Federico Rampini, la Repubblica 4/4/2013, 4 aprile 2013
VUOI UN LAVORO? INVENTATELO
Il 12 marzo ero nella Silicon Valley per l’Italian Innovation Day, celebrazione di giovani talenti che danno vita a imprese startup, organizzato dalla fondazione Mind the Bridge e dal Consolato d’Italia a San Francisco. Lo consiglio come cura anti-depressiva a chi ha perso fiducia nel nostro Paese: è incoraggiante vedere tanti inventori, innovatori, imprenditori che hanno da poco varcato la soglia dei vent’anni e con la sola forza delle idee attirano l’interesse dei più esperti venture capitalist
californiani.
In alternativa, per chi non può permettersi la trasferta a San Francisco, come cura ricostituente consiglio il libro di Riccardo Luna, Cambiamo tutto! La rivoluzione degli innovatori (Laterza). È un viaggio in quel mondo: euforizzante, elettrizzante, proprio come le energie vitali che stanno dietro il fenomeno delle startup. Cioè imprese giovani, innovative, con alto contenuto di tecnologie avanzate: ma non destinate a rimanere pic-
cole o di nicchia. Le startup, per la cultura dei loro fondatori, sono lontane mille miglia dal nanismo di certe piccole imprese e “partite Iva” nostrane, che nella dimensione ridotta hanno una vocazione, spesso per motivi inconfessabili (più libertà di sfruttamento e licenziamento; più facilità a sfuggire agli schermi radar del fisco). Furono startup Hewlett-Packard, Microsoft, Apple, Google, Facebook. Il termine startup per gli italiani era ancora un neologismo esotico quando mi trasferii a vivere a San Francisco 13 anni fa; oggi è nell’uso corrente e questo universo merita il massimo d’attenzione. Non è un fenomeno di punta riservato ad altri (la California), non è un dinamismo d’eccezione destinato a pochi eletti. La settimana scorsa l’editorialista del New York TimesThomas Friedman ha scritto una
column intitolata: «Vuoi un posto di lavoro? Inventatelo». Se questo slogan vale per gli Stati Uniti, che sono usciti dalla recessione due anni fa e dove la disoccupazione giovanile è metà della nostra, figurarsi in Italia.
A questa tesi Luna dedica il primo capitolo, intitolato
Startupper, ovvero: «Di come si creano i posti di lavoro grazie al web e del perché dobbiamo diventare la startup di noi stessi». Molti giovani italiani sono arrivati a questa conclusione e ci stanno provando. Spesso con successo. Dove per successo s’intende: aver fallito varie volte, aver continuato a tentare pervicacemente, fino a farcela superando mille ostacoli. Il libro di Luna è una galleria delle loro storie. Il cui valore non è solo aneddotico, né micro-economico. Ecco un dato su cui riflettere, nell’interesse dei giovani: negli Stati Uniti già prima della grande crisi, tra il 1997 e il 2005 le aziende pre-esistenti hanno distrutto più posti di lavoro di quanti ne abbiano creati (saldo netto, meno un milione di posti); tutta l’occupazione nuova è stata generata dalle aziende neonate: più tre milioni di assunzioni.
L’Italia forse è meno distante di quanto si creda. Nella primavera del 2012 è avvenuto uno storico sorpasso registrato dalla Camera di commercio di Monza e Brianza: il numero di ventenni che hanno aperto la propria impresa, a quota 19mila, ha superato quello dei loro coetanei assunti a tempo indeterminato. E i primi, a loro volta, hanno assunto altre seimila persone. Tra le speranze che Luna racconta c’è la rivoluzione manifatturiera legata alle nuove stampanti tridimensionali, le “micro- fabbriche portatili” del futuro. Scrive l’autore: «Se la tecnologia diventa sempre più facile da usare e meno costosa, non è più una barriera ma un abilitatore. Ecco spuntare gli artigiani digitali. Usano il laser, ma fanno tutto da soli».
Paradosso hi-tech, grazie alla stampante 3-D si assisterà alla rivincita del “fatto a mano”, un terreno sul quale gli italiani restano maestri insuperati. E in questo nuovo futuro del “fare le cose” c’è una dimensione sociale, ambientalista, progressista: è l’universo del riuso, che ci trasforma da consumatori passivi a comunità d’interessi, la share economy (economia della condivisione) in cui al fai-da-te subentra il facciamo-da-noi. Questi «idealisti concreti, appassionati, testardi e generosi», sono gli stessi innovatori sociali che Luna descrive negli
hackaton, le maratone online organizzate dopo il terremoto in Emilia o l’uragano Sandy a New York, impegnati in una lotta contro il tempo per elaborare siti e applicazioni salva-vita, velocizzare l’arrivo dei soccorsi e delle donazioni nelle zone più bisognose.