrema povertà, contro un nemico comune. Secondo diversi analisti non ci sono pericoli imminenti e la possibilità di un vero e proprio attacco su larga scala del regime di Kim Jong-un sembra essere poco probabile.
Mentre gli Stati Uniti e la Corea del Sud si preparano comunque a ogni possibilità, rafforzando i loro sistemi di difesa, nella Corea del Nord da alcune settimane l’esercito compie esercitazioni e grandi manovre per mostrare i propri armamentari e la propria potenza. La propaganda lavora alacremente per riprendere ogni iniziativa e per diffonderne le immagini tra la popolazione. Nonostante il regime nordcoreano sia particolarmente chiuso, alcune di quelle immagini talvolta superano il confine, illustrando efficacemente come funziona la propaganda della Corea del Nord.
ILPOST
L’esercito degli Stati Uniti ha annunciato che nei prossimi giorni installerà un nuovo sistema di difesa sull’Isola di Guam nel Pacifico, dove ha una propria base militare. La decisione è stata assunta in seguito alle nuove minacce da parte della Corea del Nord, che mercoledì 4 aprile ha dichiarato di essere pronta e di avere le autorizzazioni interne necessarie per l’avvio di una serie di attacchi nucleari contro la Corea del Sud e gli Stati Uniti, suo principale alleato.
Al momento secondo gli esperti non c’è un pericolo imminente: già in passato il regime nordcoreano aveva utilizzato una retorica molto minacciosa contro i propri avversari, ma solo a scopi di propaganda interna e senza dare seguito alle proprie dichiarazioni. Le tensioni nelle ultime settimane tra Nord e Sud sono state comunque molto alte e gli Stati Uniti vogliono assumere qualche precauzione in più.
Il regime di Kim Jong-un ha comunicato ieri di essere pronto a un attacco in tempi brevi:
Informiamo formalmente la Casa Bianca e il Pentagono che le continue politiche ostili degli Stati Uniti nei confronti della Repubblica Democratica Popolare di Corea e le sue incaute minacce nucleari saranno spazzate via dalla forza di volontà del personale militare e dalle capacità nucleari più piccole, leggere e diversificate della Corea del Nord, e che le operazioni senza pietà delle sue forze armate rivoluzionarie sono state esaminate e autorizzate.
Nelle prossime settimane l’esercito statunitense metterà in funzione il Terminal High Altitude Area Defense System (THAAD) a Guam. Questo sistema comprende diverse soluzioni integrate per intercettare il passaggio dei missili nemici e abbatterli, prima che possano causare danni esplodendo al suolo. La Corea del Nord negli ultimi giorni ha detto di essere pronta al lancio di missili verso i territori dei propri nemici, in risposta alle recenti sanzioni delle Nazioni Unite attivate dopo i test nucleari nordcoreani non autorizzati. Il dittatore Kim Jong-un ha minacciato di lanciare alcuni missili verso la Corea del Sud e verso basi militari statunitensi nel Pacifico.
L’esercito statunitense, dicono gli analisti, avevano già deciso da tempo di installare THAAD sull’isola di Guam, quando le condizioni erano diverse dalle attuali. Il piano sarebbe stato accelerato in seguito alle ultime dichiarazioni nordcoreane, cosa che secondo diversi osservatori dimostra quanto gli Stati Uniti stiano affrontando con molte cautele e precauzioni la vicenda. Il Pentagono ha spiegato che “gli Stati Uniti restano all’erta dopo le provocazioni della Corea del Nord e sono pronti a difendere il territorio statunitense, i nostri alleati e i nostri interessi nazionali”.
Gli Stati Uniti stanno calibrando il proprio impegno nella zona, ma non si tratta di una sorta di escalation verso un possibile conflitto aperto con la Corea del Nord. THAAD è semplicemente un sistema di difesa, che si aggiunge alle precauzioni prese dall’esercito statunitense, che negli ultimi giorni ha fatto arrivare nella zona alcuni caccia F-22 e un cacciatorpediniere, che naviga nelle acque al largo della costa sud-occidentale della penisola coreana e il cui compito è di intercettare possibili attacchi missilistici.
Le tensioni tra la Corea del Nord e la Corea del Sud sono aumentate nei primi mesi del 2013. A metà febbraio il regime di Kim Jong-un ha realizzato un nuovo test nucleare alla base delle recenti sanzioni economiche delle Nazioni Unite. Nel 2012, l’esercito nordcoreano ha condotto diversi test missilistici per provare i propri armamenti e dimostrare la capacità di colpire obiettivi relativamente distanti dalla Corea del Nord. Diversi analisti ritengono che comunque a oggi i nordcoreani non abbiano le tecnologie necessarie per lanciare un attacco nucleare sul territorio statunitense, mentre non è escluso che possano essere realizzati attacchi di minore portata e mirati verso le basi statunitensi in Asia, o verso la confinante Corea del Sud.
Il Nord minaccia da anni il Sud e gli Stati Uniti, sostenendo la necessità di attaccare i propri nemici. Fino a oggi si è sempre trattato di messaggi retorici, tesi più che altro a tenere unita la popolazione contro un nemico comune. A causa della povertà e della chiusura del regime, la popolazione in Corea del Nord deve fare enormi sacrifici. Il regime ha raramente raggiunto in tempi recenti un livello di ostilità simile a quello di questi ultimi giorni, a tal punto da rendere necessaria qualche precauzione in più da parte dei suoi paesi nemici.
