Nino Materi, il Giornale 2/4/2013, 2 aprile 2013
IL PAPA POVERO METTE IN CRISI LA FIERA DEL «PRETE» A PORTER
Diciamolo papale papale: la pacchia è finita. Il modello «francescano» che viene dal nuovo Papa è un sonoro schiaffo per la Chiesa dell’apparire. Sembra di vederli i segni delle cinque dita di Bergoglio stampati sulle guance rubizze di un clero dalle vesti opulente. Cardinali, vescovi, grand commis di curia abituati da sempre all’estetica della forma sembrano ora spiazzati dall’estetica della sostanza propugnata dal Pontefice venuto dalla «fine del mondo». Il nuovo (e ancora debole) pauperismo di Francesco contro la vecchia (ma radicata) plutocrazia vaticana. Una guerra inedita, difficile, che il Papa argentino ha iniziato con la forza dell’esempio: abbigliamento minimal, niente anello d’oro, semplice croce pettorale in ferro, addirittura scarpe usate... Nella speranza che ora, come in una sorta di virtuoso effetto-domino, anche i porporati «subalterni» al Papa si decidano a mantenere un profilo più basso.
Ma il segnale che nell’aria si cominci a respirare un’aria di sacrosanta sobrietà, viene dagli operatori specializzati in arredi e oggetti liturgici. Dal 13 al 16 aprile le ditte del settore si ritroveranno a Vicenza per la 15^ edizione di Koinè, rassegna internazionale che sta al «culto e alla religione» come le passerelle di Milano stanno alla moda. Perché sacro e profano, a volte, hanno insospettabili punti di contatto. A cominciare dai «book» che circolano tra i padiglioni con tanto di modelli «prete» à porter. Centinaia di modelli tra casule, pastorali, croci pettorali, anelli, mitrie; per non parlare degli articoli per rendere più belle le chiese: statue, calici, tabernacoli, confessionali, inginocchiato per una messa veramente fashion. Un business con ogni ben di Dio, dove, più che sgranare rosari, si maneggiano assegni milionari. Le cifre più recenti sono quelle emerse da un’inchiesta del Gazzettino, particolarmente interessato al fenomeno visto che molte aziende del ramo operano nel Nord-Est.
Se si considera l’intero settore «arte sacra» il fatturato sfiora i 300 milioni di euro l’anno; limitando invece l’indagine al settore dell’oggettistica religiosa il giro d’affari è molto più limitato, anche se nel solo Nord Est, pare superi gli otto milioni di euro l’anno.
L’oggettistica sacra si divide in due grandi settori: quella per i sacerdoti (paramenti, arredi e «accessori» per la messa) e quella dedicata alla devozione. È naturalmente quest’ultima ad avere un mercato molto più fiorente soprattutto in occasione delle festività come Natale, Pasqua e feste patronali; ma anche per i riti dei sacramenti classici: battesimi, comunioni, cresime, matrimoni e funerali.
Tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige sono oltre 200 gli «imprenditori del sacro», la maggior parte artigiani e piccoli editori, che vendono soprattutto ai negozi di oggettistica religiosa. I loro clienti più affezionati, naturalmente, sono le suore e i religiosi: un esercito «sacro» di almeno 15 mila persone che danno lavoro a un indotto che dà lavoro a oltre 500 persone. Secondo i dati di Confartigianato, l’intero comparto negli ultimi 5 anni ha visto aumentare clienti e fatturato del 10 per cento.
In controtendenza va l’outlet aperto ormai sei anni fa a Padova, di proprietà del gruppo Messaggero di Sant’Antonio. «Visti i numeri limitati del mercato - spiegava tempo a fa al Gazzettino, l’amministratore delegato della struttura - la nostra è una sfida, ma più che altro un servizio al mondo cattolico costretto a fare centinaia di chilometri per trovare certi prodotti».
Per le ultime «novità», d’obbligo nei prossimi giorni fare un giro tra gli stand di Koinè, la fiera vicentina che gli addetti ai lavori hanno definito «una manifestazione che rappresenta tangibilmente l’economia dell’incarnazione divina». Altro che scacciare i mercanti dal tempio...