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 2013  aprile 04 Giovedì calendario

DE GREGORI: AMO CONRAD, CELINE E CHECCO ZALONE

In vent’anni di frequentazione, mi è capitato spesso di discutere con Francesco De Gregori della smania di tanti colleghi suoi di scrivere libri. De Gregori è estremamente tollerante, su questo come su molti altri argomenti: rispetta le scelte altrui, ma lui preferisce chiamarsene fuori. «Faccio il mio mestiere – mi ripete ogni volta – e scrivere canzoni è tutt’altra cosa dallo scrivere romanzi, o poesie. Io sono un cantante, non ho mai pensato di diventare uno scrittore. Sono lavori diversi, entrambi molto rispettabili, entrambi belli. Ma io questo so fare, non altro».

Oggi De Gregori compie 62 anni, e li festeggia a Torino con un incontro pomeridiano, alle 15, al Circolo dei Lettori e un concerto serale al teatro Colosseo. È in forma splendida: con il recente album Sulla strada ha firmato uno dei suoi lavori più ispirati e convincenti di sempre, e intanto si è lanciato sul web e per il solo formato digitale è disponibile da oggi un’antologia di suoi brani rimasterizzati. Ma l’aspetto più sorprendente del momento di grazia degregoriano è la notizia dell’imminente pubblicazione del primo libro «autorizzato» che lo riguarda. Un libro di foto e testi ai quali, si dice, De Gregori stesso avrebbe messo mano.

Di qui a parlare del «primo libro di De Gregori», il passo è breve. Ma le cose non stanno esattamente così. «Non vorrei proprio che si dicesse che l’ho scritto io – si affretta a precisare –, anche se in qualche modo questo libro lo considero figlio mio, perché l’ho visto nascere. È la prima volta che succede. Di solito, quando hanno pubblicato dei libri su di me, l’ho saputo per caso, magari l’ho scoperto in libreria. Questo, invece, l’ho voluto. Me lo ha proposto Alessandro Arianti, il mio tastierista, che è anche un ottimo fotografo. È arrivato con questa idea, e io me ne sono innamorato. Mi è piaciuto l’entusiasmo suo e di Silvia Viglietti, l’editrice torinese che lo ha curato con lui, e mi sono messo a disposizione».

In che senso?

«Sono andato a rovistare nei cassetti di casa – non sono così pomposo da parlare di “archivi” – e ho recuperato vecchie foto dimenticate, immagini anche private, e poi manoscritti, ricordi, persino il libretto universitario. E li ho dati ad Alessandro e Silvia, che ne hanno fatto un libro. Fotografico, ma non solo».

Un album dei ricordi?

«Assolutamente no. Non c’è nulla di nostalgico, anzi, lo trovo molto attuale: gran parte delle fotografie riguarda gli ultimi anni, gli ultimi tour».

Ma è anche un libro «scritto», con l’intera storia discografica di De Gregori ricostruita attraverso dichiarazioni e interviste concesse nel corso degli anni.

«Beh, sì, e lì un po’ ci ho lavorato: proprio perché volevo che il libro fosse un ritratto del De Gregori di oggi, ho rivisto alcuni passaggi, qualche affermazione che mi sembrava datata, fuori contesto. Ma sono stati piccoli interventi, l’insieme funzionava benissimo».

Prendo per buona l’affermazione. Tanto, anche se l’avesse riscritto da capo a fondo, non lo ammetterebbe mai. In aperturadelvolumecisaràinoltreun’intervista inedita, e curiosa, perché l’intervistatore è Steve Della Casa, fine uomo di cinema, non un critico musicale.