GIAMPAOLO PIOLI QUOTIDIANO.NET
New York, 4 aprile 2013 - La parola d’ordine al Pentagono in queste ore è una sola: "Stiamo pronti, prendiamo le minacce seriamente, ma abbassiamo i toni". Barack Obama evita con cura di fare dichiarazioni sulle provocazioni missilistiche di Pyongyang. Alla Casa Bianca non sono entrati in funzione i pompieri, ma si sono aperti i canali diplomatici discreti verso il regime comunista. Nessuno crede che il giovane e arrogante Kim Yong un voglia davvero ’testare’ la deterrenza americana. Kim sa perfettamente che sarebbe una mossa suicida e il regime finirebbe dopo una sonfitta militare per disintegrarsi o sprofondare dietro una protesta interna che viene registrata ormai a fior di pelle per colpa della crisi e economica e alimentare che dura da anni.
I cancelli dell’’industrial park’ di Kuasong fra Nord e Sud, si aprono in una direzione sola, verso Seul, ma si aprono tutti i giorni e la produzione continua. Il braccio di ferro fra Pyongyang e la Corea del Sud è più morale che materiale, più d’orgoglio che di sostanza. Il giovane presidente Kim invece di mettersi in dieta e passare più tempo con la giovane moglie, continua a farsi fotografare ossessivamente sempre a fianco dei generali, come se le forze armate fossero l’unico centro di produzione nazionale. L’innalzamento dei toni e delle sfide che in America viene vissuto come "volatile, pericoloso, ma contenibile" nasconde nemmeno troppo bene lo sforzo del giovane leader di conquistare spazio reale e autorità nella complessa intrecciata nomenclatura del regime che è tutta in uniforme. Il reintegro del vecchio premier e di un alto dirigente delle forze armate ’rimossi-promossi’ solo 2 anni fa sembrano aver avviato un processo di nuova-stabilizzazione che però potrebbe subire imprevisti contraccolpi se la tensione rimane così alta.
Kim Yong un non ha solo Obama nel mirino, ma anche la Cina che ha votato con gli Usa al Consiglio di Sicurezza l’inasprimento delle sanzioni contro Pyongyang. E’ convinto che Pechino avrebbe potuto muoversi diversamente e soprattutto fornire un maggior aiuto invece che dettare condizioni a distanza. La retorica bellicosa, lo spostamento dei missili e la minaccia di colpire non solo la Corea del Sud ma anche i territori degli Stati Uniti dalla California al Texas, un risultato però lo hanno già prodotto: il Pentagono trasferendo parti delle batterie anti-missile a Guam, di fatto ha risposto alle provocazioni di Pyongyang "accelerando la militarizzazione del Pacifico" considerato dallo stesso Obama il vero bacino di confronto geopolitico dei prossimi anni basato sul controllo e sul contenimento della Cina, per riaffermare gli impegni di cooperazione commerciale e difesa comune col Giappone e la Corea del Sud. Le dispute estive sulle piccole isole contese fra cinesi, giapponesi e sud coreani ricche di minerali , anche se camuffate dalle marce dei pescherecci, in realtà erano state il primo termometro che registrava un innalzamento della temperatura.
Kim Yonh un si è inserito come anello debole e meno sviluppato di questa disputa del ventunesimo secolo. La Corea del Nord ritiene che il pacchetto di aiuti promessi dai tempi di Bill Clinton e consegnati solo in parte come caparra nel 2008 in coincidenza con lo spegnimento del reattore atomico di Yaubong , sia in realtà diventato troppo poco per rinunciare allo status di potenza nucleare e vuole a tutti i costi rivedere gli importi e le forniture di energia alternativa. Sono in molti a ritenere che una proposta ’poco costosa’ per gli Usa e per il gruppo dei 6 di fatto si traduca in un impegno meno gravoso anche per la Cina indicata come ’tutor’ di Pyongyang. Pechino si troverebbe più a suo agio con un lento, controllato e pilotato disgelo del chiusissimo regime comunista piuttosto di rischiare uno scavalcamento nelle aperture economiche in stile sudcoreano o taiwanese che potrebbe contagiare le popolazioni cinesi confinanti con la Corea del Nord, se non addirittura spingere per i movimenti autonomisti all’interno della stessa Cina.
I nove anni di formazione e scuola Svizzera di Kim Yong un, anche se non è mai stato uno studente modello, potrebbero riflettersi in questi giorni nel desiderio del giovane leader di occidentalizzare il regime in tempi molto più rapidi di quanto non ci si aspetti. Le provocazioni militari, i riferimenti patriottici, i richiami all’orgoglio nazionale, la minaccia di stracciare i trattati internazionali in un mondo sempre più interconnesso, sono certamente anche segnali ad uso interno, ma se le atomiche rimangono nelle mani di ’amatori’ o di studenti fuori corso , i rischi di incidenti globali con effetti domino sono davvero da evitare. Non è un caso se un uomo prudente e conoscitore della materia come il segretario generale Ban Ki moon arriva ad invitare improvvisamente ’tutti quanti’ ad abbassare i toni e a sedersi ad un tavolo per trattare. Ban sa quello che dice e se non fossero i 6 a prendere l’iniziativa ,o lo stesso Obama ad alzare il telefono per invitare Kim Yong un ad una partita di basket, dovrebbe essere lui a farlo.