Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 02 Martedì calendario

NELL’EPOCA DEL POP-PORNO ANCHE L’ARTE DIVENTA SEXY

Un’orecchiabile can­zoncina segna, nel 2008, il debutto del duo leccese Il Genio. Pop Porno, questo il titolo, rac­conta di una ragazza che si la­menta perché il suo partner, evi­dentemente insoddisfatto del­la qualità dei rapporti, si sveglia di notte per guardare film hard, vorrebbe che lei fosse un’attri­ce, fino a concludere in manie­ra consolatoria «ma quando vie­ne sera tu mi parli d’amore e guardandomi negli occhi mi fai sentire davvero una donna un po’ porno».
Siamo in effetti nell’epoca dell’esplosione definitiva del porno. Sulla questione si con­frontano sociologi e storici an­che in Italia, e il primo a dedicar­vi un saggio esaustivo è Pietro Adamo, docente di Storia mo­derna ed esperto in cultura poli­tica, con l’ampio Il porno di massa (2004). Nel 2010 il gio­vane filosofo Si­mone Regazzoni, che già ave­va studiato fenomeni co­me Harry Pot­ter e serial tv come Dr House e Lost, pubblica Pornosofia, ovve­ro la filosofia del pop porno. Un te­sto­ scomodo ed ere­tico che gli vale la sco­munica dell’Universi­tà Cattolica di Milano: dopo l’uscita del libro non gli rinnova il contratto di docen­te o, più prosaicamente, lo cac­cia. Persino il filosofo di mag­gior successo dell’era contem­poranea, Zygmunt Bauman og­gi teorizza sul corpo nel recen­tissimo pamphlet Gli usi po­stmoderni del sesso, in un ambi­to di mercificazione dei rappor­ti, spiegando che a causa di trop­pa libertà sessuale siamo piom­bati nell’insicurezza. [...] In uno dei passaggi più inte­ressanti, Regazzoni si pone la solita annosa domanda: qual è la differenza tra un oggetto me­ramente por­nografico e qualco­sa che aspiri alla dignità dell’ar­te? Il confine è ancora una volta sottilissimo. «Se un gallerista come Larry Gagosian decides­se di esporre dei video di Sasha Grey come Pop Porno Art, Sasha Gray si trasformerebbe in un’artista da porre accanto a Bill Viola o Damien Hirst». È dunque una questione di corni­ce e di contesto, a ribadire che il porno è davvero l’ultimo ready made dell’arte contempora­nea, rafforzando l’ipotesi che se L’origine du monde invece che nelle sale della vecchia sta­zione d’Orsay riconvertita in un museo d’arte da Gae Aulen­ti, venuta a mancare alla fine del novembre 2012, fosse esposto in un bordello, probabil­mente non starem­mo a parlare di uno dei quadri più im­portanti dell’Ot­tocento. Regaz­zoni ricorda la dichiarazione di Moana Poz­zi: «Anche usando la fi­ca si può es­sere arti­sta», e non è escluso che la compianta pornodiva, peraltro assidua frequentatri­ce di mostre e biennali, nell’af­fermare queste parole alludesse a Vagina Painting della giap­ponese Shigeko Kubota (classe 1937), personaggio di spicco del movimento Fluxus, che nel luglio 1965 aveva inscenato a New York una performance do­ve dipingeva, accucciata a terra, con un pennello inserito nel­l’organo sessuale. Rispetto alla demonizzazione moralistica dell’hardcore, ossessione più delle femministe che della cul­tura cattolica, la pornofilosofia smonta la teoria negativa sulla donna-oggetto. La conseguen­za di tale rilettura si estende anche nel­l’arte, dove per secoli la figura femminile è sta­ta al centro della rappresenta­zione in miglia­ia di dipinti, dise­gni e sculture, ri­prodotta secondo il punto di vista e la mano maschile. Dagli anni Ottanta in poi, da quando il porno ha vissu­to l’era dell’abbon­danza e nel mondo dell’arte si sono moltiplicate le presenze fem­minili, si è impo­sta una visione del tutto diffe­rente: nasce una nuova generazio­ne di studiose e por­nodive femministe, sale la produzione e il consumo del­la pornografia da parte delle donne e per le donne. Attrici co­me Sasha Grey, Ovidie, Jenna Jameson, Moana Pozzi dicono la loro contro la visione patriar­cale e maschilista sulla sessualità, spiegando ciascuna con il proprio linguaggio che il raggiungimento del piacere è necessità paritetica e comunque non solo appannaggio dell’uo­mo.
Eppure l’argomento conti­nua a essere tabù, o quanto me­no subordinato alla visione pu­nitiva vetero-femminista della pornografia come sfruttamen­to e umiliazione della donna. Anticipata da polemiche, l’uscita di Vagina. A New Biography (2012), il nuovo saggio di Nao­mi Wolf, scrittrice e attivista po­litica, considerato il manifesto del femminismo della terza ondata. Il testo si basa su studi neu­roscientifici che aggiornano la comprensione del desiderio sessuale, dell’eccitazione e del­l’orgasmo femminile, risultan­ti dal collegamento tra corpo e mente. Secondo la Wolf, cono­scenza è potere, e dunque an­che la pornografia può portare effetti positivi. Rispetto al fem­minismo storico quello attuale rischia l’intorpidimento: «Germaine Greer ha esplorato il rapporto tra biologia e cultura nel­la sua opera L’eunuco femmina, tema sul quale è tornata nel 1970 in un articolo in­titolato Lady, Love Your Cunt. Judy Chicago ha creato il suo controverso Dinner Party, un’opera d’ar­te che rappresentava donne famose nell’ar­ch­etipo di diverse im­magini della vagina. L’attivista lesbica Tee Corinne ha realiz­zato un libro d’imma­gini della vagina da colorare; Betty Dod­son ha girato dei fil­mat­i in cui erano presentati vari tipi di vulva e veniva insegnato alle donne a masturbarsi; She­re Hite ha sostenuto con insi­stenza che il modello freudiano del coito vaginale non era suffi­ci­ente a soddisfare due terzi del­le donne. E una generazione di attiviste sul fronte della salute e della sessualità delle donne ha generato delle rivoluzioni nei campi dell’educazione sessua­le, dei diritti delle donne in materia di riproduzione e dell’accesso a informazioni sul deside­rio e piacere».