«È andata così: Steve mi ha chiesto di essere per una settimana l’ospite fisso di Hollywood Party , la trasmissione di Raitre di cui è uno dei conduttori. Io mi sentivo un po’ in imbarazzo. Mi piace il cinema, e un po’ lo conosco, però sono solo uno spettatore, uno che va d’istinto: per dire, amo Fellini e Hitchcock, ma pure Checco Zalone. Invece loro, Steve e i suoi compari, del cinema sanno tutto, ma proprio tutto, persino le date di nascita dei truccatori. Alla fine però ho accettato, e ho fatto bene. Mi sono sentito come un topo nel formaggio. Davvero divertente. Così, quando ho dovuto scegliere l’intervistatore per il libro, ho pensato che Della Casa fosse la persona giusta: curioso, intelligente, ma non il classico espertone di musica che ti fa le solite domande protocollate. Domande diverse, risposte diverse. Molto interessante».

E parla anche il bassista Guido Guglielminetti, lo storico «capobanda», che racconta del vostro lungo sodalizio artistico.

«Infatti. Quello che Alessandro e Silvia sono riusciti a fare non è un libro che racconta la storia di De Gregori, bensì di un gruppo di musicisti. Una storia collettiva».

Prima di quest’opera «monumentale», però, Arianti e la Viglietti hanno preparato anche una sorta di «anteprima», che esce giusto oggi.

«Sì, è un volumetto fotografico del formato di un cd: si intitola Sulla strada-Photo edition . Sono le immagini delle session di registrazione dell’album, io, la band e gli ospiti, da Malika Ayane a Nicola Piovani. E ci sono anche i testi delle canzoni. Servirà per il merchandising del tour».

A proposito del tour. Come sta andando?

«Bene, ogni sera mi piace vedere tante facce felici, persone di ogni età. E adesso, quando cambio gli arrangiamenti dei pezzi classici, il pubblico apprezza, è contento. Una volta c’era sempre chi storceva il naso. Credo abbiano capito che se rivisito una mia canzone non lo faccio “contro” il pubblico, anzi: tento di dare qualcosa di più, qualcosa di nuovo. E apprezzano il risultato».

Torniamo ai libri. Lei non ne vuole scrivere, in compenso è un lettore appassionato «Beh, leggere mi piace, e molto. Soprattutto al mattino, oltre che la sera a letto, come tutti. E poi nel mio mestiere ci sono i tempi morti, i viaggi, le attese in camerino: insomma, il tempo per leggere non mi manca».

Che cosa legge?

«Sono un lettore caotico, onnivoro, ma preferisco i classici. I grandi romanzi dell’Ottocento – a parte i russi che frequento poco – e poi Kafka, un autore che mi ha sempre appassionato, e Céline, di cui ammiro lo stile, indipendentemente dalle implicazioni politiche. Leggo soprattutto i capolavori del Novecento. E Melville, naturalmente. Però non faccio distinzioni tra letteratura alta e bassa. Mi piacciono anche la fantascienza, il noir, Stephen King. Penso che se Simenon, ad esempio, non avesse scritto certe pagine, mi sarei perso molte serate di felice lettura. Insomma, c’è un libro adatto a ogni situazione. In camerino mi sta benissimo un Urania, mentre, che so, un bel viaggio dev’essere accompagnato da un libro speciale: qualche hanno fa siamo andati in Grecia con mia moglie, e ho portato con me l’ Odissea , che non aprivo dai tempi del liceo. Beh, in quei posti faceva un effetto diverso. Rileggere Omero in quel contesto è stata una grande gioia».

Lei ha anche dato la sua voce a Cuore di tenebra per la collana di audiolibri della Emons.

«Conrad è un altro autore che amo, come Stevenson e altri scrittori di mare. Quando mi hanno proposto di registrare l’audiolibro di Cuore di tenebra , me lo sono letto e riletto, tre volte in sei mesi, per capirne le sfumature, la struttura profonda. E ogni volta lo scoprivo diverso».

Senta, De Gregori, io so che lei detesta le domande sulla politica.

«E io la ringrazio per non farmene».

Però, come cittadino, è preoccupato per la situazione?

«Beh, come non potrei? Se non fossi preoccupato vorrebbe dire che sono cieco e sordo. O che vivo in un altro Paese».